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Liturgia della Festa della S.Famiglia - anno B

Introduzione alle letture  leggi i testi

Prima lettura (Gen 15,1-6; 21,1-3)

Abramo confida a Dio l’amarezza della sua sterilità. Nel silenzio della sua notte riceve una promessa completamente incredibile: ed ecco l’uomo di Dio, che guarda ancora avanti con coraggio, si fida, e diventa giusto davanti a Dio.

Seconda lettura (Eb 11,8.11-12.17-19)

La fede è lasciare che Dio porti avanti il suo progetto, e affidarsi alla Sua opera. Abramo e Sara sono l’esempio di un coppia di credenti, che hanno camminato dietro alla Parola di Dio e alla sua promessa, e in cambio hanno ricevuto una vita piena e feconda.

Vangelo (Lc 2,22-40)

Nel quadro dell’ordine voluto da Dio, Gesù viene presentato al tempio, preludio della sua offerta sulla Croce, insieme al cuore trafitto di Maria. Nel tempio avviene l’incontro tra le generazioni: bambino, adulti e anziani. Simeone e Anna rappresentano la vecchiaia vissuta in Dio e nella lode a Lui, e la forza di una esperienza che sa vedere il domani.

Sguardo d'insieme

La Domenica nell’Ottava di Natale, la liturgia della Chiesa medita sul mistero della Famiglia di Nazaret. Le letture di oggi sono un canto agli uomini e alle donne di Dio, che nella Bibbia fanno da corona a Giuseppe e Maria, coppia che ha vissuto il «sì» alla volontà di Dio. Il padre dei credenti è Abramo (Prima lettura), ripreso nel momento della sua crisi: senza figli, la sua vita è ricca di beni ma non ha futuro. Il suo grido sale a Dio, ed egli ne fa una tappa del suo piano di salvezza: e nasce Isacco, antenato di Gesù. Abramo crede contro ogni evidenza, e in questo modo diventa l’amico di Dio. L’autore della lettera agli Ebrei (Seconda lettura) medita su Abramo e Sara: come coppia hanno vissuto la sterilità, anche lo scetticismo, e infine si sono arresi a Dio, e grazie a loro la promessa si è realizzata. La sacra Famiglia vive nelle regole del popolo cui appartiene (Vangelo), il loro primogenito maschio viene presentato al tempio. Due vecchi partecipano al momento, che prelude alla Passione di Gesù offerto a Dio sull’altare della Croce per la salvezza di tutti: un incontro tra generazioni all’insegna della consapevolezza di ciò che Dio sta facendo, e della lode a Lui per la salvezza che i nostri occhi possono ormai vedere: Gesù è in mezzo a noi, famiglia di Dio.

Domenica 4 del Tempo di Avvento - Anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (2Sam 7,1-5.8-12.14-16)

La Parola di Dio a Davide, per mezzo del profeta Natan, sconvolge le aspettative umane: non è il re a costruire una casa a Dio, ma Dio a promettergli una discendenza, il cui regno non avrà fine. Come le parole dell’angelo nell’Annunciazione.

Seconda lettura (Rm 16,25-27)

Con l’arrivo di Gesù, Parola del Padre, Dio non ha più segreti: guardando Gesù (parole e opere) vediamo il volto di Dio uscito dal silenzio del suo Mistero. Aderendo a Gesù con la fede, siamo in comunione con Dio.

Vangelo (Lc 1,26-38)

Prima di concepirlo nel suo corpo, Maria concepisce Gesù nel suo cuore: accoglie la presenza di Dio nella sua vita, concentra la mente per capire cosa Egli vuole da lei, si confronta con la realtà dei gesti di Dio già operati (la maternità di Elisabetta), si getta nel piano di Dio con il suo «Eccomi!», per la gioia sua e il bene di tutti.

Sguardo d'insieme

Le letture di questa Messa parlano dell’abbraccio tra promessa di Dio e suo compimento. Mentre il re Davide vuole integrare il Tempio di Dio dentro il suo progetto di consolidamento del potere, mediante il profeta Natan la Parola riprende in mano il controllo (Prima lettura): sarà invece Dio a fare una casa al re, anzi un «casato», una discendenza. Dio è il vero Re di Israele, il Signore che conduce la storia degli uomini decidendo come fare il bene agli uomini. La promessa è di un discendente il cui regno non avrà fine. La promessa viene mantenuta con l’arrivo di Gesù, figlio di «Davide suo padre» (Vangelo), e il suo regno non avrà mai fine, come la liturgia cristiana professa nel Credo. Ma mentre la Parola afferma il primato del progetto di Dio, rivela anche la propria umiltà: per questo compimento era necessario il «sì» libero di una donna, Maria. La «serva del Signore» accetta che il progetto di Dio divenga il suo, sconvolgendole la vita e proiettandola molto al di là della sua piccolezza umana. Una donna: così comune e così speciale, bisognosa di capire «come può accadere tutto questo», ma la cui libertà ha il potere di permettere addirittura a Dio di fare la sua opera, per la salvezza e la gioia di tutti. È lo stesso potere che Dio concede ad ogni libertà umana. Senza Maria non ci sarebbe stato il Natale, il cristianesimo, la Chiesa... Grazie, Maria! Grazie a te il Mistero di Dio, «avvolto nel silenzio per secoli eterni» (Seconda lettura), viene ora manifestato e annunciato a tutte le genti, perché tutti possano seguire le tue orme, e di tutti si possa dire: «Mi chiameranno beata!».

Domenica 3 del Tempo di Avvento - Anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 61,1-2.10-11)

Ecco l’identità del profeta: contento di essere stato chiamato da Dio, dalla sua gioia nasce un messag-gio di bene per chi attende una salvezza. Annuncia una Parola più grande di ogni attesa: Dio ha deciso di effettuare il suo Giubileo, il tempo della redenzione, per tutti i popoli.

Seconda lettura (1Ts 5,16-24)

Lo Spirito di Gesù è in noi, la vita cristiana è sempre Natale! Da questa Presenza nasce la gioia cri-stiana, e la gioia si dimostra dal gusto della lode a Dio (liturgia), dal piacere nel cercare cosa piace a Lui (discernimento), dall’impegno accurato nel mantenersi indenni da ogni male (conversione quoti-diana).

Vangelo (Gv 1,6-8.19-28)

Giovanni Battista è il testimone, colui che indica Gesù agli altri e mette se stesso in secondo piano, come il servo indegno di un così grande incarico. Grazie alla sua voce, e a quella di tanti cristiani che gridano nel deserto del mondo, la Luce di Dio viene a dissipare il buio delle coscienze e delle menti.

Sguardo d'insieme

DOMENICA DELLA GIOIA.
Alla metà circa dell’Avvento, la Chiesa torna alle fonti della gioia cristiana, e la Parola ne indica i motivi. Entrando nel cuore di chi la accoglie, la Parola si trasforma in testimonianza (Prima lettura), annuncio di un Dio favorevole e liberatore, di un anno giubilare di amnistia dei peccati, via per superare i dolori e le catene con cui il peccato lega la vita dell’uomo soffocandolo. Tutti i cristiani, per il loro Battesimo, sono stati «unti», consacrati per appartenere a Dio, udire la Parola e annunciare un mondo nuovo e più umano: questa prospettiva genera vera gioia. Il Battista (Vangelo) è il Testimone che sta tra Antico e Nuovo Testamento, tra l’attesa del mondo nuovo e la sua realizzazione: guardando Gesù vediamo l’uomo vero, che vive secondo Dio e quindi anche in modo veramente umano. Gesù è il modello, l’obiettivo da raggiungere, la lieta notizia di Dio: Giovanni quindi si fa da parte, non vuole che la Chiesa, che sta nascendo, sia basata su un uomo pur prestigioso come lui. Giovanni (e il cristiano) è la voce che dice il vero, ma Gesù è la Parola e la Verità stessa! San Paolo (Seconda lettura) vede la gioia come frutto dell’arrivo del Signore: dove si coltiva la presenza di Gesù (nella preghiera, nella lode a Dio per i suoi benefici, nella ricerca della volontà di Dio), lì c’è il Signore, la persona prende una direzione nella vita, non vive allo sbando o alla giornata: lì c’è vera gioia.

Domenica 2 del Tempo di Avvento - Anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 40,1-5.9-11)

Al termine dell’esilio a Babilonia, il profeta rincuora il popolo, annuncia la possibilità di un ritorno alla terra e alla vita. Dio è ancora benevolo, occorre fare la propria parte perché l’incontro si realizzi.

Seconda lettura (2Pt 3,8-14)

Perché il Signore tarda a tornare? Pietro risponde: i tempi di Dio non sono come quelli dell’uomo; egli prende tempo per dare ai peccatori la possibilità di convertirsi. Così, quando lui tornerà, porterà a compimento il mondo nuovo che la conversione delle persone avrà già avviato.

Vangelo (Mc 1,1-8)

All’inizio del Vangelo, Marco presenta il Battista: apripista di Gesù, egli è anzitutto la Voce: per la parola che invita alla conversione, per il gesto di purificazione che compie, per la sua rinuncia alle comodità del mondo. Egli con coraggio afferma il primato di Dio. È credente, per questo è credibile.

Sguardo d'insieme

Quando la Parola di Dio entra nel mondo, si mette nelle mani dell’uomo: manifesta il suo potere di creare novità e migliore umanità quando trova un cuore aperto. Non possiamo dare la colpa a Dio se nel mondo c’è il male, perché anche il male cresce quando incontra una persona che liberamente gli apre le porte. Non è colpa di Dio se egli tarda a tornare (Seconda lettura), anzi il Misericordioso ci dà il tempo per convertirci. Il suo tempo è più grande del nostro, e ingloba pazientemente in sé i tempi lunghi del nostro crescere. La Parola che si fa avanti è annuncio di libertà e di mondo nuovo, quindi è «consolazione» (Prima lettura), cioè sostiene il cammino in un oggi ancora lontano dalla Meta: ci ricorda che la fatica del costruire il Regno di Dio, della conversione alla volontà di Dio, non sono inutili, hanno uno scopo. E tuttavia questa fatica è indispensabile: occorre preparare la via al Signore, permettergli di entrare nella nostra vita abbassando le barriere tirate su contro di lui; occorre lasciare che la Parola ci cambi la vita e cambi la gerarchia dei valori che abbiamo in testa, come Giovanni che ha scelto di essere la Voce di Dio nel deserto rinunciando alle comode pantofole del privato vivere cittadino (Vangelo). La Parola tuona sempre dappertutto, attraverso la creazione e la voce degli uomini di Dio. Ma diventa utile, cioè motore di vita nuova, solo in chi l’ascolta sul serio, accettando di cambiare.

Domenica 1 del Tempo di Avvento - Anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 63,16-17.19; 64,2-7)

Facendo il bilancio del passato, il profeta confessa a Dio (a nome di tutti) la storia delle meraviglie di Dio Salvatore e del peccato del popolo. Racconta il presente fatto di infelicità, frutto del peccato. So-stiene la speranza in un domani migliore, fondata sulla fede incrollabile nella Sua paternità.

Seconda lettura (1Cor 1,3-9)

Lo Spirito di Dio distribuisce nella Chiesa tutti i suoi doni, a ciascuno il suo. È questa la ricchezza del cristiano: la conoscenza di Dio e la parola che rende testimonianza. Unita a Gesù, la comunità vive in lui e attende il suo ritorno.

Vangelo (Mc 13,33-37)

Tra la prima venuta del Signore e l’ultima, alla fine di tutto, c’è il tempo dei cristiani: ciascuno ha l’onore (e l’onere!) di amministrare bene ciò che dipende da lui, ognuno al suo posto. L’importante è non lasciarsi trovare oziosi, quando lui tornerà.

Sguardo d'insieme

Le parole di Gesù nel Vangelo sono un «classico» del tempo di Avvento: egli tornerà, la storia umana ha inizio in Dio e terminerà ancora in lui. In mezzo c’è il tempo della responsabilità dell’uomo: egli ci ha affidato tutti i suoi doni (Seconda lettura), l’amministrazione del mondo e della vita personale che Gli appartengono e sono anche nostri. Da qui la responsabilità, cioè il «rispondere» della gestione operata: tutti devono esercitare il «compito», la missione che Dio ha affidato loro; per alcuni (i pastori della comunità) il compito supplementare è quello di «vigilare» affinché tutto si compia secondo la volontà del Capo, momentaneamente assente. Tuttavia è facile stancarsi di aspettare, abituarsi a un Dio così discretamente vicino da risultare (per alcuni) assente. Viene il sonno dell’uomo che crede di fare da sé, il buio di chi elimina Gesù Cristo dalla sua vita. Nonostante il suo amore che ci ha dato tutto, le meraviglie da lui compiute per ciascuno di noi (Prima lettura), il rifiuto di Dio diventa paralisi e incapacità di tornare alla fonte dell’Amore da cui siamo nati. Come il Profeta insegna, ci si avvia all’incontro con Colui che squarcerà i cieli riconoscendo i propri peccati, e rinnovando la fede in Dio, Padre e Ceramista, il solo che può creare in noi una umanità rinnovata, sensibile alla sua Presenza, pronta per il giorno dell’Incontro.

Domenica XXXIV del Tempo ordinario - Anno A - Cristo RE

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ez 34,11-12.15-17)

Di fronte allo spettacolo delle guide indegne, il profeta annuncia l'intervento diretto di Dio: radunerà il suo popolo e lo condurrà con giustizia, prendendosi cura di quelle più deboli.

Seconda lettura (1Cor 15,20-26.28)

Paolo annuncia il centro della fede cristiana: Cristo è risorto! E' il Signore della vita e della morte, ha il potere di condurre alla vita chi vive in lui. Il suo regno, infusione della vita divina in noi, inizia già ora mediante la fede e i sacramenti, e si completerà alla fine, quando lui tornerà.

Vangelo (Mt 25,31-46)

La storia inizia in Dio e terminerà al ritorno del Cristo. Allora egli dichiarerà agli uomini il valore delle loro stesse azioni, se avranno riconosciuto e amato Lui nella persona di chi è piccolo (in un modo o nell'altro). Già da oggi, nelle relazioni con le persone, noi stessi realizziamo quello che sarà il giudizio di Dio, a suo tempo.

Sguardo d'insieme

Le letture di questa Messa illustrano come Gesù esercita il suo ministero di “Re” secondo la volontà del Padre. Anzitutto è Re perché pastore, mandato da Dio a recuperare le pecore disperse e a prendersi cura di quelle deboli (Prima lettura). Poi è Re perché vittorioso contro il male e la morte: da Risorto ci prepara un futuro di risorti (Seconda lettura). Infine, è Re perché giudice delle opere umane: alla fine sarà chiaro chi avrà amato Cristo nei bisognosi e chi si sarà illuso di trovare la Vita in altro modo, ma inutilmente (Vangelo).

Domenica XXXIII del Tempo ordinario - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Pr 31,10-13.19-20.30-31)

La sapienza è descritta come una buona donna di casa, il suo valore sta nelle scelte giuste che fa e nella sua laboriosità. Tale è lo stile cristiano in questo mondo, alla costruzione del Futuro che Dio realizzerà con l’uomo.

Seconda lettura (1Ts 5,1-6)

Attendere il Ritorno del Signore non significa tralasciare i doveri della vita, ma anzi è dar loro la loro piena importanza: da come vive le cose di ogni giorno il cristiano mostra di essere figlio della luce, con impegno e sobrietà. Se così è, venga pure Gesù quando vorrà: non avremo nulla da temere.

Vangelo (Mt 25,14-30)

Il tempo tra la Venuta di Gesù e il suo Ritorno è affidato alle mani responsabili della Chiesa, impegnata a costruire con gli uomini di buona volontà il bene comune. A ciascuno è dato un dono diverso, una diversa vocazione: si tratta di metterlo a frutto, e il successo sarà: «Bene, servo buono e fedele!».

Sguardo d'insieme

Se noi chiediamo a Dio di risolvere i mali del mondo, egli ci risponde chiedendoci di fare la nostra parte. La Grazia di Dio è enorme, alla misura di Lui: sono i talenti del Vangelo, a quei tempi una somma che uno del popolo non si poteva nemmeno sognare. Eppure l'immensità di Dio, del Bene, della Verità, è affidata alle nostre umili mani, nella speranza di essere attivamente amministrata “secondo le capacità di ciascuno”. Il problema non è da parte di Dio, che fa la sua parte rendendoci suoi “partners”, dandoci il sogno di un mondo nuovo e la capacità di realizzarlo. Il problema sta nella libera risposta dell'uomo: c'è chi scopre la fiducia che Dio ha su di lui, lo benedice e mette la sua libertà e creatività nella risposta, e chi invece non tiene in considerazione tutto ciò: vede solo se stesso, pensa che Dio sia un duro da rabbonire in qualche modo (magari facendo qualche opera buona per guadagnarsi il paradiso): la paura lo paralizza, il risultato è fallimentare. La tragedia si consuma nel quotidiano di quaggiù e nelle scelte (o non scelte) di ogni giorno; quando Lui tornerà la tragedia apparirà in piena luce, mentre gli operatori della Grazia riceveranno l'elogio meritato. E' questa la differenza tra il vivere da figli della luce o delle tenebre (Seconda lettura): la vigilanza e la sobrietà sono le virtù di chi sa di amministrare il Bene, che è più grande di noi ma si può realizzare solo alla misura umana. La Sapienza, non per nulla, è rappresentata da una donna di casa laboriosa ed efficiente (Prima lettura).

Festa della dedicazione della Basilica lateranense

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ez 47,1-2.8-9.12)

Dopo il crollo del Tempio di Gerusalemme, durante l’esilio a Babilonia, il profeta vede l’opera futura di Dio e annuncia il nuovo Tempio, fonte di benedizione e guarigione per il mondo. È un annuncio della realtà della Chiesa, in cui noi viviamo.

Seconda lettura (1Cor 3,9-11.16-17)

La Chiesa è l’edificio di Dio, il nuovo Tempio. Suo Capo e Fondamento è Cristo Risorto che vive in lei e con il suo Spirito agisce nei segni visibili della Chiesa; la proclamazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti e la vita nell’amore. Ringraziamo il Signore per questa splendida architettura dello Spirito.

Vangelo (Gv 2,13-22)

Gesù, Figlio di Dio, è il padrone di casa nel Tempio. Scacciando tutti, dà inizio a una nuova «gestione», è Lui il nuovo Tempio, distrutto e riedificato a Pasqua al terzo giorno. Vivendo uniti a Cristo siamo a casa nostra nella casa di Dio.

Sguardo d'insieme

S. Giovanni in Laterano è la Cattedrale del Vescovo di Roma, che in quanto tale è anche Papa, cioè punto di riferimento e garante dell’unità della Chiesa Cattolica. La Cattedrale di Roma, che riunisce i fedeli insieme al Signore, è insieme al Papa il segno visibile della Chiesa Una (Credo). Il Tempio di Gerusalemme annuncia in anticipo la realtà della Chiesa del Nuovo Testamento. La crisi definitiva del Tempio quasi dà la spinta per la nascita della Chiesa. Ai tempi di Ezechiele (dopo il 586 a.C.) il Tempio è distrutto dai Babilonesi e Israele è privato del suo punto di riferimento. Nella catastrofe, il profeta annuncia il dono del nuovo Tempio, dal quale sgorgherà un’acqua che farà ripartire vita e salvezza, Dio benedirà ancora il suo popolo (Prima lettura). Questo nuovo Tempio non è più quello di Gerusalemme, riservato a un solo popolo, ma è la persona del Figlio, distrutto nella morte e ricostruito nella risurrezione (Vangelo). Chiunque crede e vive in lui gode dei benefici della Nuova Alleanza. «Voi siete il Tempio di Dio», dice Paolo (Seconda lettura). La Chiesa è edificio «spirituale», nel senso che il suo mistero è invisibile agli occhi materiali, e che la vita che le pulsa nelle vene è lo Spirito del Risorto. Ed ecco che la Chiesa è Una e Cattolica, riunisce i credenti sparsi nel tempo e nello spazio; Apostolica perché fondata sul ministero dei Dodici che proseguono l’opera di Gesù; Santa perché benedetta da Dio e impegnata, spinta dall’Amore di Dio, di piacere in parole e opere al suo Sposo e Signore, Gesù Cristo.

Domenica 32 del Tempo Ordinario - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Mal 1,14-2,2.8-10)

Con libertà di parola, il profeta dichiara la supremazia di Dio su tutte le autorità umane. Per questo chi ha ruolo di guida religiosa è sottoposto a un giudizio più duro. Il sacerdote che mette se stesso prima di Dio tradisce l’alleanza e fa deragliare il popolo. Questo riguarda anche tutti i battezzati, partecipi del sacerdozio di Cristo, responsabili della propria condotta.

Seconda lettura (1Ts 2,7-9.13)

Ecco un tocco «materno» di Paolo in relazione con i suoi cristiani. E’ il modello del vero pastore: lo si vede dall’affetto che ha per i suoi figli, dalla fatica che affronta per loro, dal ringraziamento a Dio per i segni di una comunità che sta crescendo nella fede e nella vita cristiana.

Vangelo (Mt 23,1-12)

Gesù esprime un giudizio duro sulla dirigenza religiosa del popolo, al suo tempo: la «cattedra di Mosè» non era più un servizio alla fede genuina e alla vita buona, ma un palcoscenico di esibizionisti e ambiziosi. Rimane un monito per ogni autorità, religiosa e laica, a evitare l’ostentazione e a riconoscersi come servi di un Dio che è il vero pastore del suo popolo.

Sguardo d'insieme

La questione dell’autorità è cruciale per tutti, a partire dall’adolescenza in poi. Se ne vede la necessità, ma anche la si sospetta soprattutto perché, come ogni cosa umana, porta anche l’impronta del limite e spesso del peccato. L’autorità esiste per dare ordine alla vita, ma si snatura quando si trasforma in strumento di potere e viene esercitata nella doppiezza. Già il profeta Malachia ebbe parole dure contro i pastori di Israele (Prima lettura), e annuncia in modo pessimistico ma anche con speranza che Dio stesso si farà avanti per condurre il suo popolo. Questa promessa si realizza Nuovo Testamento: Gesù in persona, volto del Padre, è il Maestro e la Guida (Vangelo), e gli altri nella comunità sono tutti fratelli. La Chiesa si propone coraggiosamente come modello per l’autorità civile: al contrario di scribi e farisei, che esercitano l’autorità imponendo pesi sulla gente invece di aiutarla, e che fanno dell’autorità una questione di prestigio personale e di apparenza, nella Chiesa l’autorità è mediazione di quella di Cristo, ha per scopo condurre tutti a Lui, aiutare i fratelli a capire cosa Dio chiede di fare oggi (discernimento), indicare come incarnare oggi il Vangelo. L’esempio viene offerto da Paolo (Seconda lettura): non ha cercato la sua gloria né una vita comoda, anzi ha lavorato duramente; la sua gioia non sta nel successo personale, ma nella crescita della Parola di Gesù nel cuore dei cristiani; e quando afferma l’autorità della propria parola come mediazione della Parola di Dio, vi unisce un amore pieno di tenerezza materna.

Domenica 31 del Tempo Ordinario - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Mal 1,14-2,2.8-10)

Con libertà di parola, il profeta dichiara la supremazia di Dio su tutte le autorità umane. Per questo chi ha ruolo di guida religiosa è sottoposto a un giudizio più duro. Il sacerdote che mette se stesso prima di Dio tradisce l’alleanza e fa deragliare il popolo. Questo riguarda anche tutti i battezzati, partecipi del sacerdozio di Cristo, responsabili della propria condotta.

Seconda lettura (1Ts 2,7-9.13)

Ecco un tocco «materno» di Paolo in relazione con i suoi cristiani. E’ il modello del vero pastore: lo si vede dall’affetto che ha per i suoi figli, dalla fatica che affronta per loro, dal ringraziamento a Dio per i segni di una comunità che sta crescendo nella fede e nella vita cristiana.

Vangelo (Mt 23,1-12)

Gesù esprime un giudizio duro sulla dirigenza religiosa del popolo, al suo tempo: la «cattedra di Mosè» non era più un servizio alla fede genuina e alla vita buona, ma un palcoscenico di esibizionisti e ambiziosi. Rimane un monito per ogni autorità, religiosa e laica, a evitare l’ostentazione e a riconoscersi come servi di un Dio che è il vero pastore del suo popolo.

Sguardo d'insieme

La questione dell’autorità è cruciale per tutti, a partire dall’adolescenza in poi. Se ne vede la necessità, ma anche la si sospetta soprattutto perché, come ogni cosa umana, porta anche l’impronta del limite e spesso del peccato. L’autorità esiste per dare ordine alla vita, ma si snatura quando si trasforma in strumento di potere e viene esercitata nella doppiezza. Già il profeta Malachia ebbe parole dure contro i pastori di Israele (Prima lettura), e annuncia in modo pessimistico ma anche con speranza che Dio stesso si farà avanti per condurre il suo popolo. Questa promessa si realizza Nuovo Testamento: Gesù in persona, volto del Padre, è il Maestro e la Guida (Vangelo), e gli altri nella comunità sono tutti fratelli. La Chiesa si propone coraggiosamente come modello per l’autorità civile: al contrario di scribi e farisei, che esercitano l’autorità imponendo pesi sulla gente invece di aiutarla, e che fanno dell’autorità una questione di prestigio personale e di apparenza, nella Chiesa l’autorità è mediazione di quella di Cristo, ha per scopo condurre tutti a Lui, aiutare i fratelli a capire cosa Dio chiede di fare oggi (discernimento), indicare come incarnare oggi il Vangelo. L’esempio viene offerto da Paolo (Seconda lettura): non ha cercato la sua gloria né una vita comoda, anzi ha lavorato duramente; la sua gioia non sta nel successo personale, ma nella crescita della Parola di Gesù nel cuore dei cristiani; e quando afferma l’autorità della propria parola come mediazione della Parola di Dio, vi unisce un amore pieno di tenerezza materna.

Domenica 30 del Tempo Ordinario - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Es 22,20-26)

La Legge di Mosè prescrive ciò che Israele dovrebbe aver già imparato dal suo passato di schiavi in Egitto. Erano forestieri, per questo il forestiero va tutelato. Erano maltrattati, per questo non si deve maltrattare. Erano poveri, per questo non si può approfittare del povero.

Seconda lettura (1Ts 1,5-10)

Paolo pone se stesso come esempio di vita ai cristiani di Tessalonica, perché anche loro divengano esempio e sprone per gli altri. Il Vangelo si diffonde mediante il «raccontare», una narrazione fatta di parole e di esempio: la gioia che viene dallo Spirito, la gioia di essere di Gesù, fa volare il Vangelo al cuore delle coscienze, ai confini del mondo!

Vangelo (Mt 22,34-40)

Mentre discute con gente che gli è ostile, Gesù chiarisce qual è il cuore della vita cristiana, e che già era espressa nella Legge di Mosè: l’amore è il «grande comandamento», ciò che rende graditi a Dio e che distingue ogni cosa tra bene e male. Un amore religioso, che lega tutta la persona (cuore – anima – mente) in alleanza con Dio; un amore sociale, che crea una comunità di fratelli che sentono di appartenere gli uni agli altri («come te stesso»). Un messaggio che unisce indissolubilmente la fede e la vita, in tutte le relazioni umane.

Sguardo d'insieme

In un’epoca di confusione e di troppe parole, è legittimo chiedersi qual è la Parola da selezionare, cosa davvero Dio ci chiede, come fecero con Gesù (Vangelo). Ai maestri della Legge di Mosè, il Maestro ricorda due passi dell’Antico Testamento, sull’amore assoluto e totalizzante per Dio (vedi Deuteronomio 6,4-5) e sull’amore per il prossimo (Levitico 19,18). L’amore è quindi la Legge, sull’esempio di Gesù: per amore il Verbo si è fatto carne, per amore ha parlato alle orecchie chiuse e ha guarito le malattie dl corpo e dell’anima, per amore ha dato corpo e sangue «per voi e per tutti», per amore è risorto e continua ad accompagnare e guidare la vita della Chiesa nel mondo. Rimaneva da chiarire il concetto di «prossimo». E’ ogni uomo, non solo il parente, l’amico, chi è simpatico o chi è utile ai propri interessi. Anche qui, l’Antico Testamento aveva preparato la strada (Prima lettura): «Non opprimerai lo straniero...». Il «prossimo» è il diverso da me, ogni persona che si trova in qualsiasi genere di necessità: vedova, orfano, indigente che chiede un prestito o un po’ di attenzione, chi ti deve il mantello o qualcos’altro. Parole davvero molto attuali! «Perché voi siete stati forestieri in Egitto»: è la lezione del passato a indicare la via, è il soccorso ricevuto anzitutto  da Dio a diventare la regola dell’amore. Per questo Paolo (Seconda lettura) pone se stesso come esempio da seguire: «Ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene». E l’esempio di Paolo viene riprodotto e diventa stile di vita di tutti. Come Paolo è apostolo della Parola, anche i cristiani lo sono; come lui, anche loro si sono convertiti dagli idoli alla vera fede. Per servire Dio, e invitare tutti gli altri a fare lo stesso.

Domenica 29 del Tempo Ordinario - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 45,1.4-6)

Per il profeta Isaia il re Ciro, il pagano che libera gli ebrei dall’esilio, è il segno dell’amore di Dio per il suo popolo. Il Dio d’Israele è il sovrano della storia, tutto si svolge secondo il suo piano, anche mediante persone che non lo conoscono. Egli trasforma in bene l’opera di ogni uomo di buona volontà.

Seconda lettura (1Ts 1,1-5)

Paolo si presenta con i suoi collaboratori, e anzitutto ringrazia Dio per la fede operosa, la carità impegnata e la speranza solida dei cristiani di Tessalonica. Chi accoglie il Vangelo degli apostoli non accoglie una opinione di uomini, ma risponde alla chiamata di Dio e si mette in sintonia con Lui.

Vangelo (Mt 22,15-21)

Alle sue origini, la Chiesa di Gesù si chiede come porsi rispetto al mondo e alle sue istituzioni. I farisei progettavano un Israele libero dai romani e sottoposto alla Legge di Dio, Gesù invece proclama la differenza tra «Cesare» e Dio, l’autonomia dello Stato e della Chiesa. Da qui nasce il ruolo specifico dei laici cristiani: essere NEL mondo ma non DEL mondo, testimoni e animatori di uno stile di vita diverso, che costruisce santità cristiana dentro il progetto di un mondo migliore.

Sguardo d'insieme

Per molti motivi, i cristiani rischiano di trasformare la loro fede in una cosa da «catacomba», da nascondere, riservare al privato o alla sacrestia, o a pochi specialisti (preti, suore). Un po’ perché così, nella vita «ordinaria» si può fare come si vuole, in una cattiva interpretazione della distinzione tra Chiesa e mondo, tra fede e ragione, tra sacro e profano; un po’ perché la vita «laica» sembra così brutta che la fede non ha possibilità di aggancio con essa. La Parola invece dichiara che questo collegamento tra fede e società non solo è possibile, ma anche doveroso. Isaia si guarda attorno e vede in Ciro, re pagano dei Persiani, lo strumento di cui Dio si serve per liberare Israele dall’esilio a Babilonia (Prima lettura), e così sarà. Il piano di Dio, per un mondo nuovo e migliore, si serve anche della buona politica, se ricerca il bene dell’uomo. Di fronte alla domanda se occorre pagare le tasse ai Romani, riconoscendo così di essere sottomessi a un potere straniero e pagano, Gesù ricorda la doppia cittadinanza cristiana (Vangelo): al Cielo e alla Terra. Si deve appartenere a Dio e alla sua Legge (il Vangelo), da cittadini consapevoli e responsabili. La Chiesa vive nel mondo sotto ogni tipo di regimi politici, e in tutti i casi partecipa attivamente alla vita sociale, riservandosi la libertà (in nome della sua cittadinanza in Dio) di criticare ogni gestione politica allo scopo di renderla più funzionale al bene vero e completo dell’uomo. Fede, Speranza e Carità possono diventare solo sentimenti o buoni propositi: per questo Paolo (Seconda lettura) aggiunge alcuni aggettivi: fede operosa, speranza ferma e carità faticosa/impegnata; sono qualità che hanno a che fare con la vita quotidiana, con il «fare» in cui la fede deve diventare vita. Altrimenti non è più fede, ma alienazione.

Domenica 28 del Tempo Ordinario - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 25,6-10)

Isaia capisce e annuncia una speranza che va ben oltre il benessere e la sicurezza di questa vita. Lo sguardo va alla fine di ogni cosa, quando Dio affermerà la propria sovranità sul mondo facendo partecipare tutti i popoli al culto di Gerusalemme, eliminando il velo dell’ignoranza religiosa e del paganesimo, togliendo la morte e ogni dolore. Una gioia ben maggiore di qualunque gioia di quaggiù.

Seconda lettura (Fil 4,12-14.19-20)

Il suo unico interesse è Cristo: per questo Paolo non è legato a nulla, la sua sicurezza interiore non dipende dalla buona o cattiva sorte. Tuttavia, quest’uomo libero da tutto sa ringraziare chi gli ha voluto bene e lo ha aiutato.

Vangelo (Mt 22,1-14)

La vita eterna, spesso descritta dalla Bibbia come un banchetto di festa, inizia già ora. Aderire a Gesù significa mangiare il suo banchetto di nozze, il suo pane eucaristico e godere del suo amore. I primi invitati hanno preferito rinunciare a questo «ben di Dio», ma anche i nuovi invitati possono non avere l’abito adatto. Si può essere battezzati, ma aver abbandonato la veste bianca ricevuta: cristiani senza fede e amore, senza Gesù...

Sguardo d'insieme

Il Vangelo di oggi contiene il giudizio di Gesù sul popolo della prima Alleanza: chiamato al banchetto (comunione con Dio), ha preferito rifiutare. I nuovi invitati sono la Chiesa, ma bisogna rispondere con coerenza (=avere l’abito adatto). È lo stesso senso delle parabole della vigna, delle domeniche scorse. Lo sguardo però oggi si allarga: la nuova chiamata non ha limiti, vuole toccare tutti i popoli e tutti i singoli: per tutti Dio Padre riserva il banchetto della sua festa. Era ciò che il profeta annunciava per i tempi compiuti (Prima lettura): il banchetto per tutti i popoli, l’eliminazione del velo di separazione tra umanità e Dio, e tra gli uomini; l’eliminazione della morte e del dolore, e il conseguente canto di lode dei salvati. È la speranza che la Parola di Dio intende sostenere anche oggi. Vivere nella fede significa non dimenticare mai la meta, la comunione totale finale, di cui la comunione eucaristica è anticipo e premessa. Mentre cammina, il popolo di Dio si sforza di mantenere bianca la sua veste battesimale. Come Paolo (Seconda lettura) il cristiano sa affrontare tutte le asperità e le assurdità della vita presente restando attaccato a Cristo risorto, “Colui che è la nostra speranza”.

Domenica 27 del Tempo Ordinario - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 5,1-7)

La vigna è uno dei simboli di Israele. Isaia ripercorre la storia drammatica di Dio con un popolo che lui ha amato ma dal quale è stato tradito. Il richiamo al passato e l’annuncio dell’imminente catastrofe sono il supremo invito a cambiare strada.

Seconda lettura (Fil 4,6-9)

Secondo il Vangelo predicato da Paolo a Filippi, essere cristiani significa custodire la propria vita in ciò che è buono ed è gradito a Dio. Questo è vivere l’alleanza con Dio; e da qui viene la vera pace, perché sappiamo che Lui, il Dio fedele, ci è vicino.

Vangelo (Mt 21,33-43)

Gesù riprende la parabola di Isaia: la vigna è Israele, che viene ammonito. Ha visto il Cristo mandato da Dio e lo ha rifiutato, e continua a rifiutarlo respngendo la testimonianza della sua Chiesa. La riflessione sulla storia di Israele diventa ammonimento per i cristiani: pur essendo stati chiamati alla fede possono anche loro tirarsi fuori dalla Vita e dalla salvezza.

Sguardo d'insieme

Rispetto alle altre religioni, l’ebraismo e il cristianesimo sono religioni della relazione: Dio ha deciso di farsi avanti, scegliersi dei “partners” (il suo popolo), e avere una storia con loro. Nell’Antico Testamento uno dei simboli del popolo di Dio, Israele, è la vigna (Prima lettura). Una vigna che il Padrone ha curato con infinita attenzione (i Patriarchi, la liberazione dall’Egitto), e dalla quale si aspettava una risposta d’amore, su sollecitazione dei suoi servi (i profeti). Ma così non è stato. Al termine di una serie di «no» all’Amore arriva il Figlio, Gesù (Vangelo), ultimo appello di un Dio che ha scelto di non costringere gli uomini ad amarlo, ma di amare loro per primo. Si delinea già la Pasqua, storia di morte (Israele respinge il Figlio e perde la primogenitura della salvezza), e di risurrezione (nasce la Chiesa, proveniente da tutti i popoli: coloro che aderiscono al Vangelo e a Gesù, mettendo nelle sue mani la propria vita). Onorati di così grande fiducia, i cristiani hanno due compiti (Seconda lettura): quello di ringraziare per essere stati eletti da un Amore più grande (ed è la Messa!), e quello di custodire pensieri e azioni in sintonia con il Vangelo. Mentre la Chiesa, Sposa di Cristo, conserva intatta la sua fede e il suo amore per lui, i singoli cristiani e le comunità, se non stanno attenti, possono sempre perdere il dono ricevuto... Essere in Gesù non è mai una cosa automatica.

Domenica 26 del Tempo Ordinario - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ez 18,25-28)

Ezechiele per primo afferma la realtà della responsabilità individuale e il valore delle decisioni di ogni giorno: nessuno sconta i peccati altrui; nessuno è peccatore o giusto una volta per tutte. Il giusto deve stare in guardia perché può sempre peccare, il peccatore ha sempre la possibilità di convertirsi: tenendo conto della libertà dell’uomo, Dio si comporta in modo corretto.

Seconda lettura (Fil 2,1-11)

Paolo è felice se nella comunità c’è amore, concordia e servizio fraterno, e a tali valori esorta la Chiesa della città di Filippi. Il motivo di questo non sta in un’etica da persone per bene, ma nell’esempio di Cristo che, per i suoi fratelli, ha offerto se stesso mostrando di essere unanime con loro; risorgendo, ha mostrato che questa è la via che porta alla Vita.

Vangelo (Mt 21,28-32)

Gesù rimprovera i capi religiosi del giudaismo perché, rifiutando Gesù, hanno deciso di dire di «no» a Dio dopo aver goduto della sua alleanza. È questo il senso della parabola dei due figli «lunatici». In questo modo hanno ceduto il loro privilegio a chi era considerato indegno, ma ha creduto in Gesù. Essere giusti o peccatori non è automatico, dipende dall’affidarsi a Gesù.

Sguardo d'insieme

Tante volte gli uomini mettono Dio a processo, accusandolo di non trattare equamente i buoni e i cattivi. Il profeta (Prima lettura) ribalta la questione: è la libertà umana che decide di vivere nel bene o nel male. Ma la cosa più sorprendente è che la partita non è mai chiusa in questa vita: il buono può diventare cattivo e viceversa, e ricevere il suo destino finale in base a quello che ha deciso di avere: la comunione con Dio o la distanza da Lui. È lo stesso messaggio di Gesù (Vangelo): il figlio ribelle può diventare docile, il bravo ragazzo può nascondere il disinteresse per il Padre. Non sempre le cose sono come appaiono: ma davanti a Dio contano le reali intenzioni, quelle che diventano FATTI. Paolo (Seconda lettura) esorta i Filippesi ad avere gli stessi sentimenti di Cristo, cioè a interiorizzare il Vangelo facendone convinzione, volontà e azione. Solo così una comunità può diventare cristiana, vivere una sincera comunione, dove ognuno cerca il bene di tutti. Proprio come Gesù che si è fatto solidale con noi diventando limitato come noi, e per questa vita ha manifestato l’Amore del Padre ed è arrivato alla Vita piena.

Domenica 25 del Tempo Ordinario - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 55,6-9)

Dio vive nel suo mistero, di lui l’uomo può capire solo quello che egli comunica. Nella Legge di Mosè Isaia vede l’occasione per incontrare Dio nella pratica di una vita buona. Ma anche il peccatore può tornare a Dio, che è insieme giusto e misericordioso.

Seconda lettura (Fil 1,20c-24.27a)

Paolo, in prigione per il Vangelo, confida tutto il suo amore per Gesù Cristo, che è morto in croce per lui. Gli è così attaccato che non sa cosa preferire: morire per essere con Gesù in eterno, o vivere servendo Gesù nella sua Chiesa. Paolo affida la soluzione del dilemma a quello che Gesù vorrà chiedergli.

Vangelo (Mt 20,1-16)

Con un’altra parabola (tratta dal fenomeno del caporalato) Gesù mostra ai discepoli il volto del Padre, che chiama tutti a lavorare per lui, e a tutti dà la stessa ricompensa e lo stesso onore di averlo servito. Dio dona sempre se stesso, il suo amore non dipende dal merito degli uomini. Il pensare di Dio è diverso da quello umano: l’uomo misura la ricompensa, il Padre pensa ad amare.

Sguardo d'insieme

Oggi Gesù ci descrive un Cuore di Dio assai sorprendente e “illogico”, un po’ come il seminatore che semina sulla strada... L’immagine (Vangelo) è quella del padrone che, al tempo della vendemmia, chiama operai nel maggior numero possibile, c’è poco tempo e bisogna arrivare in fondo! E’ ancora una rilettura della storia di Dio con Israele (i primi chiamati) e la Chiesa (gli ultimi arrivati): a tutti Dio dà il suo amore in cambio del “sì”, ma i primi non vogliono condividere lo stesso privilegio. Così, invece di accettare l’ottica di Dio, Israele si tira fuori dal suo progetto di salvezza per tutte le nazioni. È il rischio di tutti coloro che pensano di avere privilegi davanti a Dio rispetto a chi è fuori e bussa... Come diceva Isaia, i pensieri degli uomini assai raramente coincidono con quelli di Dio (Prima lettura), e la Parola ancora e sempre invita a conversione. Non consiste nel rinunciare ai cioccolatini, ma anzitutto è un cambiamento di ottica di vita e di relazione con gli “altri”, i diversi, accettando che la Chiesa sia “cattolica”, cioè destinata a coinvolgere ogni essere umano che ascolta la Parola e vi aderisce. Un esempio di logica veramente non umana (“alternativa”) lo dà Paolo (seconda lettura): in prigione, sentendosi al termine della sua vita, Paolo non pensa “l’importante è la salute” ma dichiara che Gesù è l’unica cosa che gli interessa. Per lui la morte è un guadagno perché gli permette di vivere per sempre con Lui. E pur essendo stanco di tanto lavorare per il Vangelo, accetta – se Gesù vorrà dargli ancora tempo – di restare ancora nella Chiesa per prendersene cura.

Esaltazione della Santa Croce

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Nm 21,4b-9)

Israele dimentica il Dio che lo ha liberato e morde la mano che lo nutre. Staccato dalla fonte della libertà, cade vittima del veleno dell’antico Nemico, ma il Dio fedele non lo abbandona e innalza un segno di salvezza per chi si pente e torna a credere.

Seconda lettura (Fil 2,6-11)

Il Gesù che ha conquistato Paolo è il Crocifisso, Dio che si annienta scendendo al livello del peccato dell’uomo. Grazie a questo Amore fatto obbedienza, ogni ginocchio che si piega può passare da servo del peccato a figlio adottivo.

Vangelo (Gv 3,13-17)

L’immagine del serpente innalzato nel deserto diventa realtà in Gesù, innalzato sulla croce. Egli è il segno dell’amore del Padre che non abbandona il peccatore. In chi crede nell’Amore si realizza il trionfo pasquale del Risorto.

Sguardo d'insieme

La croce di Gesù è al centro della fede e dell’esperienza cristiana. Anzitutto fa vedere il vero senso della gloria di Dio (Prefazio), che esercita la sua immensa grandezza amando di amore eterno e infinito, e si rivela onnipotente nella capacità del Crocifisso di attirare a sé l’uomo. La via per lasciarsi attirare è – paradossalmente – l’esperienza del peccato: tendendo a cadere su di sé, l’uomo dimentica i benefici di Dio, vede solo il peso del vivere e stoltamente accusa Dio di tutto questo (Prima lettura). L’unica salvezza è la fedeltà del Signore, che continua a prendersi cura di questa umanità offrendo la possibilità di pentirsi e di aprire gli occhi per vedere i segni dell’Amore. Svelando il significato dell’immagine del serpente nel deserto, Gesù mostra se stesso come segno di Dio innalzato sulla croce, affinché chiunque crede nell’Amore abbia la vita eterna (Vangelo). Quando si sente amato oltre ogni merito, la persona può giungere alla contemplazione, a raccontare con stupore ciò che Dio ha saputo fare per me, come Paolo nella Seconda lettura. Quel Dio di gloria che attira tutti a sé è lo stesso che, nella persona di Gesù, si è spogliato della forma divina per diventare piccolo, svuotato della sua pienezza ha accolto noi nel suo vuoto di morte. Vivendo non per se stesso ma per il Padre e per noi, indica la strada che conduce l’uomo dal peccato alla comunione di vita. «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unico, il suo unico tesoro... perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Fino a questo punto siamo stati amati!

Domenica 24 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sir 27,33-28,9)

Già l’Antico Testamento annuncia che rancore e ira sono il cancro dell’anima e uccidono la persona dal di dentro. Oltre che distruggere le relazioni umane, spezzano la comunione con Dio. Per questo Egli non ascolta chi ha il cuore gretto e chiuso, non perdona chi ha deciso di odiare. Questa riflessione arriverà fino al «Padre nostro» del Vangelo.

Seconda lettura (Rm 14,7-9)

È il modo cristiano di vedere la propria vita: nessuno è artefice di se stesso (vita e morte indicano l’esistenza intera), abbiamo ricevuto tutto in dono, e la nostra missione è restituire, cioè vivere per Colui che morendo in croce ci ha amati fino alla fine, e risorgendo ci ha aperto a una Vita che non ha limiti.

Vangelo (Mt 18,21-35)

I rabbini insegnavano che è bene perdonare ma fino a un certo punto. Gesù trae spunto dal simbolo del numero 7 (= totalità) per insegnare come l’uomo può superare se stesso e crescere alla statura di figlio di Dio: perdonando senza eccezione, proprio come il buon Signore che sa chiudere gli occhi sui nostri debiti. Chi non imita Dio non può conoscere la sua misericordia.

Sguardo d'insieme

Sappiamo bene che il perdono (= non permettere che il male ricevuto condizioni le relazioni tra le persone) non è cosa spontanea; la morale che viene dagli uomini accetta «ama chi ti ama – odia chi ti odia», la legge del taglione «occhio per occhio...». È il concetto solo umano di «giustizia» come retribuzione del male e del bene, che si vorrebbe applicare anche a Dio. Ma la Parola viene dal Cielo, supera ogni prospettiva umana, la eleva fino alla meta vera: non restituire il male, ma mettere fine al male facendolo morire in noi stessi, non dandogli seguito. Non c’è limite al Perdono, dice Gesù a Pietro (Vangelo), per il motivo che non esiste un limite al perdono che Dio Padre da a noi. Il perdono da dare ha un motivo in forza del perdono ricevuto. È chiaro che se uno non chiede il perdono, non è neanche disposto a darlo. Il perdono scambiato tra fratelli è una regola di base, tanto da essere invocato nel Padre Nostro. Vedere se stessi come «debitori di tutto» davanti a Dio è la via per imparare questa forma di amore radicale e profondo. Anche il saggio dell’Antico Testamento (Prima lettura) vede il perdono come una garanzia di sana vita spirituale in alleanza con Dio: «Rancore e ira sono del peccatore». Il motivo è ancora lo stesso: non può chiedere il perdono per sé chi non è disposto a condividerlo con gli altri. Il perdono, anche qui, nasce dalla «misericordia», da un atteggiamento interiore di compassione non verso il male ma verso chi lo fa, e di ricordo che anch’io sono peccatore. Tutti andremo nella tomba, non ha senso giurare «rancore eterno». Infine, se uno vive per se stesso, avendo se stesso come «ombelico del mondo», difficilmente saprà perdonare, sono gli altri ad essere sempre colpevoli di colpe reali o immaginarie; se uno vive per il Signore, anzitutto sa gustare l’amore e il perdono che viene da lui, e questo «ammorbidisce» ogni durezza nei confronti del nostro prossimo, come sembra proprio affermare Paolo (Seconda lettura).

Domenica 23 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ez 33,1.7-9)

Il profeta, uomo della Parola, non può tacere anche se ciò dà fastidio a qualcuno. Ammonire il peccatore è un servizio prezioso: gli dà l’occasione per convertirsi e scegliere il bene, lo rende libero di prendere in mano la sua vita. Davanti a Dio siamo responsabili delle nostre azioni, e delle nostre parole dette agli altri o no (= omissioni).

Seconda lettura (Rm 13,8-10)

Ogni religione può diventare formalismo. Anche il cristianesimo può essere inteso come un codice di buona convivenza (non andare a donne altrui, non uccidere, non rubare, rispettare la proprietà privata). Sono cose buone, ma diventano cristiane se sono motivate dall’amore e fatte per amore, fatte per ottenere la felicità donandola agli altri («Amerai... come te stesso»).

Vangelo (Mt 18,15-20)

Gesù dà alla sua Chiesa il potere di «legare e sciogliere», che si esercita anche mediante la correzione tra fratelli: il peccato è personale, ma non è mai affare individuale, è dovere di tutti aiutarsi a superare il male a vicenda. La comunità ha anche il potere di rendere vera ed efficace la preghiera: anche quando sono soli, i cristiani pregano sempre tutti insieme.

Sguardo d'insieme

Nella Messa, i presenti si chiamano tra loro «fratelli» e «sorelle». Tali siamo dal giorno del Battesimo, non per nulla la Chiesa chiama se stessa «famiglia di Dio». Chissà se le parole corrispondono alle reali convinzioni delle persone: in questi tempi di individualismo, è in crisi proprio il senso di appartenenza, non per caso molti, anche se frequentano i sacramenti, si riconoscono poco nella Chiesa come realtà concreta e visibile (con le sue strutture e i suoi servizi, anche quello dell’autorità). La fede è indubbiamente una scelta della persona, ma questa scelta ti inserisce in una comunità, con i suoi santi e i suoi peccatori... La Parola di oggi ci invita a fare una verifica sul nostro senso di appartenenza, che è poi vera maturità cristiana. Essere comunità significa anzitutto vivere la correzione fraterna: se l’altro è mio fratello, non rimango indifferente di fronte ai suoi errori, ma ho il coraggio di parlare come il profeta Ezechiele (Prima lettura) perché so che una comunità progredisce con il progredire di ogni suo membro, e la comunità patisce dei peccati dei suoi membri. Rinunciare all’indifferenza, con la scusa del «non intromettersi», è vero amore. È in altri termini la sostanza del cristianesimo (Seconda lettura), religione concreta, che non si limita a puri sentimenti interiori ma si impegna a modificare in meglio la realtà: «Ti sono vicino, ti aiuto a migliorare migliorando me stesso, ti ammonisco perché ti voglio bene». Il mondo la pensa ben diversamente: mantiene le persone fragili e paurose bollando come ingerenza e indebita intromissione lo sforzo di chi, riconoscendo anzitutto i propri difetti, vorrebbe aiutarti a vedere la realtà anche dei tuoi sbagli. Anche Gesù prescrive la correzione fraterna ai suoi discepoli (Vangelo) come garanzia di una vita comunitaria positiva. Ancora oggi la Chiesa parla sfidando la rabbia e la derisione di tanti; le è stato dato il potere – onere di «legare e sciogliere», di indicare le vie del bene e del male imparate dalla Parola di Dio.

Domenica 22 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ger 20,7-9)

Il profeta conosce lo scoraggiamento, la fatica di parlare a un popolo il cui cuore è lontano da Dio. Tuttavia egli ha accettato la sua missione come un onore, e una risposta a Dio che lo ha amato e scelto fin dal suo concepimento. Questo «fuoco» delle origini lo sostiene nella crisi.

Seconda lettura (Rm 12,1-2)

Dopo aver parlato di Dio che si è mosso verso l’umanità, Paolo indica come l’uomo può muoversi verso Dio. Impegnandosi nel «culto spirituale», una vera «liturgia della vita»: significa offrire sull’altare i propri «corpi», cioè tutto (pensieri, volontà, azioni), disponibili a cambiare modo di vivere per orientarsi a ciò che è gradito a Dio.

Vangelo (Mt 16,21-27)

Gesù annuncia la sua prossima Passione, e Pietro cade vittima del proprio peccato: egli ragiona con egoismo, alla maniera umana, non secondo Dio. Non immagina che la via del vero successo passi attraverso il dono di se stessi. Dopo la Pasqua Pietro avrà imparato, solo allora sarà davvero adatto a essere il riferimento della fede dei suoi fratelli: avrà capito che solo seguendo Gesù Cristo l’uomo è pienamente se stesso.

Sguardo d'insieme

La vita cristiana attinge sì all’entusiasmo della persona, ma misura il proprio spessore sui tempi lunghi della fedeltà, come ogni buona relazione (di amicizia o amore). È il caso di Geremia (Prima lettura), uomo di Dio, sensibile e appassionato della Parola: scontrandosi contro il muro dell’indifferenza e dell’ostilità del suo popolo arriva alla spaccatura. Da un lato il desiderio di smettere, di tornare in un tranquillo anonimato, dall’altro il fuoco di Dio che lo spinge ancora e ancora verso la derisione dei pagani del suo tempo: è la «seduzione di Dio», che al profeta in certi momenti sembra un grosso inganno. Ma Geremia, nel buio dell’insuccesso, andrà fino in fondo. E Pietro, l’entusiasta proclamatore di Gesù Messia e Figlio di Dio, si scontra con un progetto diverso da quello che immaginava: il Messia deve salvare il suo popolo non mediante un atto di potere, ma di umiliazione fino alla morte. «Questo non accadrà mai!»: Pietro e Gesù si dividono, toccherà a Pietro cambiare idea, «va’ dietro a me, satana!» (Vangelo). La via di Gesù è la Pasqua, la logica del seme che per dare frutto deve morire e rinunciare a se stesso e a tutte le proprie limitate vedute. Un atto di autorità può cambiare l’esterno (le leggi, le ingiustizie...), ma solo l’amore cambia i cuori, trasforma le persone; e l’amore passa sempre attraverso il dono di sé. È questo il «culto interiore – totale – esistenziale» che per Paolo è l’attività basilare del cristiano, segno del suo essere «uomo rinnovato» (Seconda lettura). La logica del mondo propone di risolvere i problemi cambiando il sistema. Per il cristianesimo, più concretamente, un mondo nuovo viene alla luce quando le persone cambiano il cuore.

Domenica 21 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 22,19-23)

Il maggiordomo del re, pezzo grosso della politica, viene accusato da Isaia, cappellano di corte. Secondo la Parola di Dio, egli verrà sostituito con una persona più degna e attenta ai bisogni del popolo. È uno degli annunci del futuro Messia, e della Chiesa alla quale è dato il potere di «aprire e chiudere», di essere il ponte dell’accesso a Dio.

Seconda lettura (Rm 11,33-36)

Al termine della sua esposizione, Paolo riconosce che l’opera di Dio che salva il peccatore va al di là di ogni comprensione umana. Quando meditiamo il lieto annuncio della misericordia di Dio, percepiamo chiaramente che il suo amore è eccezionale: è da questa forza sapiente che hanno avuto origine tutte le cose e ogni vita.

Vangelo (Mt 16,13-20)

Presso le sorgenti del Giordano, ai confini della Palestina, nasce la fede dei discepoli attorno alla parola di Pietro. La gente pensa varie cose di Gesù; la Chiesa crede in lui il Figlio di Dio, e così lo annuncia ad ogni uomo senza essere sconfitta. Pietro è la bocca della fede della Chiesa, il riferimento e il punto di convergenza dell’unità cattolica. Il Papa (uno dei suoi titoli è «successore di Pietro») ha il pesante onere di svolgere il suo stesso ruolo.

Sguardo d'insieme

Con gli occhi «di fuori», la Chiesa viene vista come un apparato sociale organizzato con una sua gerarchia di potere. In realtà la Chiesa funziona, anche nella necessaria gestione dell’autorità (dovuta alla sua natura comunitaria), ma in obbedienza assoluta alle regole della Parola di Dio e di Gesù, suo fondatore. La Chiesa dunque non è un semplice dato sociale, ma fa parte del mistero di Dio, anzi nel mondo è segno di una realtà più grande: il progetto di Dio, prima rimasto nascosto e ora manifestato agli uomini; il progetto di fare misericordia a tutti e unire tutti i popoli nell’unità della Chiesa (Seconda lettura). Isaia, profeta alla corte del re, non teme di «fare politica» richiamando la classe dirigente alla moralità, e sanzionando il maggiordomo (= funzionario capo), Sebna, accusato di disonestà (Prima lettura); il profeta ne approfitta per farsi voce dell’indignazione del popolo, e dell’attesa del Messia che sarà un gestore giusto del bene del popolo. Matteo (Vangelo) ricorda la vocazione di Pietro a guida della comunità dei discepoli; tra le tante cose che si dicono di Gesù, egli lo riconosce come Cristo e Figlio di Dio che vive in mezzo al suo popolo. È questa la fede di Pietro e della Chiesa, il fondamento sul quale la comunità inizia il cammino, difficile e avventuroso, nella storia di millenni. Nella Chiesa Cattolica, il Papa è - tra l’altro - successore di Pietro, ha il gravoso onere di essere punto visibile di unità della comunità sulla base della fede delle origini; non è quindi il direttore generale di una azienda, ma il garante (insieme con gli altri vescovi) della continuità con Gesù e la Chiesa delle origini.

Domenica 20 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 56,1.6-7)

Il profeta vede il mondo con gli occhi di Dio: la benevolenza divina non è riservata solo a Israele, ma a ogni straniero che viva in alleanza con lui. È annunciata la realtà della Chiesa cattolica (= universale): casa di preghiera aperta a tutti i popoli.

Seconda lettura (Rm 11,13-15.29-32)

L’Apostolo medita sul drammatico «no» di Israele a Cristo. La disobbedienza di Israele ha permesso alla Chiesa di rivolgersi a tutti i popoli, e infine anche l’antico popolo, servo del piano di Dio a beneficio di tutti gli altri, entrerà nella misericordia di Dio Padre di tutti i popoli.

Vangelo (Mt 15,21-28)

Colpiscono le parole dure che Gesù riserva a una povera donna tribolata, perché forestiera. Gesù, nato e formato nel popolo ebraico, annuncia che Israele è il primo destinatario della salvezza di Dio, ma che questa salvezza si deve allargare anche agli altri. La differenza non la fa l’appartenenza a un popolo o a un altro, ma se uno ha fede in Gesù o no.

Sguardo d'insieme

Per gli Ebrei, la Bibbia (Antico Testamento) è il documento della storia e della fede nazionale. Ma già i nostri padri hanno intuito che il dono di Dio non è solo per un popolo: anche gli stranieri (Prima lettura) sono chiamati ad accogliere il Dio che si rivela, ad amarlo e a servirlo, a vivere l’alleanza osservando la Legge. Israele capisce poco a poco che Dio lo ha posto nel mondo a servizio della fede di tutti i popoli: è il grande mistero dell’esistenza di quel popolo, nostro padre, perché la Chiesa nasce da Israele. Paolo (Seconda lettura) si interroga: come mai proprio il Popolo di Dio, chiamato all’alleanza, ha respinto il Messia Gesù? La risposta è piena di speranza: Israele, servo di Dio, rinunciando inizialmente a Gesù ha permesso alla Chiesa di rivolgersi al mondo e di realizzare la chiamata universale (= cattolica) alla salvezza. Ma poiché Dio è fedele alle sue promesse, alla fine, dopo aver servito tutti gli altri, Israele entrerà  nel Regno di Dio: padre e figli alla fine si incontreranno! Già dai suoi inizi la Chiesa fa fatica a uscire da Israele: lo stesso Gesù inizialmente tratta male la donna straniera (Vangelo). Ma con questo stratagemma la fede della donna pagana emerge: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide». La salvezza esce da Israele e va a incontrare tutte le persone che credono in Gesù, non si è salvati per nascita ma per fede. Per questa fede Gesù risana la ragazzina; per la loro fede i pagani, insieme ai Giudei, entrano a pieno titolo nella Chiesa delle nazioni.

Domenica 19 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (1Re 19,9a.11-13a)

Elia, l’uomo di Dio, l’eroe della fede di fronte a un popolo che dimentica il suo Dio, ora si trova braccato dalla polizia della regina, in pericolo di morte. Sul monte di Dio egli supera la depressione e lo scoraggiamento incontrando un Dio diverso: non più un Dio per cui lottare, ma un Dio che si fa vicino nel silenzio e nel mistero.

Seconda lettura (Rm 9,1-5)

Paolo riconosce il peccato di Israele, che ha rifiutato Gesù Cristo, ma anche tutti i privilegi di quel popolo, il suo popolo di cui Paolo va fiero. Israele è grande nel progetto di Dio perché è l’inizio e il simbolo della Chiesa. In essa tutti i cristiani sono «consanguinei»,  non più per nascita ma per la comune fede.

Vangelo (Mt 14,22-33)

Gesù, dopo aver parlato alla folla, mostra la potenza della Parola e la bontà di Dio che dona il pane, superando la tempesta del lago che minaccia di uccidere i discepoli. L’acqua, elemento prezioso per la vita, può dare anche la morte e rivelare la poca fede dell’uomo minacciato di morte. Per la potenza della preghiera di Gesù la tempesta diventa pace. L’incredulità dell’uomo viene vinta dalla potenza del Figlio di Dio che si affianca ai suoi e li protegge.

Sguardo d'insieme

Potremmo credere che i discepoli di Gesù erano più fortunati di noi, avendo il Maestro sempre con loro. Di fatto ci sono state occasioni in cui non hanno riconosciuto la sua presenza, e proprio nel momento del bisogno (Vangelo). Gesù si apparta per vivere il suo dialogo unico e speciale con il Padre, lui che è il Figlio. Nel frattempo il lago di Tiberiade va in tempesta, e la misera barchetta dei discepoli rischia di affondare: è il cammino faticoso e pericoloso della Chiesa nella storia, alle prese con una missione veramente difficile, se paragonata con i peccati dei suoi membri. Gesù si fa vicino ma a volte non lo si vede («È un fantasma!», gridano), allora la paura prende il sopravvento. Lo stesso accade a Pietro, che all’inizio generosamente guarda al Maestro e trova il coraggio di vedere le avversità camminandoci sopra, ma poi si lascia sopraffare dalla forza del male, che sa bene come alimentare il dubbio su Dio. La paura e la poca fede sono il vero pericolo; la fiducia nella Presenza permette di non finire vittime della fatica e della sconfitta di ogni giorno. Anche il profeta Elia (Prima lettura) si trova in un momento di crisi: l’uomo della Parola forte ha paura, è ricercato dalla polizia della regina e sta scappando; torna quindi all’Oreb (o Sinai), il monte in cui Dio diede la sua Legge e giurò la sua fedeltà al popolo. Lì, nel soffio leggero dello Spirito soave di Dio, ritrova la pace e nuove energie per ricominciare. Anche Paolo (Seconda lettura) si trova in grande angustia a motivo del suo popolo di nascita, Israele e si chiede come mai il Popolo della prima alleanza, l’eletto di Dio, la culla della Chiesa, abbia rinnegato il Cristo. Egli offre a Dio e alla Chiesa la sua sofferenza, alla ricerca di un valore dentro questa sventura. Domenica prossima ci offrirà il frutto della sua riflessione, e nuovi spunti di speranza per tutti.

Domenica 18 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 55,1-3)

Isaia ricorda a Israele che, quando ha cercato di camminare lontano dalla volontà di Dio, ha solo perso la strada, i suoi sforzi sono stati sprecati, senza risultati. Rimane la sete di felicità, e un rinnovato appello a cercarla in Dio: egli dà il bene gratuitamente, basta affidare a lui il proprio cammino.

Seconda lettura  (Rm 8,35.37-39)

Con Gesù, Paolo ritiene di avere il Bene supremo e di essere in una botte di ferro. L’uomo di fede non è in balìa delle contrarietà della vita, perché la sua felicità consiste nel saperci amati da Colui che ha dato la sua vita per noi, e nulla ci può separare da questo amore. Tranne il non crederci più.

Vangelo (Mt 14,13-21)

Dopo la morte violenta del Battista Gesù si prende una pausa di riflessione, forse alla ricerca di nuovo coraggio e nuova motivazione. Nella sua intimità con il Padre, egli trova la forza per riprendere la strada del dono di sé fino alla morte. Con la moltiplicazione del Pane, rinnovata dalla Chiesa in ogni Messa, mentre lo mangiamo, il dono di sé di Gesù diventa dono per noi, e scuola per imparare il dono di noi stessi ai fratelli.

Sguardo d'insieme

Il Gesù che moltiplica i pani e i pesci è un Gesù che supera la crisi dovuta alla morte violenta del Battista. Gesù si ritira in disparte, ma la folla lo «stana» (Vangelo), e ritorna a essere se stesso: l’espressione della compassione di Dio per la folla che, affamata, cerca qualcosa che valga la pena. È lo stesso Gesù dell’Ultima Cena: protagonista della situazione, egli riceve il poco pane dei discepoli e lo trasforma in sazietà per tutti. Anche nell’Eucaristia Gesù continua a venire incontro alla fame di chi cerca in Dio vita e salvezza: è il Pane della compassione di Dio, da ricevere in ginocchio e con gratitudine. I discepoli di Gesù devono fare la loro parte: farsi portavoce delle necessità della folla, dare loro stessi il cibo senza mandare via la gente. D’altra parte, Isaia mette in guardia dai nutrimenti ingannevoli che i falsi maestri distribuiscono a chi non ha testa: «Perché spendete denaro per ciò che non è pane?». Le ideologie ieri, il culto del denaro fine a se stesso oggi, hanno solo prodotto dolore e morte; chissà fino a quando il profeta dovrà ancora ripetere la stessa domanda (Prima lettura)... Paolo (Seconda lettura) ha ben capito invece che stando con Gesù noi troviamo il cibo che ci fa bene. A differenza delle ideologie che mettono le persone al loro servizio, Dio ama mettendosi al servizio della felicità degli uomini. Questo amore è così forte che, quando lo scopriamo, siamo in una botte di ferro: potrà accadere di tutto, il dolore ci metterà alla prova, ma nulla potrà toglierci l’Amore che ha deciso di darci tutto, senza ripensamenti.

Domenica 17 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (1Re 3,5.7-12)

Secondo un uso antico, Salomone inizia il suo regnare con un ritiro spirituale nella casa di Dio. Dio mette alla prova il giovane re, e questi domanda in dote la saggezza nel ben governare. Dio accoglierà la sua preghiera: Salomone regnerà da servo di Dio e benefattore del suo popolo.

Seconda lettura  (Rm 8,28-30)

Siamo nati non per caso ma per riprodurre in noi le caratteristiche che furono dell’umanità di Gesù. È questa la nostra «predestinazione», la nostra vocazione e la nostra missione in questa vita. Essere salvati significa diventare segni di Gesù nel mondo, con la nostra umanità portata a piena maturazione: «tutto concorre al bene per quelli che amano Dio», che per amore prendono nella vita il posto a cui il Padre li ha chiamati.

Vangelo (Mt 13,44-52)

Noi veniamo in questo mondo sostanzialmente come cercatori di tesori, di vera felicità. Ma non tutti i tesori sono davvero tali, non è tutto oro ciò che luccica e attrae! Un’altra sorpresa è questa: indaffarati a cercare Dio, scopriamo che lui cerca noi: egli è il Pescatore, la Chiesa è la rete che vuole essere piena di pesci. Ma, anche qui, non tutti i pesci sono buoni. Dio cerca tutti, ma non tutti vogliono lasciarsi trovare. Tutti cercano Dio, ma non sempre lo cercano là dove Egli si trova.

Sguardo d'insieme

La Parola di Dio oggi ci invita ad accogliere una Sapienza che viene da Dio, superiore ai calcoli umani. Il re Salomone, all’inizio del suo regno (Prima lettura), chiede non ricchezza e potere, ma la saggezza per governare il popolo con giustizia, servendolo nel suo cammino verso Dio. Nel Battesimo ogni cristiano ha ricevuto il «carisma regale», cioè il dono e l’incarico di gestire le questioni della vita terrena in modo gradito a Dio. Quando le persone decidono di cercare la volontà di Dio in famiglia, nel lavoro, nel tempo libero, nella politica, nell’economia... allora il regno di Dio si estende e così pure la serena convivenza civile. Saggezza è anche saper distinguere tra ciò che vale e ciò che non vale o vale di meno. Gesù si presenta come il tesoro prezioso e la perla (Vangelo): è saggio rinunciare a ciò che vale di meno per acquistare ciò che vale di più. È saggio che nella Chiesa alcuni rinuncino a tutto per consacrarsi a Gesù, perché hanno scoperto che Lui è più di tutto e può riempire la vita. Saggezza – ancora – è restare aperti alla Parola di Dio, così da essere trovati degni quando la rete pescherà tutti gli uomini e si farà la cernita tra pesci buoni e immangiabili. Saggezza è meditare sulle «cose nuove e antiche», interrogare l’esperienza dei padri e chiedere alla Parola di Dio cosa essa dice a noi oggi. Infine, saggezza è riconoscere tutto il bene che Dio ci ha fatto (Seconda lettura): nel suo progetto d’amore ci ha chiamati a essere suoi figli diventando sempre più simili a Gesù, il Figlio; ci ha chiamati a vivere in questo mondo senza essere servi di questo mondo. Amandoci ci permette di guardare al futuro con serenità, perché «tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio».

Domenica 16 del Tempo Ordinario - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sap 12,13.16-19)

Spesso diamo a Dio colpe che non ha: alcuni mali non hanno colpevoli, altri sono prodotto della cat-tiveria umana. Dio non esercita l’onnipotenza come un burattinaio, anzi ci lascia spesso lo spazio per decidere per il bene o per il male. L’onnipotenza di Dio dichiara al peccatore la realtà del suo male, ma gli concede pazientemente il tempo per convertirsi e vivere. Ogni giorno di vita è una nuova opportunità per diventare più saggi.

Seconda lettura  (Rm 8,26-27)

Non potendo noi assolutamente salire fino a Dio, Egli ha deciso di venire da noi. Non sappiamo come pregare, cosa è vero bene per noi. Ma il suo Spirito in noi sa cosa gli è gradito: se la nostra preghiera è fatta ricercando la volontà di Dio, essa viene esaudita.

Vangelo  (Mt 13,24-43)

La zizzania non viene dal seminatore, il male del mondo non è colpa di Dio. Anzi egli tollera il male accanto al bene affinché il bene sia ben visibile, e ogni coscienza possa fare la propria scelta. Se uno accoglie il seme della Parola, esso cresce e porta la persona a piena maturazione. Alla fine però il Dio giusto avrà l’ultima parola, la zizzania non ha speranza di sopravvivere. «Chi ha orecchi ascolti!».

Sguardo d'insieme

Il Vangelo di oggi è il seguito di quello di domenica scorsa: narra il dramma della Parola di Dio, seme dato da Dio ma sottoposto a ogni genere di ostacolo. Il Nemico, male personificato e intelligente, semina la zizzania come antagonista, così strettamente legata al grano da non poter (per ora) essere sradicata: dai suoi frutti cattivi la si riconoscerà, e alla fine il Mietitore avrà la meglio. Nel frattempo, rimane il tempo del nostro quotidiano, l’ “oggi” della pazienza di Dio, le cose di ogni giorno in cui ogni persona ha la possibilità di giocare la carta della conversione. Il “non agire” di Dio contro il peccatore è in realtà la prova della sua misericordia (Prima lettura). Si tratta di rientrare in se stessi, ascoltare la voce dello Spirito che in noi genera la preghiera dei figli al Padre (seconda lettura): lasciarsi condurre dallo Spirito di Dio e non da ciò che a ciascuno sembra bene: questa è la vera saggezza che consente al seme della Parola di dare frutti.

Domenica 15 del Tempo Ordinario - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 55,10-11)

Ecco la potenza della Parola: crea ciò che dice. La Parola di Dio ha creato il mondo, la parola umana può creare gioia o tristezza in chi la pronuncia e in chi la riceve. Gesù, la Parola mandata dal Padre, ha il potere di produrre i suoi benefici effetti in chi la riceve.

Seconda lettura  (Rm 8,18-23)

Il deteriorarsi di tutte le cose e il morire di ogni vita sono un messaggio: tutta la creazione sospira la vita mentre si trova nel dolore. Il pianto di ogni creatura di fronte al tempo che tutto consuma, è il grido della donna che sta partorendo la Vita. È questo il dono di Dio che ci fa vedere le cose con i suoi occhi, ci proietta oltre la morte. È la speranza cristiana.

Vangelo  (Mt 13,1-23)

Il seminatore impazzito che semina dove nulla può crescere è il simbolo di un Dio che spera anche nei cuori più indifferenti e ostili, punta tutto sulla loro capacità di cambiare. La Chiesa prosegue la stessa «mission impossible», annuncia a tutti il Vangelo con la stessa fiducia insensata di Dio.

Sguardo d'insieme

Nel mistero dell’Incarnazione la Parola di Dio giunge a noi in forma umana (Gesù Cristo), e nel mistero della Pasqua questo seme muore e risorge in frutti abbondanti. È questa la potenza – misteriosa ma efficace – della Parola che Dio pronuncia e non torna a lui senza effetto (Prima lettura). Con immagini tratte dalla natura capiamo meglio come funziona la Parola di Dio: essa non è un insieme di concetti astratti, ma proposta di un dialogo, che attende una risposta, e ogni risposta produce dei risultati nella vita.
Gesù, il Seminatore, con la bocca della sua Chiesa semina la Parola del Vangelo in ogni parte del campo del mondo, cerca un dialogo anche con chi di per sé non è disponibile. La strada, il campo sassoso e quello infestato dai rovi (Vangelo) simboleggiano tutta quella umanità distratta, o incostante, o in tutt’altre faccende affaccendata, alla quale comunque Gesù si rivolge con la speranza di fare breccia. Ai discepoli di Gesù ci si attende una risposta piena, come la terra buona dalla quale il seme produce secondo le possibilità di ciascuno. È la speranza di Dio, che si fa incontro alla speranza dell’umanità, anzi di tutta la creazione (Seconda lettura): il deperire di ogni cosa e il morire di ogni vita, con il tempo, sono un grido silenzioso e sofferto a Dio per invocare cieli nuovi e terra nuova. Con il Battesimo siamo già diventati famiglia di Dio, ma questa nostra dignità e somiglianza con Dio, da figli, questa felicità piena apparirà quando ogni speranza sarà saziata.

Domenica 14 del Tempo Ordinario - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Zc 9,9-10)

Il Messia promesso porterà la pace, vincerà e dominerà in nome di Dio, rimanendo umilmente al suo servizio. Senza cercare per sé il potere e la gloria, sarà fonte di gioia per tutto il popolo di Dio.

Seconda lettura  (Rm 8,9.11-13)

Con il Battesimo Gesù e il suo Spirito abitano nel credente. Il cristiano allora sente l’attrattiva di due voci: quella della “carne”, cioè di ogni logica che vede le cose senza Dio, e quella dello Spirito, che porta a vivere sotto lo sguardo di Dio. In questa situazione conflittuale, la persona è chiamata ad ascoltare la voce dello Spirito di Gesù, per ottenere la sua stessa risurrezione.

Vangelo  (Mt 11,25-30)

A volte si crede che la via proposta da Gesù, imitando lui, sia ardua e difficile. In realtà il difficile è diventare piccoli, rinunciando a credersi autosufficienti da Dio. L’autosufficienza lascia l’uomo da solo, in preda ai propri limiti e paure; affidarsi al Padre invece consente di conoscere davvero Gesù, perché lui ha vissuto così, e di gustare il ristoro di chi si abbandona e si lascia semplicemente amare.

Sguardo d'insieme

Da sempre l’umanità ha cercato di volare, di salire sempre più in alto per entrare in contatto con il Mistero, spingendo sempre più in là la conoscenza di ogni cosa. Ma è un dato di fatto che, proprio quando si illude di essere onnipotente, l’uomo scopre la propria realtà limitata: ci si sbaglia, ci si ammala, si muore... Per quale via possiamo superare noi stessi e colmare la nostra immensa sete? La via maestra – ci suggerisce la Parola di oggi – è la «piccolezza». L’esatto contrario di quanto si fa di solito.
Quando saliva al trono (Prima lettura) il re di Israele cavalcava un asino, non il cavallo maestoso e temibile strumento di guerra e di potere, per imparare che la vera grandezza proviene dall’obbedienza a Dio. Gesù stesso ha scelto per sé la piccolezza (Vangelo), egli è LA Parola perché la riceve dal Padre, come ogni figlio riceve se stesso dai propri genitori. Per questo egli si propone come modello ai discepoli: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore», che lascio il primato al Padre e non mi metto al suo posto. E allora non c’è più ansia, non si deve più dimostrare di essere all’altezza di chissà che cosa e di chissà chi, «troverete ristoro per la propria vita» perché dovete solo lasciarvi amare, affidarvi totalmente nelle mani di un Padre. Similmente san Paolo (Seconda lettura) ricorda che la via alla vita e alla felicità consiste nel lasciare la voce della «carne», del fare a meno di Dio, per ascoltare lo Spirito che ci fa appartenere a Dio, e con il Battesimo ha seminato eternità nella nostra umanità mortale.

SS Pietro e Paolo

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (At 12,1-11)

Pietro rivive il destino del Signore: perseguitato per la sua fede, liberato dal potere dei nemici. La Chiesa prega per lui, il ministero di Pietro non verrà meno nella comunità.

Seconda lettura  (2Tm 4,6-8.17-18)

Al discepolo Timoteo, Paolo annuncia la sua prossima morte violenta a motivo di Cristo. Termina la corsa dell’Apostolo; nella missione della Chiesa questa corsa dura ancora, è destinata ad ogni luogo e ad ogni uomo.

Vangelo  (Mt 16,13-19)

Pietro arriva a capire il mistero della Persona del Maestro poiché è semplice, aperto alla Parola e a ciò che il Padre vuole rivelare. Su questa disponibilità ad obbedire si fonda il primato di Pietro tra i suoi fratelli, maggiordomo che conserva con cura le chiavi dalla casa di Dio.

Sguardo d'insieme

La spada e la chiave: sono i simboli che riassumono la storia personale e il ministero dei due Apostoli che la Chiesa riconosce come le Colonne della casa di Dio. Uomini fragili (Pietro il traditore, Paolo il violento) coinvolti nel ciclone dello Spirito, hanno accettato la sfida e consegnato la vita al loro Signore. Pietro percorre il cammino di Gesù, sperimentando la persecuzione e la liberazione (Prima lettura), la Chiesa accompagna con la preghiera il suo pastore e anche nella prova cresce nella comunione solidale. Paolo ha messo l’energia del suo carattere al servizio del Signore, correndo con il Vangelo in mano, nel cuore e nella bocca sempre più in là (Seconda lettura); la sua morte – offerta suprema sull’altare insieme al Signore Crocifisso – è la firma che conferma e dà valore a tutta la sua fatica. Pietro riceve l’incarico di maggiordomo (plenipotenziario e uomo di fiducia) della Chiesa – Casa di Dio – perché non ha la minima intenzione di sostituirsi al Padrone di casa, anzi è per la sua disponibile accoglienza della Parola che gli permette di diventare intimo del Maestro (Vangelo), ne conosce il segreto di Figlio. Il più grande è il bambino, che si consegna e si lascia portare, diceva Gesù. Pietro e Paolo hanno messo il loro eroismo nell’obbedienza. La loro vita rimane la regola vissuta della vita cristiana.

Corpus Domini - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Dt 8,2-3.14b-16a)

Mosè invita il popolo, già arrivato alla Terra Promessa, a non dimenticare i benefici ricevuti durante gli anni di cammino nel deserto: il dono della manna, il dono della conoscenza della Parola di Dio.

Seconda lettura  (2Cor 10,16-17)

Il gesto liturgico di benedizione sul pane e sul calice realizza la comunione tra il Signore e i suoi. L’effetto della comunione con l’unico Signore di tutti produce l’unità della Chiesa. L’Eucaristia edifi-ca la Chiesa.

Vangelo  (Gv 6,51-58)

Il pane che Gesù dona è la sua stessa persona, carne e sangue. Questo pane è il dono di sé sulla Croce, che diventa benefico per chi lo riceve: offre vita a chiunque lo riceve, vita eterna e risurrezione perché l’Infinito di Dio si sposa con la limitatezza umana e la salva.

Sguardo d'insieme

Mosè (Prima lettura) ricorda a Israele il cammino finora compiuto nel deserto della fame e della sete, e l’amore provvidente di Dio che si prende cura del suo popolo. Dare il cibo è il massimo segno dell’amore del genitore per i suoi figli: tale è la relazione che il Dio della Bibbia vuole avere con chi crede in lui, prima in Israele e oggi nella Chiesa. Nel Vangelo il pane di Dio, il suo amore provvidente ha una faccia ben definita: lo stesso Gesù, la sua presenza corpo e sangue, è il pane che sostiene il cammino della comunità nel deserto della vita, che dona forza per affrontare la tentazione di cercare altre strade vero altre “terre promesse”. La vera Terra Promessa, nella Nuova Alleanza, è Gesù, abitare in lui, vivere per lui, ricevere da lui la sua stessa vittoria sulla morte. Ricevere il Pane di Gesù è fare comunione totale con Lui (Seconda lettura) e comunione profonda tra di noi. Gesù è sempre lo stesso: mangiando lui noi ci ricolleghiamo con quella Pasqua, che rimane l’unica, e rimaniamo uniti alla Chiesa degli Apostoli, alle nostre origini.

S.S. Trinità -  Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Es 34,4b-6.8-9)

Quando rivela il suo Nome, Dio manifesta la sua misericordia verso un popolo che è ostinatamente infedele. Il Dio trinitario, il Dio comunione, si fa avanti come Dio del perdono e della riconciliazione, il Dio dalla fedeltà a tutta prova.

Seconda lettura  (1Cor 13,11-13)

Nella liturgia il prete saluta il popolo con le stesse parole di Paolo; è anche un augurio e un programma di vita: vivere nella Chiesa come in una comunità, realizzare la comunione e l’unanimità, essere uno a immagine della Trinità.

Vangelo  (Gv 3,16-18)

La Trinità non è una fotografia di Dio, ma il sangue della sua stessa vita, il suo segreto. È un Dio in movimento, che si china dal Cielo per incontrare l’uomo peccatore, e farlo passare dalla precarietà della sua vita alla vita che non ha fine. Dio Padre ha mandato e sempre manda il Figlio per suscitare la fede degli uomini. Questo gesto rende gli uomini liberi: di accogliere la vita, o di rifiutarla eseguendo da sé la propria condanna.

Sguardo d'insieme

La Trinità è il segreto del Dio della Bibbia, rivelato inizialmente nell’Antico Testamento e pienamente nel Nuovo. Il concetto non può essere prodotto della fantasia umana, ma è del tutto ragionevole: solo un Dio “comunitario” può essere relazione d’amore, e può non essere stato costretto a creare il mondo per avere un partner da amare. La Trinità proclama la libertà di Dio, e non c’è amore senza libertà. La Trinità richiede dall’uomo una risposta libera: non tanto di credere al concetto della teologia, ma soprattutto di fare da quarto commensale alla mensa di Dio, in comunione circolare con lui (vedi l’icona qui sopra).
Già l’Antico Testamento dipinge un volto di Dio amore, di un Dio compassionevole verso il peccatore incallito (Prima lettura). Su questa rivelazione a Israele si innesta la rivelazione definitiva: il Padre manda il Figlio, uomo come noi, per parlare la nostra lingua e chiamare tutti alla comunione di vita con Dio, mediante un totale assenso degli affetti, dei pensieri e delle decisioni (Vangelo): ed ecco la libertà umana, di accogliere la vita lasciandosi accogliere e amare dall’Amore, o rifiutare tutto e condannarsi, separandosi dalla sorgente della Vita. Nel mondo, la Chiesa è segno della Trinità: per questo la Chiesa non è una semplice organizzazione di beneficenza che distribuisce servizi religiosi, ma la sua carta d’identità è la comunione. Vivendo in se stessa la riconciliazione e la pace essa diventa ciò che è (Seconda lettura), e diventa un segno credibile e potente di Dio che ancora oggi chiama ogni uomo.

Pentecoste - anno A - vigilia

Introduzione alle letture

Prima lettura (Gen 11,1-9)

Quando progettano di costruire la loro città in antagonismo con Dio, per toccare il cielo con l’opera delle loro mani, gli uomini perdono la loro unità e si disperdono, non sanno più capirsi. Questa fragilità ricorda a tutti la verità sull’uomo: è creatura di Dio, fatto per il dialogo e l’alleanza con lui, e questa alleanza diventerà ancora unità e comprensione dei diversi linguaggi.

Seconda lettura  (Rm 8,22-27)

La distanza da Dio, il desiderio di vivere in pieno da figli di Dio, è un peso che tutta la creazione condivide con l’uomo. Tra gli uomini e con la natura spesso le cose non filano d’accordo, anche dopo che Gesù ci ha salvati con la sua Pasqua. Per questo “siamo salvati nella speranza”: lo Spirito già abita in noi e ci insegna come parlare con Dio in modo adatto, ma siamo nell’attesa del compimento completo, come la donna nelle doglie del parto.

Vangelo  (Gv 7,37-39)

La festa delle Capanne commemora il cammino di Israele nel deserto e il dono dell’acqua e della Terra promessa. Per noi, è Gesù la Terra promessa verso cui siamo diretti, ed è lui che dona l’Acqua che sostiene nella fatica del cammino: è il suo Spirito, acqua viva donata da Gesù. Chi crede in lui vive nello Spirito, anche se si trova nei giorni di questa vita già appartiene all’eternità.

Sguardo d'insieme

Nella Vigilia di Pentecoste la liturgia ci ispira il sentimento dell’attesa e dell’invocazione del Dono, lo Spirito che è presenza del Padre e del Figlio nella Chiesa e nel mondo. Questo Dono è un insieme di doni fondamentali. Anzitutto, la comunione che è comunicazione vera tra le persone (Prima lettura); questa sintonia viene meno quando gli uomini intendono costruire la propria città (= il proprio vivere nelle scelte quotidiane) escludendo Dio, rifiutando la loro realtà di creature sue. Quando l’uomo non è più se stesso, cessa il dialogo con il Cielo, con gli altri e con le cose. Poi, il dono dell’acqua, elemento essenziale per sopravvivere nel clima del Medioriente biblico (Vangelo): senz’acqua si muore, senza Gesù e il suo Spirito non si cammina, e se si cammina non si arriva alla meta. E poi, la speranza cristiana che è riconoscere la presenza dello Spirito, credere di essere amati da Dio anche quando sembra più evidente la fragilità fisica e morale, nell’oggi, in cui sembra più evidente la fragilità del vivere, la fragilità fisica che l’uomo condivide con tutte le cose del mondo, e in più la fragilità morale e il rischio sempre in agguato di staccarsi dall’alleanza con il Signore (Seconda lettura). Infine, il dono delle giuste parole e delle giuste motivazioni per rivolgersi a Dio in modo da essergli graditi: Dio ascolta solo la preghiera secondo lo Spirito, quella che chiede ciò che il cuore del Padre ha deciso di donare per la felicità dei suoi figli.

Pentecoste - anno A - Messa del giorno

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (At 2,1-11)

Luca descrive lo Spirito come una presenza potente (fuoco) e dinamica (vento). È lui a condurre la Chiesa fuori dalla paura che la chiude in se stessa, e a insegnare i linguaggi giusti per comunicare a tutti la Parola del Vangelo.

Seconda lettura  (1Cor 12,3b-7.12-13)

Lo Spirito di Gesù è il collante che raduna la Chiesa in un solo corpo battesimale, e anima tutti i credenti a mettere a disposizione del bene comune i talenti personali ricevuti, anche loro, dall’unico Spirito.

Vangelo  (Gv 20,19-23)

Giovanni descrive il dono dello Spirito la stessa sera di Pasqua. E’ la presenza del Risorto in mezzo ai suoi, che li fa passare dalla paura alla gioia, e li manda nel mondo a proseguire la sua opera e ad amministrare la misericordia di Dio a chi la chiede. Lo Spirito di Gesù opera la riconciliazione tra Dio Padre e i suoi figli.

Sguardo d'insieme

La festa di Pentecoste nasce nel calendario ebraico come festa della mietitura del grano, per ringraziare Dio per i suoi doni: la Terra promessa e il cibo. Per i cristiani è la festa del Dono per eccellenza, lo Spirito del Padre e di Gesù, la presenza benefica di Dio nel mondo. Egli opera nelle coscienze e soffiando guida la Chiesa, barca di Pietro, attraverso le tempeste verso l’approdo in Dio, che è la vera Terra promessa. Si può parlare dello Spirito solo per immagini, non ha un volto ma se ne conoscono realmente gli effetti. Egli è Fuoco e Vento (Prima lettura), energia che purifica e incoraggia, vento che spinge la Chiesa oltre i limiti dell’umano, la getta nella piazza là dove la gente vive e pensa, in mezzo a tutti i linguaggi umani spesso conflittuali. La Chiesa parla tutte le lingue, a tutte le società e in tutti i tempi: forte del suo essere radunata «in uno stesso luogo» essa proclama il Vangelo, lieto annuncio delle grandi opere dell’amore di Dio per tutti. Lo Spirito getta la Chiesa oltre la sua paura e la vergogna di farsi vedere (Vangelo). Essa, forte della pace che il Risorto le dona, diventa ministra del perdono di Dio e della remissione dei peccati per chi la cerca. Se c’è una speranza per questo mondo, essa è costruire unità e comunione. La Chiesa ha per progetto di essere “comunione”: tutti diversi e tutti convergenti verso il bene comune (Seconda lettura). Se la comunione cresce, è il segno che un cristiano, una comunità, una famiglia vivono spinti da questa energia misteriosa, che diventa estremamente potente solo quando la libertà umana l’accoglie.

7^ Domenica di Pasqua - anno A - Ascensione

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (At 1,1-11)

Iniziando gli “Atti”, Luca vede l’ascensione di Gesù come il punto di collegamento tra Antico e Nuovo Testamento (le attese antiche sono adempiute), e tra Gesù e la Chiesa, inviata a testimoniare lui, proseguendo la sua opera, in nome suo, fino al suo ritorno..

Seconda lettura  (Ef 1,17-23)

L’uomo “naturale” vede il proprio destino legato alle cose e alla fortuna; il credente vede se stesso a partire da Cristo: ci vuole una illuminazione speciale per cambiare prospettiva! Cristo sul suo trono ha in mano i destini del mondo; guardando lui, il cristiano sa di avere già un posto nella vita piena, nella meta.

Vangelo  (Mt 28,16-20)

È la finale del Vangelo di Matteo. Gesù e i suoi si danno appuntamento in Galilea, dai “lontani”, perché la missione della Chiesa dovrà andare sempre più in là. Nonostante i loro dubbi, gli apostoli ricevono il potere stesso di Gesù, quello di una parola e di un insegnamento forti e convincenti.

Sguardo d'insieme

Insieme all’Assunzione di Maria, quella dell’Ascensione di Gesù è festa della speranza cristiana. Luca (Prima lettura) dà un resoconto dell’episodio, quaranta giorni dopo la Pasqua: Gesù invita i discepoli ad attendere il Dono, lo Spirito Santo, e per preparare il suo arrivo se ne va. La nostalgia del Maestro lascia il posto alla missione: «Mi sarete testimoni... fino ai confini della terra». È questo il motivo dell’esistenza della Chiesa, fino a quando il Signore tornerà. Anche Matteo, al termine del suo Vangelo, ripete il mandato missionario: i discepoli hanno la responsabilità di proseguire il ruolo di insegnamento che fu di Gesù, chiamando tutti alla fede e all’adesione al Signore mediante il Battesimo. Tuttavia sottolinea la presenza costante di Gesù nella sua Chiesa, «fino alla fine del mondo», quando egli tornerà. La Chiesa, la Parola e il Battesimo sono i segni con cui Gesù rimane discretamente insieme ai suoi, anche oggi. Mentre quindi la Chiesa è impegnata a essere se stessa, annunciando il Vangelo nel mondo e per il mondo, essa non dimentica la meta, il Cielo dove si trova Gesù, suo Sposo (Seconda lettura). Nel lavoro quotidiano, i cristiani vivono una “rivelazione superiore”, cioè la loro cittadinanza del Cielo, al quale loro già appartengono perché sono di Gesù, il Signore che “siede alla destra del Padre”, come diciamo ogni volta nel Credo.

6^ Domenica di Pasqua - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (At 8,5-8.14-17)

La prova che la Chiesa (e ogni cristiano) vive con lo Spirito Santo è l’apertura mentale e l’accettazione di nuove sfide. I samaritani, gli “altri”, accolgono la fede: la Chiesa inizia a uscire da Israele e a rivolgersi a tutte le nazioni.

Seconda lettura  (1Pt 3,15-18)

La vita cristiana è autentica quando unisce verità e carità. La verità: non svendere la fede alle mode ma esporla in modo intelligente (“rendere ragione”). La carità: rinunciare a imporre la verità, accettare anche il rifiuto e l’ostilità, come fece Gesù in croce.

Vangelo  (Gv 14,15-21)

Come una madre, Gesù promette di non lasciarci orfani: continuerà ad essere presente mediante lo Spirito, avvocato difensore (“Paraclito”). Da questa presenza viene la forza per amare Gesù, cioè vivere quello che ci ha detto e mostrato con l’esempio.

Sguardo d'insieme

Alla luce della Pasqua, in forza del proprio battesimo il cristiano vive una doppia cittadinanza, la doppia fedeltà al cielo e alla terra, all’eternità che è la meta del suo cammino, e al quotidiano sociale in cui questo cammino avviene concretamente. L’amore per il Signore Gesù, che ha dato la sua vita per noi, si concretizza nel realizzare i suoi comandamenti nelle scelte della vita di ogni giorno (Vangelo). L’amore per Gesù è pieno di nostalgia e di desiderio che Egli ritorni, come ha promesso, ma è anche un amore basato sulla sua presenza: mediante il suo Spirito, Gesù è ancora in mezzo a noi come “Paraclito” (= avvocato difensore, protettore, istruttore). Amare Gesù significa accogliere il Pastore che per primo si prende cura di noi.
La Chiesa, unita a Cristo come il Corpo al Capo, è mandata a tutti gli uomini (per questo si chiama “cattolica”) per testimoniare l’amore del Signore; e lo fa concretamente restando comunità aperta ai lontani e ai diversi, impegnandosi a demolire ogni barriera, perché chiunque cerca Dio lo possa trovare e avere la gioia. Dio stesso ha deciso di non fare differenze: tutti sono chiamati a essere suoi figli, lo Spirito scende anche sui samaritani, gente assai mal considerata dai giudei (Prima lettura).
Infine, i cristiani vivono con Gesù nel loro cuore, al centro dei loro affetti e pensieri, ma anche pienamente inseriti nella società. Il cristiano adulto è chiamato ad essere testimone di Gesù nell’ambiente in cui vive, senza vergogna, senza paura delle inevitabili ostilità, e soprattutto con intelligenza: «pronti sempre a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in voi» (Seconda lettura). Il cristiano sa qual è il valore della propria fede, e la sa spiegare agli altri.

5^ Domenica di Pasqua - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (At 6,1-7)

La Chiesa delle origini affronta crisi e spaccature allargando le proprie strutture: oltre agli Apostoli compaiono i Diaconi. La comunità ritrova la sua unità sui pilastri del magistero e della carità.

Seconda lettura  (1Pt 2,4-9)

Unita in Cristo, pietra angolare dell’edificio della comunità, la Chiesa cresce come popolo di Dio, e offre al mondo l’esempio vivo della santità. Segno del suo Signore, la Chiesa può attirare chi è chia-mato alla fede.

Vangelo  (Gv 14,1-12)

Preparandosi a lasciare i suoi, Gesù promette che tornerà, l’unione dei discepoli con lui sarà, dopo la Pasqua, totale e indistruttibile. Per mezzo di Gesù, che è la Via, ogni uomo può credere e arrivare a Dio; rimanendo in Gesù, operando in sintonia con lui, anche il credente compie le opere del Padre per la salvezza del mondo.

Sguardo d'insieme

Sembra che la Liturgia ci introduca da lontano alla festa dell’Ascensione: durante l’ultima cena, Gesù annuncia la sua prossima partenza (Vangelo) ed è preoccupato per i suoi, e promette: “Vado a prepararvi un posto”. La vita cristiana è profondamente orientata alla vita piena e abbondante (= eternità), alla casa dove il Padre aspetta con ansia tutti i suoi figli. E tuttavia, nell’attesa, la Chiesa vive nel mondo cercando di rimanere fedele a se stessa. Resistendo alla tentazione - tutta umana - di spaccarsi in nome di interessi contrapposti, gli Apostoli aggregano il gruppo dei Diaconi (Prima lettura): non tutti devono fare tutto, basta che ciascuno stia al suo posto: gli Apostoli al servizio dell’insegnamento della Parola di Dio (= magistero), i Diaconi al servizio delle necessità materiali (= carità). La Chiesa supera le crisi e si rilancia nella volontà di Dio quando i ministeri e i servizi si diversificano, quando aumenta la partecipazione e la corresponsabilità. La Chiesa è paragonata a un edificio (Seconda lettura), dove ogni pietra sta in posti diversi: è questo il sacerdozio di tutti i fedeli, in questo modo la Chiesa cresce nella santità. Siamo tutti diversi per compiere servizi diversi, e tutti necessari, tutti della stessa dignità. E tutti impegnati a vivere nell’umiltà, poiché la pietra fondamentale, la chiave di volta che regge tutta la costruzione, è soltanto e unicamente Gesù Cristo.

4^ Domenica di Pasqua - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 2,14a.36-41)

Pietro esercita il compito pastorale di Gesù annunciando il Crocifisso Risorto. Questo annuncio è potente, suscita nelle coscienze il “cuore trafitto”, da qui Pietro invita tutti alla conversione, per il perdono dei peccati.

Seconda lettura  (1Pt 2,20b-25)

Un’altra forma del ruolo pastorale del Cristo esercitato dalla Chiesa. Il Pastore offre la vita per i suoi, affronta le asperità della Passione, per radunare intorno a sé i dispersi. Su questo esempio, gli apostoli annunciano che si è nella volontà di Dio se si affronta per Gesù anche la persecuzione di chi lo odia.

Vangelo  (Gv 10,1-10)

Non tutti i maestri sono pastori autentici che conducono a buoni pascoli e alla vita. Gesù si dichiara “LA porta”, nessun altro regge il confronto con lui.

Sguardo d'insieme

Cristo risorto è presente nella sua Chiesa con la sua identità di “Pastore”. Era il titolo del re di Israele, incaricato a nome di Dio di condurre il popolo in modo saggio, cioè conforme alla volontà di Dio, per una vita armonica e vissuta nella pace. Questa è stata per lo più un’utopia, sia in Israele che nelle società cosiddette “cristiane”, per le quali la meta del governo sociale è il progresso nell’avere, e marginalmente quello nell’essere. Gesù dichiara il fallimento storico di questo progetto (Vangelo): quelli che sono arrivati prima di lui sono stati ladri e briganti, e i sedicenti pastori diversi da lui sono mercenari ai quali non interessa il vero bene delle pecore. Cristo invece è il pastore buono e vero, lui incarna la via che conduce alla vita piena, al di là e al di sopra del semplice benessere. La Chiesa annuncia e mette in primo piano Gesù, invitando tutti a seguire il Pastore imparando dalla sua vita: in questo modo esercita il suo proprio ministero pastorale. Pietro non ha quindi paura di dichiarare: «Voi l’avete crocifisso» (Prima lettura). Questa dichiarazione di realtà suscita il “dolore”, il dispiacere che porta a invocare il perdono e a imboccare la via della conversione, per infilarsi nella via di una vita assai migliore. «Egli patì per voi lasciandovi un esempio» (Seconda lettura): ancora Pietro, o chi per lui, mostra il Gesù della Passione, il suo annientamento volontario, il gesto di amore supremo e di assoluta libertà, e lo propone come esempio da imitare: la vita cristiana è rivivere quello che fu la vita di Gesù, per passare dalla sofferenza e dall’umiliazione di essere perseguitati per la fede, alla vita piena. Nel cuore della Chiesa, ancora oggi, c’è chi, “pastore”, è chiamato da Dio per vivere con Gesù, essere come lui, mettere davanti alla comunità Gesù Pastore che insegna e guida, offre se stesso e conduce i credenti alla vita piena.

3^ Domenica di Pasqua - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 2,14.22-33)

«Voi l’avete ucciso!»: Pietro invita tutti ad assumere la responsabilità del proprio male. Non per una sterile condanna, ma per annun­ciare che anche il peccato è, nel piano di Dio, occasione per incontrare l’Amore.

Seconda lettura  (1Pt 1,17-21)

Vivere da risorti significa essere cittadini della Patria celeste, abitanti della casa di Dio; quindi vivere questa vita come stranieri, “nomadi”, liberi per servire Dio.

Vangelo  (Lc 24,13-35)

Il Risorto ricostruisce la comunità dei suoi, che nella Passione si era dispersa. I due di Emmaus vivono il passaggio dalla delusione e dal disimpegno, alla gioia e a un nuovo entusiasmo: Gesù ha parlato con loro e ha spezzato il suo pane, come in ogni Messa!

Sguardo d'insieme

Le letture del Tempo di Pasqua ci mostrano l’impatto che la Risurrezione ha avuto sulla prima comunità, e su tutta la Chiesa fino ad oggi. Risuscitando suo Figlio, il Padre ha di certo preso la sua rivincita contro chi lo ha ucciso. Pietro non teme di rinfacciare «voi l’avete ucciso!» (Prima lettura), ma perché solo chi sa riconoscere il peso del proprio peccato può accogliere nel profondo il perdono di Dio. Sulla strada di Emmaus (Vangelo) il Risorto si accosta ai due discepoli spiegando loro le Scritture: la Passione  è parte del piano di Dio, il male dell’uomo esalta la sua misericordia! Nonostante i nostri “No” il Signore ancora ci parla, ancora spezza il suo pane e si dona: poco a poco il cuore si apre e si passa dalla tristezza del fallimento, e dal rimorso per essere scappati mentre lui veniva catturato, a una gioia che dà energie nuove. E’ quel “cuore che arde nel petto” la benzina che spinge la Chiesa ad annunciare il perdono di Dio sempre più lontano. Mentre viviamo in questo oggi, siamo già stati afferrati da Cristo, viviamo orientati a lui (Seconda lettura). S. Francesco così pregava: “Rapisca, ti prego, o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore, la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo...”.

2^ Domenica di Pasqua - Anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 2,42-47)

E’ un quadretto ideale, la nostra meta: una Chiesa vera comunità di fratelli, uniti attorno al Signore che parla per mezzo degli Apostoli, che prega e condivide, in rapporti sereni con “quelli di fuori”.

Seconda lettura  (1Pt 1,3-9)

Vivere gioie e dolori di ogni giorno sempre orientati alla meta finale della risurrezione e della vita piena in Dio: è questa la gioia di chi crede pur non avendo visto, questo è lasciare che la Risurrezione ci tocchi e ci trasformi già oggi.

Vangelo  (Gv 20,19-31)

Mentre nasce la Domenica, Pasqua settimanale (“otto giorni dopo”), Gesù recupera Tommaso, prima assente: anche lui dovrà essere testimone credente e credibile del Risorto. Inizia la missione della Chiesa: annunciare e realizzare ovunque il perdono di Dio.

Sguardo d'insieme

Gli otto giorni di Pasqua sono per la Chiesa un unico giorno di festa. In antico, l’ottavo giorno i battezzati “deponevano” la veste bianca ricevuta la notte di Pasqua, e iniziavano la loro vita cristiana nella comunità. Il progetto originario della Chiesa, il suo DNA, è raccontato da Luca (Prima lettura): una comunione non fatta di “affinità elettive” ma creata intorno a Gesù (lodando lui e spezzando il suo pane), e intorno al ministero degli Apostoli incaricati di perpetuare la memoria delle parole e dei gesti del Signore. Una comunità che ci tiene ad avere buoni rapporti con gli “altri”, e anche quando ciò non accade vive la gioia di sapersi già in comunione con il Signore, già in contatto con la Vita piena (Seconda lettura), perché anche l’oro deve essere purificato con il fuoco. La predicazione apostolica è attendibile perché è testimonianza oculare: per questo anche Tommaso, prima assente dal cenacolo, deve incontrare e toccare il Risorto (Vangelo). Tommaso è l’esempio di come si arriva alla fede: accogliendo l’annuncio degli altri («Abbiamo visto il Signore!») e vedendo i segni della sua carne risorta. Insieme agli altri anche Tommaso sarà testimone del perdono di Dio per tutti noi.

Domenica delle Palme anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 50,4-7)

Compare un anonimo Servo del Signore, che si comporta da vero profeta: uditore della Parola con totale apertura, non resiste a Dio e neanche a coloro che per questo lo perseguitano. È il preannuncio di Gesù che nella sua Passione mette se stesso e il proprio destino nelle mani del Padre.

Seconda lettura (Fil 2,6-11)

Paolo medita la cosa più inaudita del mondo: il Figlio di Dio, uguale al Padre, Creatore e Signore del mondo, per amore annienta se stesso per diventare vicino agli uomini, e ancora per amore entra nella vita piena per condurre gli uomini là dove lui ora vive in eterno.

Vangelo (Mt 26,14-27,66)

Seguiamo il percorso di Gesù dal tradimento di Giuda e di Pietro, al dono di sé nell’Eucaristia, alla sua angoscia nel Getsemani, al giudizio dei Giudei e di Pilato, fino alla morte di croce e alla sepoltura.

Sguardo d'insieme

Inizia la Settimana Santa, o Autentica: quella centrale di tutto l’anno cristiano, poiché è dalla Pasqua che nasce la fede dei discepoli e la loro testimonianza, che ha diffuso la Chiesa in tutto il mondo. Alla Messa principale si commemora l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, e i segni sono l’ulivo (la pace e il perdono di Dio che Gesù reca con la sua morte e risurrezione), l’asino (di cui Gesù ha bisogno per manifestarsi come il vero Re e benefattore), il grido della folla (l’ “Osanna” che nella liturgia precede la consacrazione).
Le letture presentano i due aspetti del mistero pasquale di Gesù. Anzitutto la sua divinità che si abbassa fino ad incontrare i peccatori nel loro stesso campo, quello della sofferenza e della morte (Seconda lettura), e poi la sua umanità di Servo di Dio, profeta obbediente alla Parola che paga la sua fedeltà a Dio e indica a tutti la via che conduce alla vera vita. Infine, il racconto della Passione (quest’anno secondo Matteo) è la testimonianza dei discepoli, che dal baratro della loro lontananza e del loro tradimento hanno visto il Gesto di Gesù che, fedele fino alla fine, è passato, perfettamente solo, attraverso i tribunali umani fino alla morte di croce, per portare a termine il dono di sé per amore dei peccatori, che in ogni Messa si rende attuale con l’Eucaristia, Corpo e Sangue di Gesù offerti per noi, per la nuova ed eterna alleanza.

V° Domenica di Quaresima anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ez 37,12-14)

A un popolo esiliato e scoraggiato, Ezechiele proclama il sogno di Dio: la rinascita, un nuovo inizio per Israele, la nuova alleanza.

Seconda lettura (Rm 8,8-11)

“Se Cristo è in voi...”: anche se battezzati, c’è il rischio di tornare a vivere e a pensare come i pagani. L’appello è ad accogliere lo Spirito di Dio, a pensare secondo Dio e ad agire in modo evangelico: questo significa vivere da risorti in attesa della “beata speranza”.

Vangelo (Gv 11,1-45)

Gesù piange per l’amico Lazzaro che muore: in questa umanità vera, il Figlio di Dio annuncia la sua risurrezione e la risurrezione di quelli che credono in lui, della Chiesa rappresentata dalla fede di Marta e Maria.

Sguardo d'insieme

Giunti ormai alla prossima Pasqua, la Parola di Dio orienta lo sguardo verso la risurrezione e la vita piena in Dio. La rinascita nazionale di Israele, sopo l’esilio a Babilonia, è la promessa di cui si fa portavoce Ezechiele (Prima lettura). Questa promessa viene realizzata da Gesù che, in unione con il Padre, ha il potere di dare la vita ai morti (Vangelo). E’  questa la risposta di Dio al grido dell’uomo: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Gesù opera il segno di Dio, autore della vita, sulla base della fede di Marta: anche nel Battesimo è sulla base della PROFESSIONE DI FEDE che la persona riceve il germe dell’eternità, lo Spirito di Dio che permette a noi, che nasciamo nel tempo, di non finire mai, oltre la morte. Quindi noi già fin da ora siamo sotto l’influsso dello Spirito santo (Seconda lettura); si tratta di vivere in linea con lo Spirito, agendo e ragionando secondo Dio e non secondo il mondo (= la “carne”). Perché l’eternità futura è già viva in noi, e sarà nostra nell’aldilà se già la viviamo nell’aldiqua.

IV° Domenica di Quaresima anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (1Sam 16,1b.4.6-7.10-13)

Dio sceglie sempre l’ultimo per portare avanti i suoi progetti. Davide, il più piccolo, diventa il re e il padre del futuro Messia, Gesù, l’inviato di Dio per guarire la cecità degli uomini e dare loro la loro dignità.

Seconda lettura (Ef 5,8-14)

Se siamo nella luce del Cristo lo si vede se la nostra vita è nella luce. Questo significa rigettare ciò che il Vangelo rigetta, e il coraggio di denunciare apertamente i comportamenti che allontanano gli uomini da Dio e mortificano la loro stessa dignità. Il peccato è forte solo quando riesce a restare nascosto.

Vangelo (Gv 9,1-41)

Il cieco nato viene creato di nuovo come Adamo dal fango della terra. Da allora diventa discepolo di Gesù, anche se questo gli costerà il distacco dai genitori, l’ostilità offensiva dei capi religiosi e l’espulsione dalle istituzioni del suo popolo.

Sguardo d'insieme

Dio sceglie sempre gli strumenti più deboli per realizzare le sue grandi opere. Così fu nella scelta di Davide, il re ideale d’Israele e antenato del Messia (Prima lettura). Come nel racconto della Genesi, Gesù, Messia mandato da Dio per inaugurare la nuova creazione, crea di nuovo l’uomo guarendo il cieco nato mediante un impasto di fango (Vangelo). Ed ecco che lo strumento umile, il cieco divenuto credente in Gesù, rende la sua coraggiosa testimonianza, sceglie per Gesù nonostante l’ostilità dei capi giudei e annuncia Colui che lo ha guarito e lo ha rifatto uomo completo. Il Battesimo è il sacramento che dona luce a chi non ci vede, e permette a chi crede in Gesù di vederne la presenza anche nelle situazioni buie dell’esistenza: il CERO PASQUALE, segno di Cristo risorto, ricorda quello che il sacramento ha fatto in noi. Vivere fedeli al Battesimo (Seconda lettura) significa, anche per noi, restare coraggiosamente ancorati alla luce, e rinnegare apertamente le opere delle tenebre.

III° Domenica di Quaresima anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Es 17,3-7)

Nel deserto si soffre la sete. Israele ha dimenticato la sua liberazione passata e la promessa della Terra, e mormora contro Dio e Mosè.

Seconda lettura (Rm 5,1-2.5-8)

La misericordia del Padre risplende al massimo per il fatto che ci ha dato il suo Figlio proprio mentre eravamo senza alcun merito.

Vangelo (Gv 4,5-42)

Assetato, Gesù si rivela invece la Fontana dell’acqua che l’umanità cerca, dal profondo di una esistenza mediocre e corrotta.

Sguardo d'insieme

La liturgia di oggi ci parla della sete e dell’acqua come simboli della ricerca umana e del Dono che Dio può dare a chi lo cerca. Nel deserto (Prima lettura) Israele soffre la sete: dimenticando la libertà ricevuta, la gente cerca il colpevole e lo trova in Mosè; con lo stesso bastone dell’uscita dall’Egitto Dio fa ancora misericordia al suo popolo. La samaritana (Vangelo) va al pozzo della tradizione (il padre Giacobbe) ma trova la “solita” acqua che lascia intatta la sete: è l’incontro con Gesù la vera novità che le cambia la vita. Una donna dai costumi morali discutibili trova chi parla con lei, accettandola e amandola come una persona umana, e questo la conduce a riconoscere in Gesù l’inviato di Dio, e la spinge a farsi testimone presso gli altri abitanti del villaggio. Il Battesimo ha riversato in noi l’acqua rigenerante dell’amore di Dio (Seconda lettura), e fa di noi dei peccatori amati, dei feriti risanati. Nel segno dell’ACQUA BATTESIMALE siamo stati lavati da un Amore che non ha aspettato che fossimo bravi per amarci, ma amandoci ci rende amabili e ci dona la nostra dignità.

II° Domenica di Quaresima anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 12,1-4a)

Abramo, il nomade, vive la sua vita come un perenne esodo verso la terra che Dio ha preparato per lui e per i suoi discendenti. Anche la vita cristiana è un cammino verso Cristo e la sua luce che non tramonta in eterno.

Seconda lettura (2Tm 1,8b-10)

La Chiesa, fondata sugli apostoli, pur in mezzo a persecuzioni di ogni genere annuncia sempre Lieto Annuncio: Cristo, mandato a noi dalla misericordia del Padre, ha vinto la morte. Chi accoglie con fede questo annuncio, e si affida alla Fonte della vita, passa dalla morte alla vita, giunge alla vera Luce.

Vangelo (Mt 17,1-9)

Gesù superstar: in cima al monte altissimo, verso di lui converge l’Antico Testamento (Legge e Profeti, Mosè ed Elia); volto e vesti più bianche del bianco. Lui è il centro dell’attenzione dei discepoli. Lui è il Figlio che il Padre ama perché compie sempre la sua volontà. Lui è il mandato dal Padre, la sua parola è affidabile.

Sguardo d'insieme

È la “Domenica della Trasfigurazione” (Vangelo). A metà del suo cammino (e a metà circa del Vangelo di Matteo) Gesù anticipa per i discepoli più vicini il lieto fine, la gloria della risurrezione. Matteo descrive Gesù risorto al centro di tutto: in cima all’alto monte egli è il punto di contatto tra il cielo e la terra, il Pontefice che consente, a chi ne ascolta la parola, di entrare in contatto con il Volto di Dio, che nessuno prima aveva mai visto. Di lui parlavano le antiche Scritture, Legge e Profeti dialogano con lui: con Gesù e la Chiesa l’ebraismo giunge allo scopo per cui Dio lo ha fatto esistere. Oggi è la festa dei viandanti: Gesù si avvia verso la sua Pasqua (= passaggio al Padre), Mosè viaggiò con Israele nel deserto vero la Terra promessa, Elia viaggiò in mezzo al popolo richiamandolo alla fedeltà alla legge di Dio. Abramo (Prima lettura) viene chiamato da Dio a uscire dalla sua terra e dalla sua parentela, alle certezze (un po’ monotone) acquisite e al protagonismo umano, per vivere affidato a un progetto più grande di lui, verso una terra che nemmeno conosce. Il Battesimo non è un arrivo, ma la partenza della vita cristiana, avventura di chi cammina per le vie tortuose dell’esistenza tenendo la bussola orientata alla Stella polare che è Dio stesso. Oggi è la festa della luce: i discepoli vedono quella incredibile di Gesù, Paolo (Seconda lettura) chiama questa luce “misericordia”: non per i nostri meriti siamo stati ammessi alla comunione con Dio, ma per amore gratuito. L’impegno del cristiano, amato dal Padre e illuminato dal Risorto, è quello di vivere nella luce, conservando con fedeltà la VESTE BIANCA ricevuta il giorno del suo Battesimo.

I° Domenica di Quaresima anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 2,7-9; 3,1-7)

La voce che spinge a fare a meno di Dio e a rendere soggettivo il senso del bene e del male appartiene alle “origini”, cioè alle basi della realtà come è vissuta dall’uomo oggi. Peccato è che l’astuzia del serpente si ritorce contro l’uomo, la sua libertà e la sua dignità (si ritrova nudo e basta). La vittoria di Cristo, il suo restare nel Padre è vittoria dell’uomo.

Seconda lettura (Rm 5,12-19)

C’è un misterioso legame tra tutti: la vulnerabilità, per cui di fronte alla tentazione la libertà propende per il peccato. Paolo descrive il grande gesto di Dio: ci ha mandato Gesù, Uomo vero, la cui libertà sceglie per Dio. C’è la reale possibilità di vivere tra noi il nuovo legame in Gesù, e il risultato è l’essere giusti davanti a Dio, e di essere ciò che siamo: creature di Dio, figli, per una vita che non ha confini.

Vangelo (Mt 4,1-11)

Stare con Dio non mette al riparo dalla tentazione e dalla lotta: Gesù è spinto dallo Spirito in bocca al tentatore. La lotta contro gli idoli dell’avere, del potere e del piacere, che chiudono l’uomo in se stesso, Gesù l’ha affrontata per tutta la vita, fino alla croce: “Se sei il Figlio di Dio, scendi giù e ti crederemo”, sarai il superstar, tutti crederanno in te... Basta che tu non adori più la volontà del Padre!

Sguardo d'insieme

La Quaresima nasce come preparazione dei catecumeni al Battesimo, la notte di Pasqua. A chi è battezzato,  ricorda la necessità di restare fedeli al dono ricevuto. Il Battesimo, la possibilità di non obbedire solo al male ma anche alla Parola di Dio, sono un DONO dato da Gesù che ci ha amato fino a donarci la sua vita (Seconda lettura), a disposizione per chi crede in questo amore e decide di farne la sua regola di vita. La sconfitta, l’assenso al male, la chiusura in se stessi, l’individualismo di chi ritiene di essere il dio di se stesso, non sono più obbligatorie. La voce del seduttore rimane nel profondo del cuore umano, alle sue “origini” (Prima lettura), ma la vittoria di Gesù, vero uomo, ci dimostra che è possibile vivere in modo diverso. Il Padre ci rivolge la sua Parola e ci mostra Gesù per dirci che è possibile vivere piacendo a Dio. E’ possibile vivere in questo mondo senza obbedire agli idoli dell’avere, del potere e del piacere (= contano solo i fatti miei), che rovinano la vita personale, annullano la relazione con Dio e fanno marcire le relazioni sociali e affettive. Nel segno dell’OLIO DEI CATECUMENI (=l’olio con cui gli antichi sportivi si ungevano per tonificare i muscoli), usato nel rito del Battesimo, con molto realismo ricordiamo che questa possibilità di vivere (nel pieno senso del termine) richiede una lotta senza quartiere contro quella “voce” che ci vorrebbe schiavi, soli e rovinati.

Domenica 8 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 49,14-15)

Israele in esilio si sente castigato da Dio, non vede prospettive alla sua sciagura. Isaia ricorda alla sua gente che Dio non si rimangia la sua alleanza, è come una madre che non può dimenticare suo figlio, e anche di più.

Seconda lettura (1Cor 4,1-5)

Paolo difende se stesso e la sua condotta di capo e maestro nella comunità. Il capo è tenuto a restare servo di Dio, distribuendo alla comunità non roba propria ma le parole e i gesti di Dio. Solo Lui conosce le coscienze e solo Lui può giudicarle con verità. Questa tolleranza garantisce pace nella comunità.

Vangelo (Mt 6,24-34)

La via del Vangelo, via di libertà, si scontra con la catena più robusta che è la brama dell’avere. Essa è un “dio” tirannico che impedisce di cercare la volontà del Padre. Carica la vita di ansia e chiude l’accesso alla felicità di chi è semplice, come i gigli del campo, e sa dire grazie al Padre per ogni cosa.

Sguardo d'insieme

Il “pelagianesimo” è una antica eresia, e insegnava che la libertà umana è capace di realizzare il bene anche senza la grazia di Dio. Il proverbio “aiutati che il Ciel t’aiuta” è sua parente, implica che l’uomo può salvarsi anche da solo (il bene che fa non dipende da Dio), e relega l’Onnipotente a stampella da cui farsi aiutare. I cristiani invece credono che è Dio l’autore di ogni bene che c’è nel mondo, attraverso le mani dell’uomo suo servo. Crediamo che prima ancora di nascere siamo avvolti da un Amore materno che ci precede (Prima lettura), e di esso possiamo fidarci. L’amore assoluto di Dio Padre e Madre viene a noi in forma di gratuità, non dipende dai nostri meriti e ci è dato ancor prima di chiederlo.
La gratuità di Dio diventa il comandamento per i credenti, in particolare per i pastori della comunità, “servi di Cristo, amministratori dei misteri di Dio (Parola e Sacramenti)” (Seconda lettura). Servi di beni ricevuti da Dio, rispondono della loro azione a Lui e a nessun giudizio umano: solo Dio conosce davvero i cuori e la reale dedizione dei suoi ministri.
Amati di amore gratuito, i cristiani sanno guardare la vita senza essere schiavi di quell’ansia tipica di chi crede che tutto dipende dalle sue forze. Ecco la meta cristiana: liberi dalla schiavitù dell’avere, o del temere di non avere abbastanza, o non avere più come prima, per concentrare l’attenzione su una vera e amorosa relazione con Dio e con il prossimo (Vangelo).

Domenica 7 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Lv 19,1-2.17-18)

Il comandamento dell’amore per il prossimo nasce nell’Antico Testamento, e riguarda la solidarietà tra i membri dello stesso gruppo umano o parentela. Gesù estenderà il concetto di “prossimo” a tutte le persone che condividono con noi la vita su questa terra.

Seconda lettura (1Cor 3,16-23)

Ai Corinzi, tentati di fare il culto della personalità dei loro capi, Paolo ricorda che tutti i cristiani, per il loro battesimo, hanno la stessa dignità e sono tempio in cui Dio abita. I veri capi sono al servizio della comunità, così come addirittura lo stesso Cristo ha servito la volontà del Padre in tutta la sua vita.

Vangelo (Mt 5,38-48)

Proseguono i “ma io vi dico” con cui Gesù annuncia la nuova Legge che supera l’Antico Testamento, e va oltre il buon senso dell’uomo qualunque. Contro la vendetta la rinuncia alla violenza; contro l’avidità la libertà dall’avere: è questa la nuova perfezione che rende simili a Dio, che ama senza fare differenze.

Sguardo d'insieme

Già la visione religiosa dell’Antico Testamento non separava l’attenzione a Dio da quella al prossimo: il Levitico, terzo libro della Bibbia (Prima lettura) unisce infatti l’invito ad essere santi a immagine di Dio con l’amore al prossimo. Anzi, rinunciare all’odio, alla vendetta e al rancore è il modo concreto per realizzare la santità davanti a Dio. Anche Gesù insegna che imitare Dio significa rinunciare alla vendetta (Vangelo), tuttavia la proposta cristiana va ben al di là. Il concetto di “santità” viene spiegato come “essere perfetti”, e questa perfezione è imitare nelle relazioni con gli altri lo stile di Dio, che dona sole e pioggia a buoni e cattivi. La santità cristiana cresce con il crescere di un amore senza preferenze, la Nuova Alleanza non limita l’amore a chi è vicino (per parentela, simpatia, modi di pensare) ma lo estende sempre più in su, sempre più in là. Amare solo gli amici e restituire il male ricevuto appartengono a una giustizia solo umana, a una religiosità naturale del buon senso comune. Amare i nemici, praticare la non-violenza rende figli di Dio, uguali al Padre, e permette di sconfiggere nel proprio cuore la violenza che opprime la vita umana nel mondo. Paolo ricorda, a una comunità litigiosa, che la persona (se stessi e gli altri) ha l’immensa dignità di essere il Tempio dove Dio stesso abita: vera sapienza è cogliere la presenza del Signore nel volto di ogni uomo, facendo coincidere l’amore per Dio con quello per il prossimo (Seconda lettura).

Domenica 6 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sir 15,15-20)

La Parola di Dio indica il vero bene dell’uomo, ma non è che una proposta: scegliere la vita e rinunciare alla morte non è automatico, ma frutto di un “sì” quotidiano, mai scontato.

Seconda lettura (1Cor 2,6-10)

Entrando nel mondo, il Figlio di Dio ci ha mostrato il progetto del Padre per costruire una vita umana di qualità. Colui che teme Dio osserva le parole e le azioni di Gesù, le tiene in massima considerazione e impara.

Vangelo (Mt 5,17-37)

Con autorità incredibile, Gesù ripropone la Legge dell’Antico Testamento nel suo spirito pieno: l’accordo tra osservanza esteriore e motivazioni interiori. Addirittura, norme contrarie alla volontà di Dio vengono abrogate.

Sguardo d'insieme

Di fronte alla libertà umana stanno sempre due strade possibili: farsi dio o affidarsi a Dio, chiudersi alla realtà o aprirsi ad essa. La Bibbia parla di vie di bene e male, vita e di morte (Prima lettura). La proposta è quella di aprirsi a un Altro, a Dio che ha progettato ogni cosa con un ordine interno (la Bibbia chiama questo progetto “sapienza”): ascoltare la realtà profonda delle cose è via alla vita e alla vera felicità, l’uomo è “programmato” per essere in relazione con la realtà. Il piano di Dio (sapienza) è stato nascosto in ogni cosa dall’eternità; Gesù è venuto tra noi per dirci cosa piace a Dio e cosa è “ordine di vita” (Seconda lettura). Ciò che era nascosto nell’Antica alleanza viene svelato nella Nuova: i comandamenti antichi, fatti di pratiche esterne al cuore, vengono spiegati – compiuti da Gesù (Vangelo). E in qualche caso anche abrogati (divorzio), quando non corrispondevano al progetto del creatore, per la gioia dell’uomo e della donna.

Domenica 5 del Tempo Ordinario anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 58,7-10)

Dai frutti si vede l’albero. Il digiuno e la preghiera sono graditi a Dio se non sono gesti o parole vuote, fatte magari per abitudine o pensando ad altro, ma spingono la persona a considerare gli altri come veri fratelli. Questa è la “giustizia” che guarisce se stessi e gli altri, e ci fa andare a testa alta.

Seconda lettura (1Cor 2,1-5)

Cristo crocifisso è il grande amore di Paolo perché prima egli si è sentito amato da Gesù fino alla fine. La croce diventa metodo della sua missione e stile di vita: Paolo non sogna il prestigio, sa che gli strumenti semplici sono quelli che Dio usa per fare le sue grandi cose.

Vangelo (Mt 5,13-16)

Sale della terra e luce del mondo: è Gesù entrato nel mondo, e sono i cristiani che vivono nelle Beatitudini. Con la loro vita buona essi sono luce, non devono aver paura di essere visibili: Dio ha posto la Chiesa sul monte, per essere ben visibile e credibile.

Sguardo d'insieme

I profeti dell’Antico Testamento non richiamavano a una religiosità teorica o fatta di riti, anzi ricordano ancora oggi che non si può credersi fedeli a Dio se non si è fedeli all’uomo e alla sua dignità. Isaia dichiara che la guarigione del tessuto sociale, segno della presenza di Dio con il suo popolo, Dio la realizza insieme all’impegno del popolo a ricompattarsi attorno ai bisogni degli ultimi (Prima lettura). Anche la Chiesa, nuova Gerusalemme, città di Dio e accogliente per gli uomini, deve risplendere come luogo in cui si vive e si annuncia la vera fede, l’incontro don Dio che risulta vero quando l’uomo vive nella luce e nella pace. La Chiesa è depositaria dei veri valori umani, è luce che non può restare nascosta (Vangelo), anzi ama “insaporire” tutti gli ambienti in cui l’umanità vive quotidianamente, in collaborazione sincera con tutti gli uomini di buona volontà, che cercano il bene vero per tutti. Per questo lo scopo della Chiesa non è affermare se stessa, ma l’uomo, sapendo che la persona trova il vero bene quando vive in Cristo. Paolo ne è certo (Seconda lettura): con mezzi semplici ma con tutto il suo amore per Gesù, egli non annuncia ciò che l’egoismo ama sentirsi dire, ma Cristo Crocifisso che si è fatto servitore della salvezza e della gioia di tutti.

Domenica 3 del Tempo Ordinario - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 8,23-9,3)

Il profeta annuncia l’intervento di Dio, il dono di una nuova luce fino ai confini del popolo di Israele. Luce che guida i passi e mette finalmente la gioia dopo i tempi della prova.

Seconda lettura (1Cor 1,10-13.17)

A una comunità afflitta dalle divisioni in fazioni, Paolo ricorda che una sola è la croce di Cristo, e i buoni operai del Vangelo sono a servizio della fede in Gesù, ognuno secondo il suo proprio ruolo nella comunità. La Chiesa nel mondo testimonia l’unico Gesù mediante un solo parlare, pensare e sentire.

Vangelo (Mt 4,12-23)

Mentre la voce del Battista ormai tace, Gesù esce dal lungo silenzio degli anni di Nazaret e inizia la sua vita pubblica. Egli è il Regno che si è fatto vicino e chiama tutti a conversione. Il Regno inizia ad allargarsi quando sorge la comunità dei discepoli, chiamati a stare dietro al Maestro e a condividere la sua missione: (ri)pescare gli uomini e guarirli portandoli al Padre.

Sguardo d'insieme

Senza Dio, affidato alle sue sole forze, l’uomo finisce per credersi il signore del mondo. Il dolore e il male ricordano a tutti che siamo creature, la nostra felicità consiste nella relazione con Dio, il vero Signore, e con gli altri, all’insegna della pace. Su una umanità immersa nel buio della lontananza da Dio, il profeta Isaia annuncia l’arrivo di una Luce nuova (Prima lettura), la possibilità di vivere la vera gioia e la vita piena in un mondo rinnovato. Questo mondo nuovo è, nel Vangelo, il “Regno di Dio”. Esso è prima di tutto la stessa persona di Gesù, l’Uomo nuovo che vive come piace a Dio; insieme con lui, poi, anche i discepoli, chiamati a non vivere più per se stessi ma a stare con lui (Vangelo), e a proseguire la sua missione portando la luce del Vangelo nel mondo, diventando «pescatori di uomini». Una luce che ha il potere di guarire, di aprire le persone a un futuro migliore. La Chiesa è segno del mondo nuovo quando non ragiona secondo il mondo, quando non diventa luogo di divisioni e di conflitti, dove ciascuno cerca di affermare se stesso. A Corinto, Paolo deve ricordare che al centro della fede di ciascuno c’è il Cristo crocifisso; egli ha dato se stesso non per essere il padrone ma per servire la gioia e la salvezza di tutti (Seconda lettura). La vera felicità ti entra nel cuore quando vedi intorno a te qualcuno che sorride, anche grazie al tuo contributo.

Domenica 2 del Tempo Ordinario - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 49,3.5-6)

Isaia annuncia l’arrivo di un “servo di Dio” scelto da prima della nascita per riunire il popolo di Dio dalla dispersione dell’esilio a Babilonia. Ma non solo: egli porterà la Parola di Dio come luce per tutti i popoli.

Seconda lettura (1Cor 1,1-3)

L’Apostolo saluta la comunità di Corinto. Tutti sono chiamati da Dio ad essere santi – graditi a Lui: Paolo perché apostolo del Vangelo, e i cristiani perché “invocano il nome di Gesù”, cioè affidano a lui la loro vita.

Vangelo (Gv 1,29-44)

Mentre gli altri Vangeli raccontano l’episodio del Battesimo di Gesù, Giovanni medita il suo significato con la bocca del Battista. Giovanni testimonia che Gesù è l’Agnello che scarica i peccati di tutti portandoli su di sé; il Messia sul quale riposa lo Spirito di Dio, l’Uomo guidato dalla volontà del Padre; il Figlio di Dio che mostra con tutta la sua persona il volto del Padre.

Sguardo d'insieme

Mentre gli altri Vangeli raccontano il fatto del battesimo di Gesù, Giovanni ne fa il “reportage” sulle labbra del Battista (Vangelo). Egli è il testimone affidabile, che racconta ciò che ha visto e conosciuto: il Battista è precursore di Gesù (vero testimone del Padre perché è suo Figlio) e della Chiesa apostolica, che annuncia Colui che ha visto, udito, toccato. Il Gesù visto dal Battista è l’agnello di Dio che, come il “capro emissario” della festa ebraica del Kippur (Levitico 16), si fa carico dei peccati di tutti e li fa morire morendo lui stesso (la stessa cosa viene dichiarata nella Messa prima di fare la Comunione: «Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo...»). Gesù è il Messia sul quale riposa lo Spirito di Dio: Gesù è l’uomo perfetto perché mosso dallo Spirito di Dio, fa sempre ciò che a Dio piace. Mosso dallo Spirito, Gesù è il Figlio di Dio, non parla solo del Padre ma egli È il volto del Padre: guardando e ascoltando Gesù vediamo e ascoltiamo Dio. Nell’umiltà del suo battesimo insieme ai peccatori e per loro, si realizza la profezia del “Servo di Dio” (Prima lettura), scelto e mandato da Dio per riunire il suo popolo disperso e per fare da punto di riferimento per tutti i popoli. Anche Paolo (Seconda lettura), salutando i cristiani di Corinto, parla di se stesso e di loro come “chiamati” alla santità: significa che in tutti i tempi la Chiesa apostolica, “serva” del Vangelo per il bene di tutti, annuncia la Parola del suo Signore, da la sua testimonianza (come il Battista) perché tutti possano arrivare alla santità, alla comunione con Dio incarnando nella vita il Vangelo che è la persona stessa di Gesù.

Domenica 1 del Tempo Ordinario - anno A - Battesimo di Gesù

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 42,1-4.6-7)

Una delle immagini del Messia è quella del “Servo di Dio”: scelto da lui, rivestito del suo Spirito per fare la sua volontà: portare giustizia, sostenere la speranza, insegnare la verità. Farà questo con la solidità della sua fiducia in Dio, con una persuasione non violenta.

Seconda lettura (At 10,34-38)

Per la prima volta la Chiesa si apre alle genti: non si è graditi a Dio per nascita, ma per l’adesione personale a lui. Gesù è venuto per beneficare tutti. Accoglierlo significa avere fede, vivere una vita rinnovata, degna di coloro che sono battezzati.

Vangelo (Mt 3,13-17)

Il battesimo di Giovanni era un segno di penitenza e umiltà: il servo battezza il suo Signore, Colui che è l’amato del Padre ed è condotto dallo Spirito Santo si abbassa insieme ai peccatori. La giustizia di Dio è una misericordia che si china sull’umanità malata. Vivere nella giustizia, essere battezzati è fare come Gesù, vivere come piace al Padre.

Sguardo d'insieme

E’ la terza manifestazione “natalizia” di Gesù, dopo il suo arrivo nel segreto umile di Betlemme (Natale), e la sua manifestazione alle genti lontane (Epifania). Con il suo battesimo Gesù, giunto alla maturità umana, inizia la sua vita pubblica e il suo ministero come “Servo di Dio” (Prima lettura), che usando le sole armi della Verità e della Parola di Dio si avvia a servire l’umanità che sta aspettando la luce. Pietro (Seconda lettura) interpreta questo battesimo come il punto di partenza di un cammino che, attraverso l’opera di Gesù e la predicazione cristiana, va sempre più oltre, al di fuori dei confini di Israele, al di là dei pregiudizi umani, per incontrare ogni uomo per portare agli estremi confini della terra la Parola e l’Amore di Dio. Il Vangelo racconta l’episodio mettendo in rilievo alcuni particolari. Anzitutto il curioso gioco delle parti tra Gesù il Signore, e Giovanni il servo: il Signore, l’unico Giusto, prosegue la sua incarnazione mescolandosi in mezzo ai peccatori. Nel profondo delle acque, simbolo biblico delle potenze dell’oscurità, ostili a Dio e minacciose per l’uomo (l’acqua dà vita ma anche morte), il Figlio di Dio è la perla luminosa, l’Amato dal Padre che ama il Padre e che fa solo ciò che gli piace, l’uomo nuovo e perfetto che è condotto dallo Spirito di Dio. Per il cristiano, il battesimo è conseguenza della fede: riconosciamo che siamo amati, scelti per essere figli di Dio, e decidiamo di vivere anche noi la nostra libertà in sintonia con lo Spirito di Gesù, per fare solo ciò che piace al Padre.

Domenica 2 del Tempo di Natale

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sir 24,1-4.12-16)

La Sapienza, l’ordine con il quale Dio ha creato il mondo, è il segreto profondo di Dio, ma anche si muove verso il mondo, come un nomade tira su la tenda in mezzo al popolo che Dio ama. E’ profezia dell’Incarnazione.

Seconda lettura (Ef 1,3-6.15-18)

L’Apostolo ha capito il progetto di Dio sull’umanità e lo annuncia. Dio ha creato gli uomini per essere suoi “partners”, figli amati, che vivono in sintonia con Lui (“santi e immacola-ti”). E’ questa l’immensa dignità dell’uomo, creato per essere illuminato dallo splendore di Dio e giungere alla vita e alla gioia piena.

Vangelo (Gv 1,1-18)

La Parola che ha creato il mondo si avvicina ad ogni uomo, cerca un interlocutore, pianta la tenda per ospitare ogni cercatore di verità. Giovanni grida a tutti questa iniziativa divina, la Chiesa nel mondo si propone come dimora della Luce, tenda dell’incontro con la Parola e il Pane.

Sguardo d'insieme

“La Parola si è fatta carne e ha piantato la tenda in mezzo a noi”. E’ questo il ritornello del Salmo e di tutte le letture della Messa di oggi. La Sapienza di Dio, l’architetto della creazione, lascia tracce di sé nel mondo, cammina tra gli uomini, cerca un popolo con cui abitare, trova Israele e, prendendo la forma della Legge di Mosè, diventa la guida e la saggezza del popolo di Dio in cammino nella storia (Prima lettura). Lo stesso itinerario, che ha portato la Parola di Dio a diventare il ponte di comunicazione tra Cielo e terra, è raccontato dall’apostolo Giovanni (Vangelo): ora però la Sapienza di Dio, proposta ad ogni uomo, non è più la Legge ebraica ma la persona stessa di Gesù di Nazaret, vero Dio “nel seno” del Padre e vero uomo perché “si è fatto carne”. Accogliere Gesù significa ricevere la Vita che egli possiede in pienezza, vedere la Luce che dirige bene ogni passo; è la scommessa della fede, si può anche non accogliere Gesù e rimanere al buio. L’apostolo Paolo (Seconda lettura) ripete oggi e sempre che Dio Padre non vede l’ora di benedirci e di ricolmarci di ogni conoscenza; egli ci ha chiamati ad essere “santi e immacolati”, a rispondere di sì all’Amore che ci ha dato tutto.

Domenica 1 del Tempo di Natale - anno A - Sacra Famiglia

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sir 3,3-7.14-17a)

L’ordine della natura guida genitori e figli gli uni verso gli altri. Vivere la comunione tra le generazioni, nel rispetto e nella compassione, è gradito a Dio e in linea con la sua Legge.

Seconda lettura (Ef 3,12-21)

Chiesa, grande famiglia di Dio, e famiglia umana, piccola Chiesa: sono le due dimensioni base della vita cristiana, chiamate a vivere lo stesso stile: apertura e tenera cura reciproca, unanimità del sentirsi e del vivere come un solo Corpo, fede e lode a Dio per i suoi benefici, reciproca obbedienza e servizio.

Vangelo (Mt 2,13-15.19-23)

Anche se non è figlio suo, Giuseppe prende sul serio la sua responsabilità di padre e di marito. Ispirato dalla sua fede capisce cosa deve fare, e la fa semplicemente, senza dire una sola parola di commento...

Sguardo d'insieme

La Domenica nell’Ottava di Natale, la liturgia della Chiesa medita sul mistero della Famiglia di Nazaret. Come nel bambino Gesù coesiste lo stesso mistero infinito di Dio, così nella sua quotidianità la santa Famiglia vive e testimonia l’immensità dell’amore. Nel piano di Dio (Prima lettura) la famiglia è l’ambito dove si vive la fede, l’accoglienza dell’altro, la compassione e il rispetto. Nell’ottica cristiana (Seconda lettura), Chiesa e famiglia cristiana sono l’una specchio dell’altra, chiamate a vivere la semplice lode a Dio per i suoi benefici, la pazienza reciproca, quell’amore che ti spinge a essere servo della gioia del “noi” e non il padrone. Giuseppe (Vangelo) è l’esempio dell’uomo adulto e forte, vero uomo e vero credente, dal senso pratico, aperto a capire – nelle varie situazioni della sua casa – cosa Dio gli chiede e pronto ad agire senza discutere. Una follia secondo il mondo, ma questa è la legge dell’amore vero.

Domenica 4 del Tempo di Avvento - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 7,10-14)

Isaia, cappellano e profeta di corte, invita il re a rivolgersi a Dio, per capire come fare le sue scelte in armonia con il piano di Dio. Ma il re, con il pretesto dell’umiltà, preferisce mettere da parte Dio e fare di testa propria.

Seconda lettura (Rm 1,1-7)

Gesù è l’unico interesse di Paolo, Gesù nato e risorto è il Vangelo che egli annuncia fino a Roma, cuore dell’impero. La Chiesa prosegue questo annuncio nella città degli uomini, chiamando tutti a mettere liberamente la propria vita nelle mani buone del Signore.

Vangelo (Mt 1,18-24)

Mentre Luca è attento a Maria, Matteo ci parla volentieri di Giuseppe. Egli è l’uomo giusto, il capofamiglia affidabile al quale Dio affida il mistero della gravidanza di Maria. Egli dovrà dare il nome a Gesù, inserendolo nella storia degli uomini. Uomo di fede e persona pratica, obbedisce senza discutere.

Sguardo d'insieme

Si può vivere il prossimo Natale solo come un insieme di buoni sentimenti; in realtà è una nuova e provvidenziale occasione per accogliere la Parola di Dio nell’intelligenza e nella propria vita, con il coraggio di chi vuole dare una svolta e una nuova qualità alla propria vita. Mentre il re deve prendere una decisione di politica estera, il profeta di corte, Isaia (Prima lettura), gli chiede di farlo da credente; in quel caso, il re preferisce mettere Dio da parte, andare per la propria strada, ignorare la Parola di Dio, e tuttavia la Parola interverrà in questo dialogo tra libertà umana (che si può opporre) e libertà divina (che realizza i suoi progetti). Al contrario, il Vangelo racconta di chi la Parola l’accoglie con obbedienza e accetta di cambiare le proprie scelte: si tratta di Giuseppe, uomo coraggioso, che assume il rischio di essere determinante nel piano di Dio, che ha per scopo il bene di tutti. Grazie all’obbedienza di Giuseppe e Maria la Parola entra nel mondo, e interpella ogni uomo in ogni ambiente per il mezzo degli apostoli (Seconda lettura) e della Chiesa scelta e inviata per portare la stessa Parola, lieto annuncio per chi lo vuole accogliere.

Domenica 3 del Tempo di Avvento - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 35,1-6.8.10)

A un popolo esiliato e tentato di lasciare ogni speranza, il profeta annuncia il piano di Dio: costruire una “via santa” per l’incontro con il suo popolo e l’avvento della gioia. Fidarsi di Lui permette di riprendere coraggio.

Seconda lettura (Gc 5,7-10)

Come il contadino attende il frutto del suo lavoro sperando nella collaborazione della natura, così il cristiano persevera, decisamente orientato verso il Signore, in modo paziente e tenace, sapendo che Dio farà la sua parte e verrà.

Vangelo (Mt 11,2-11)

Giovanni Battista è l’uomo della forza della Parola di Dio, ma anche l’uomo della ricerca e del dubbio. Egli è l’ultimo dei profeti, perché indica Colui che era atteso. Ma è più piccolo dei cristiani, perché loro hanno il Signore sempre con loro. Cercare è bene, trovare è ancor meglio.

Sguardo d'insieme

DOMENICA DELLA GIOIA. Di fronte allo scetticismo e al fatalismo che inquinano la vita, e che sono causa ed effetto della mancanza di fede in Dio, la sua Parola mantiene il coraggio di aprirci orizzonti più  grandi. Il profeta (Prima lettura) annuncia che Dio intende intervenire della storia umana, per soccorrere il suo popolo e costruire una strada che renda possibile l’incontro con Lui; questo è il motivo per ritrovare coraggio e affrontare le avversità della storia umana. San Giacomo (Seconda lettura) sprona alla perseveranza tenace una comunità tentata di non sperare più; ad essa egli ricorda che il raccolto è possibile solo dopo che tutto il ciclo delle stagioni si è compiuto; ricorda anche l’esempio di coloro che, prima di noi, hanno creduto e sperato in Dio. Infine, il Vangelo ci mostra un Giovanni Battista nel dubbio: “Sei tu Colui che deve venire?” La crisi fa parte del percorso della fede, e si supera aprendo gli occhi alla realtà: i miracoli di Gesù sono la prova che il Regno di Dio è già presente e attivo, anche se non avvicina le persone in modo trionfalistico e violento. Nessuno è costretto a credere, bisogna fare la fatica di indagare e vedere i segni di luce che lo Spirito ancora oggi opera insieme alle nostre povere e semplici mani.

Domenica 2 del Tempo di Avvento - anno A - Immacolata Concezione

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 3,9-15.20)

L’origine di ogni peccato è la pretesa dell’uomo di mettersi al posto di Dio, decidendo da sé cosa è bene e cosa è male. Questa confusione di ruoli crea una spaccatura tra uomo, donna e natura. Ma già la Parola di Dio contiene la promessa della redenzione...

Seconda lettura (Rm 15,4-9)

La Parola di Dio unisce a lui, dando istruzione e sostegno a chi l’accoglie. Questa comunione con Dio diventa vera e visibile quando si allarga in accoglienza reciproca, come Cristo ci ha accolti assumendo la nostra umanità.

Vangelo (Lc 1,26-38)

L’Immacolata è colei che non dice mai di no alla volontà di Dio; accettando la sua maternità del tutto speciale Maria diventa serva del progetto di Dio e serva dell’umanità: suo Figlio Gesù, discendente del re Davide, regnerà per sempre e per il bene di tutti.

Sguardo d'insieme

La Chiesa, nella sua lunga tradizione e per mezzo della bocca del Papa, riconosce in Maria l’Immacolata concezione: Maria è la prima dei salvati dalla Pasqua di Gesù, la figlia di Dio che sempre fa la sua volontà, la donna nuova segno di una umanità che vive in comunione con Dio, il Santo dei Santi. La liturgia ci propone la Madre di Gesù, una di noi, come esempio di vita e avvocata per il popolo. Affinché la sua discendenza potesse schiacciare l’antico Male (Prima lettura), doveva somigliare al suo Figlio: Lui vero Dio e vero uomo, lei vera donna e vera cristiana. Il progetto di Dio, che ha scelto Maria per appartenere a Lui, riguarda anche ogni uomo e donna (Seconda lettura): santità è comunione con Dio, Creatore e Padre, ed è la vera gioia che Dio ha preparato per i suoi figli. Per tutti. A tutti, Dio rivolge la sua Parola, tutti Dio chiama a svolgere una missione importante per il bene del mondo, missione certamente superiore alle sole forze umane. Nel caso di Maria, Dio ha rispettato la sua volontà di restare vergine per Lui e nell’amore per Giuseppe, e le ha chiesto di generare il Messia salvatore del mondo. Diventa santo, immacolato davanti a Dio e per il bene del mondo il cristiano che, con Maria, dice “Eccomi, sono il servo / la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola”.

Domenica 1 del Tempo di Avvento - anno A

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 2,1-5)

Il profeta vede e annuncia il progetto di Dio: un mondo rinnovato e pacificato, il cui centro è Gerusalemme, meta del cammino di tutti i popoli.

Seconda lettura (Rm 13,11-14a)

Attendere il Signore che verrà non significa stare con le mani in mano, ma ci rende responsabili delle nostre scelte. La Parola ci mette in guardia dal sonno della coscienza, che porta pian piano ad adorare le trasgressioni del mondo, rinunciando a vivere in pieno, a ignorare Colui che è più vicino a noi di quanto possiamo pensare.

Vangelo (Mt 24,37-44)

Gesù invita a imparare una lezione dal passato: tutti guardavano ma nessuno aveva capito perché Noè stava costruendo l’arca. Si fanno tante cose ma a volte senza intelligenza, senza capire che ogni opera umana avrà fine. Quando Gesù tornerà, e con lui il rinnovamento di ogni cosa, si vedrà la differenza tra chi viveva dormendo e chi invece vigilava.

Sguardo d'insieme

L’anno liturgico inizia da dove era finito domenica scorsa: lo sguardo sulla meta, la vita piena in Dio e in comunione con ogni creatura. La meta viene “vista” dal profeta (Prima lettura) come una situazione definitiva di pace universale, non solo tra i popoli ma tra ogni creatura. Esortando alla vigilanza, il Vangelo dichiara che Dio si accinge a creare il mondo nuovo ponendo fine a quello vecchio: la conversione a un SI’ più forte a Dio richiede per forza la decisione di alcuni NO a ciò che occupa il cuore espellendone Dio e la sua Parola. Conservando il senso della Sua presenza nella nostra vita, eviteremo di essere colti di sorpresa quando Egli verrà, e di essere già in questa vita tagliati fuori dal bene che Dio ha già iniziato a creare. Quali sono i segni che Dio sta per iniziare qualcosa di nuovo? La stessa presenza di Gesù, la sua Parola e i suoi miracoli; ancora oggi vigilare significa cercare e trovare i segni della sua presenza nella Parola, nei Sacramenti, nella bontà e bellezza che ancora c’è nel mondo. Nelle tenebre dell’oggi, il Giorno è già vicino (Seconda lettura) e questa realtà, che solo la fede riesce a vedere, diventa impegno a vivere degni della luce: impegnati a costruire il Regno di Dio a partire da noi stessi, gioiosi perché questa Presenza è già attuale.

Domenica 34 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (2Sam 5,1-3)

Brevemente viene descritta una svolta nella storia ebraica: la nascita della monarchia. Da questa concezione nascerà l’attesa del Messia come Re, che viene a gestire le realtà del mondo secondo il progetto di Dio e con giustizia per i deboli. Realtà incarnata da Gesù.

Seconda lettura (Col 1,12-20)

Paolo vede il mistero di Gesù e lo annuncia. Il primato regale di Cristo risorto coinvolge il suo Corpo, la Chiesa. Essa viene santificata dal suo perdono, ne è riconoscente e si trova ad essere nel mondo una “estensione” del Signore, forza che attrae tutti a Gesù.

Vangelo (Lc 23,35-43)

Gesù manifesta il suo potere di Re non affermando se stesso in modo spettacolare, scendendo dalla Croce. Non costringe a credere in lui. Anzi dialoga con la coscienza di chi si rivolge a lui (il “buon” ladrone), guarda la persona con amore e così la attira alla Vita.

Sguardo d'insieme

Concludendo l’anno liturgico, la Chiesa proclama la sua fede in Cristo morto, risorto, Re dell’universo. Forse è una immagine poco “popolare”, e che può anche essere utilizzata in senso ideologico, ad esempio come simbolo di un progetto di potenza e di dominio della Chiesa nel mondo, e di intolleranza (religiosa e culturale). Questo può essere l’ideale umano di “regalità”; la Parola di Dio chiarisce che Dio coltiva ben altri progetti. Nell’Antico Testamento (Prima lettura) la monarchia nasce come alleanza tra il re e il popolo di Dio, quindi ha la caratteristica del servizio, in nome di Dio, alla gente e in particolare alle fasce più svantaggiate. La monarchia in Israele nasce su basi molto diverse dalle altre monarchie antiche (e più recenti), e il Messia Re si porrà in questa linea. Il Vangelo parla proprio di un Signore Crocifisso, non potente anzi deriso e messo alla prova nel momento della sua massima debolezza umana; un vero Re che ha per solo scopo la salvezza del mondo, quindi anche del ladrone che si rivolge all’Innocente con fiducia. San Paolo (Seconda lettura) proclama il primato di Gesù, immagine di Dio e immagine della creazione come deve essere nel progetto del Padre. Ma egli utilizza queste sue qualità per il bene e la salvezza: come Capo della Chiesa, suo corpo, e attraverso la missione della Chiesa, egli continua ad attirare a sé chiunque si lasci attirare, riconcilia con Dio chi ne sente il bisogno, offre la vita eterna e la risurrezione a chi lega a lui la propria vita e la propria speranza.

Domenica 33 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Mal 3,19-20a)

“Malachia” significa “messaggero”. Il messaggio che ci viene dal 5° secolo avanti Cristo è: «Per quanto dure siano le prove, non lasciatevi andare allo scoraggiamento, Dio interverrà, forse anche lo sta già facendo».

Seconda lettura (2Ts 3,7-12)

Paolo, padre della comunità, pone se stesso come esempio di vita laboriosa. L’attesa dell’intervento di Dio non giustifica il disimpegno, anzi stimola l’azione, come l’apostolo ha fatto per non essere di peso a nessuno.

Vangelo (Lc 21,5-19)

La vita cristiana non mette al riparo dalle persecuzioni, ma permette di riconoscere le voci della menzogna e respingerle: chi dice che questa vita è già tutto, e non bisogna aspettare di meglio. Invece il meglio ci sta davanti, quando Gesù tornerà e ci avrà trovati perseveranti nella speranza.

Sguardo d'insieme

Lo sforzo umano che da sempre cerca di migliorare il mondo e le condizioni di vita sono la prova che il cuore non si accontenta di ciò che è l’oggi, ma aspira a una vita piena; creati a immagine di Dio, siamo fatti per l’eternità e l’infinito. Il dolore e la fatica, le prove delle varie epoche però possono abbattere la speranza nel domani (Prima lettura) per questo la Parola tiene aperti gli orizzonti: Dio interverrà e metterà in luce il bene e chi lo fa, smascherando chi basa i suoi progetti sull’ingiustizia. C’è anche un modo sbagliato di confidare nell’intervento di Dio: dare le dimissioni dalle proprie responsabilità, rinunciare a costruire - anche con fatica - un mondo migliore degno dell’eternità (Seconda lettura). Il cammino del cristiano è difficile, nel campo minato delle seduzioni di chi vuole ingannare i deboli; un esempio: credere che l’umanità è esaltata quando Dio viene messo da parte. Chi non si allinea è a rischio di persecuzioni, incomprensioni... Ebbene, “con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (Vangelo).

Domenica 32 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (2Mac 7,1-2.9-14)

In un racconto eroico di resistenza ebraica contro gli occupanti greci, abbiamo una delle prime testimonianze della fede nella risurre­zione dei morti, che nel giudaismo dei tempi di Gesù viene sostenuta dai farisei.

Seconda lettura (2Ts 2,16-3,5)

La comunità di Tessalonica è giovane, per questo pregando deve chiedere a Dio di essere consolidata nella fede e nella pratica del bene. Ma deve anche aprirsi al mondo, accompagnando con la preghiera anche Paolo nei suoi viaggi missionari.

Vangelo (Lc 20,27-38)

Gesù si confronta con chi non crede nella risurrezione dei morti, e riafferma questa verità: Dio è Dio dei vivi e dei morti, il progetto del Creatore è che la vita duri eternamente. E' il desiderio profondo del cuore umano, e la grande promessa dell'amore di Dio.

Sguardo d'insieme

Avvicinandosi al suo termine, le letture dell'anno liturgico ci propongono i “novissimi”, le realtà ultime che stanno al termine della vita e la aprono all’eternità: sono cose cui si pensa poco, ma essenziali per la fede cristia­na. Cristo è risorto, per questo la vita dell’aldiqua è aperta all’aldilà. L’idea di risurrezione dei morti, e non solo della sopravvivenza dell'ani­ma, si afferma in Israele poco a poco, come testimoniato dalla Prima let­tura. (il secondo libro dei Maccabei è di intorno al 150 avanti Cristo). La speranza nella risur­rezione e nel giudizio di Dio contro i nemici del suo popolo sostennero la resistenza di Israele contro le persecuzioni dei pagani. Ai tempi di Gesù la situazione è aperta: i sadducei (sacer­doti del tempio) negano la risurrezione, a differenza dei farisei (e di Gesù con loro). Nel Van­gelo Gesù si rifà alle Scritture per affermare che Dio è Dio dei vivi e non dei morti, il suo pro­getto creatore va oltre la vita terrena. San Paolo (Seconda lettura) esorta i cristiani di Tessalonica a conservare la fiducia nel Signore: egli ha per i credenti una “consolazione eter­na”, e questo li sostiene nella loro perseveranza quotidiana e nella loro lotta contro il potere del Maligno.

Domenica 31 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sap 11,22-12,2)

Il saggio riflette sul Dio creatore. Egli è assolutamente più grande, ma verso ogni creatura usa bontà e pazienza: Dio è davvero amante della vita! Usa pazienza anche verso il peccatore per dargli il tempo per convertirsi.

Seconda lettura (2Ts 1,11-2,2)

Anche se non è imminente, il ritorno del Signore alla fine è per noi una certezza. E’ quindi molto importante vivere l’oggi: tenere il bene come obiettivo e raggiungerlo, cioè far sì che la fede in Gesù diventi comportamento come piace a lui. La sua potenza ci assiste in questo.

Vangelo (Lc 19,1-10)

Zaccheo è un vero “cattivo”: un esattore delle tasse (= pubblicano) che si è arricchito alle spalle della gente, e pure un servo dei romani occupanti. Ma Gesù lo guarda e lo ama, e questo gli dà la forza di cambiare vita. E di ritornare da fratello in società.

Sguardo d'insieme

Per non essere confusa con il buonismo, la misericordia di Dio si manifesta in pieno quando viene in luce il peccato: è lì che il Dio amante della vita (Prima lettura), origine di tutte le cose, ripara le fratture della creazione, supera il male liberamente fatto dall’uomo, crea bellezza e armonia pazientando con il peccatore e perdonando chi si rivolge di nuovo a Lui. L’amore del Creatore per la creatura, anche quella che si è abbrutita, è tutto nello sguardo di Gesù alzato verso Zaccheo (Vangelo), piccolo di statura e di umanità. Un amore, quello di Dio Padre, che rende belli i brutti, buoni i cattivi. Un amore che dà fiducia alla persona e per questo essa trova la spinta per dare il meglio di sé! In attesa del ritorno finale del Signore, in tempi che solo Dio conosce (Seconda lettura), la Misericordia è presente e agisce sostenendo la volontà e gli sforzi di chi ha propositi di bene e vuole trasformare la sua fede in scelte di vita concreta. Affinché tutti riconoscano e benedicano la bontà di Dio.

Domenica 30 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sir 35,15b-17.20-22a)

Dio guarda tutti dall’alto, in modo imparzia­le; nello stesso tempo predilige chi non ha ap­poggi umani: “La preghiera del povero attra­versa le nubi”. In questo modo si uniscono giustizia e misericordia.

Seconda lettura (2Tm 4,6-8.16-18)

Al termine della sua vita, Paolo fa il bilancio delle sue fatiche per il Vangelo: lotta, corsa per il premio che è Gesù Cristo e per avere con lui la vita eterna. L’unione con Gesù gli da la forza di affrontare gli ultimi sforzi per completare l’opera di una vita e per offrirsi con il Crocifisso versando il suo sangue.

Vangelo (Lc 18,9-14)

Una religione fatta di meriti davanti a Dio fi­nisce per chiudere la persona in se stessa. Chi ha il coraggio di mettersi in ginocchio, rite­nendosi bisognoso di una misericordia più grande di ogni peccato, incontra Dio. Fariseo e pubblicano pregano entrambi, ma il primo parla con la propria immagine di sé, l’altro si apre all’Altro.

Sguardo d'insieme

Davanti a Dio ci si presenta riconoscendo che lui è lui e noi siamo noi: in ginocchio, consapevoli delle nostre colpe, senza pretendere di comprare il favore di Dio con i nostri presunti meriti (Vangelo): Dio già ascolta la pre­ghiera degli umili, essa “penetra i cieli” (Prima lettura), cioè non ci si deve sforzare di “com­prare” il suo cuore paterno e misericordioso. Riconoscere i propri peccati non è atto di debo­lezza o diminuzione della dignità della persona, ma piuttosto un atto di vero coraggio, e di sco­perta della propria realtà vera. Il frutto di questo gesto è l’incontro con la Misericordia, la possibilità di essere “rifatti” e di ripartire più fiduciosi e consapevoli che, con Dio, si può lavo­rare a costruire un sé e un mondo migliori, per il bene di tutti. San Paolo, che iniziò la sua vita da cristiano a partire dal perdono di Gesù Cristo sulla via di Damasco, anziano descrive la sua storia come una “corsa verso il premio, Cristo Gesù” (Seconda lettura). Il perdono ricevuto, l’amore di cui si sente perennemente amato, lo sostiene nel sobbarcarsi persecuzioni e solitudi­ne, e a correre fino all’ultimo respiro affinché il Vangelo, la Parola del suo Amato, arrivi a tut­te le genti, e tutti possano ricevere lo stesso bene e godere della stessa gioia.

Domenica 29 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Es 17,8-13)

Trovandosi ad affrontare un nemico mortale, Israele nel suo esodo nel deserto si impegna nella lotta. La vittoria però è dovuta a Mosè che, con l’aiuto di Aronne e di Cur, tiene le mani alzate in preghiera. La pre­ghiera comu­nitaria sostiene il cammino della Chiesa e la sua lotta contro il male, per il bene di tutti.

Seconda lettura (1Tm 3,14-4,2)

Paolo indica al figlio spirituale Timoteo i tratti del cri­stiano adulto: saldo nella forma­zione cristiana ricevuta, agganciato alle Sacre Scritture, testimone senza paura del messaggio rivelato da Dio.

Vangelo (Lc 18,1-18)

La vicenda della vedova e del giudice indiffe­rente diventa sulla bocca di Gesù parabola e insegnamento. Se gli uomini ascoltano chi li importuna, tanto più il Padre ha orecchio e cuore per i suoi figli ma a loro è chiesto di mantenere la fede. La fiducia in Dio che prov­vede ai suoi figli si mostra in una preghiera costante.

Sguardo d'insieme

L’immagine di Mosè che prega, le mani alzate a Dio per il popolo impe­gnato in una difficile battaglia (Prima lettura), riassume lo spirito della Parola di Dio di oggi. La pratica della “guerra santa”, per noi superata, ha un valore spirituale per tutti i tempi: Dio prende a cuore le sorti del suo popolo, lotta per lui contro il male che lo minaccia nel suo esodo terreno. Il Nuovo Testamento chiama questo Dio alleato “Padre” (Vangelo): se tra gli uomini si usa esaudire chi chiede stressando, con Dio non c’è da temere: egli conosce i nostri bisogni, il suo cuore è dalla nostra parte. La vita con le sue fatiche e sconfitte, il secolarismo, possono minare la fede nella Provvidenza paterna di Dio: Gesù invita a riconfermarla. Non siamo da soli contro il male e i mali che minacciano la Chiesa e l’umanità, non tutto è affidato alle nostre fragili mani: restare ancorati nelle Scritture e nella Parola di Gesù, fondati sui sani insegnamenti ricevuti dai nostri padri e madri, questo permette all’uomo di Dio di essere “completo e preparato per ogni opera buona” (Seconda lettura), cooperando con lo Spirito di Dio che edifica già da ora il suo regno nelle coscienze, fino a quando il Signore tornerà.

Domenica 28 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (2Re 5,14-17)

Un pagano lebbroso si rivolge all’uomo di Dio e ottiene la guarigione. Questo segno dell’amore di Dio che oltrepassa le barriere, la sua paternità è universale e chiama tutti. Anche se non è ebreo, il generale Naaman decide di lasciare gli idoli e servire il vero Dio nella sua patria, nella laicità del suo quotidiano.

Seconda lettura (2Tm 2,8-13)

Il Vangelo di Paolo: Gesù Cristo, nato nell’ebraismo, morto e risorto per mostrare l’amore assoluto di Dio. Attraverso la fatica dell’apostolo, questo Vangelo corre per il mondo, non ha catene, non ha frontiere, vuole raggiungere tutti i cuori. Se noi siamo infedeli, e non accettiamo di portare il Vangelo là dove costa, Dio invece rimane fedele al suo amore, giurato a tutti gli uomini.

Vangelo (Lc 17,11-19)

Gesù cammina in terra straniera e guarisce dieci lebbrosi. Il lebbroso era considerato «impuro», tagliato fuori dalla comunità sia nella preghiera al tempio che nella vita sociale. Uno di loro, lebbroso e pure samaritano (eretico, «diverso»), viene stregato dall’amore di Gesù, quel giudeo diverso da tutti gli altri: lui che è il più lontano torna a dire il suo grazie a Colui che lo ha sanato.

Sguardo d'insieme

«Un amore senza barriere», quello di Dio, mentre gli uomini procedono volentieri per esclusione e pregiudizio. Davvero la mentalità di Dio è diversa e rivoluzionaria, e per essere accolta sul serio richiede una profonda conversione. La terra di Israele è «Terra Santa» (Prima lettura), ma il pagano, lebbroso risanato, la può portare via a dorso di mulo per pregarci sopra là dove vive, là dove regnano gli idoli. E’ la condizione oggi dei «laici cristiani», che non hanno la protezione dell’eremo ma si trovano ogni giorno in un mondo spesso non evangelico. Nel Vangelo, la terra santa su cui si misura il SI’ dell’uomo a Dio è la coscienza delle persone: su dieci lebbrosi risanati, uno solo torna a ringraziare, ed è lo straniero, il «diverso», chi se lo aspettava? Dio lavora nel mistero delle coscienze, e crea sorprese assai gradite. Chi si riconosce seguace di Gesù, come Paolo diventa «apostolo – inviato» (Seconda lettura), non guarda il prezzo della fedeltà al Vangelo ma corre affinché tutti possano entrare in contatto con il Vangelo ed esserne guariti, «perché anch’essi raggiungano la salvezza», affinché tutti gustino la nostra gioia di credere!

Domenica 27 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ab 1,2-3; 2,2-4)

La prosperità dei malvagi può mandare in crisi la fede nella provvidenza di Dio. Il profeta si fa voce della fede del popolo di Dio: egli non è assente. E’ fissato il suo giorno, il suo ritorno e il ristabilimento di ogni cosa secondo la sua volontà, un mondo rinnovato.

Seconda lettura (2Tm 1,6-8.13-14)

L’imposizione delle mani (sacramenti della Cresima e dell’Ordine) comunicano il Dono: lo Spirito di Dio in noi. La sua voce non va taciuta, ma proclamata senza vergogna al mondo. La sua voce si trasmette nella tradizione della Chiesa, è la fede che la comunità conserva intatta.

Vangelo (Lc 17,5-10)

Tutto è possibile per chi ha fede, per chi ha occhi per vedere Dio all’opera nelle coscienze in modo sorprendente. Lui ha il potere di trasformare il mondo, il discepolo deve restare a servizio, al suo posto, fino in fondo. La Grazia salva l’uomo, ma non senza di lui.

Sguardo d'insieme

Una delle tante forme della preghiera biblica è il lamento davanti a Dio a motivo dell’apparente trionfo del male nel mondo. Tale è la preghiera di Abacuc e della sua comunità (Prima lettura). A motivo del male, molti perdono la fede. La Parola di Dio oggi invita tutti a non demordere: Dio attende a creare cieli e terra nuova perché il tempo non è ancora giunto, e perché Dio non intende agire da solo. Nel Vangelo Gesù invita a conservare anche solo un po’ di fede, di consapevolezza che Dio non è lontano ma lavora efficacemente nelle coscienze, non azzerando la libertà umana ma dialogando con essa. La giustizia, il riscatto dei giusti e il mondo nuovo sono frutto dell’azione libera e misteriosa di Dio, insieme alla cooperazione dei suoi discepoli e di ogni uomo di buona volontà, tenendo conto che Dio solo ha il potere di attirare i cuori («siamo servi inutili»). Servire il progetto di Dio significa anche restare fedeli a noi stessi, alla fede ricevuta dai padri e al comandamento dell’amore, alla rigenerazione ottenuta mediante l’imposizione delle mani (Seconda lettura) nella Cresima (sacerdozio battesimale, di tutti), e nell’Ordine (sacerdozio ministeriale, dei preti e dei vescovi).

Domenica 26 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Am 6,1a.4-7)

Una società squilibrata e ingiusta, quella dei tempi di Amos (750 avanti Cristo). Il profeta denuncia lo sfar­zo dei ricchi alle spalle dei po­veri, e annuncia che tutto ciò avrà improvvi­samente fine. E sarà un vero shock.

Seconda lettura (1Tm 6,11-16)

L’uomo di Dio, cioè gradito a lui, ha il corag­gio di op­tare per i valori del Vangelo e i veri valori umani, che avviano la persona all’in­contro con il Cristo che torne­rà, e costruiscono un mondo migliore e pronto per acco­glierlo.

Vangelo (Lc 16,19-31)

L’ingiustizia, che vede alcuni mendicare per i loro diritti e altri indifferenti, non è nel piano di Dio e quindi non entra nell’eternità. Gesù racconta la parabola del ricco stolto per ammonire tutti – nell’aldiqua – a evitare che le cose cambino senza rimedio. E’ ancora tempo di con­vertirsi e salvarsi.

Sguardo d'insieme

Con molto buon senso, la Parola di oggi fa vedere i rischi che minacciano chi affida la pro­pria gioia e sicurezza nei propri beni (denaro, fascino, successo, doti personali, buona fortu­na...). La Bibbia mostra a volte i beni della terra come segni della provvidenza di Dio che cura le sue creature; più spesso i profeti (Prima lettura) condannano una ricchezza unita all’indifferenza verso i poveri, o addirittura frutto di sfruttamento. Ride bene chi ride ultimo – dicono: Dio non è in­differente, e ristabilirà l’ordine di equità da lui deciso all’inizio di ogni cosa, e rovinato dalla cupidigia degli stolti. Lo stesso messaggio viene dalla parabola del ricco (= epulone: Vangelo): l’ingiustizia grida vendetta al cuore di Dio, e verrà definitivamente annientata. Dio comunque non usa vendicarsi: Gesù parla proprio per dare agli egoisti l’occasione di pentirsi e cambiare vita. L’uomo di Dio dirige la propria vita in ben altro modo (Seconda lettura): un sincero rap­porto con Dio e vera apertura verso il prossimo. E’ questo il comando da con­servare con cura, perché il Signore tornerà e nessuna persona potrà sottrarsi all’esame di Colui che vede tutto.

Domenica 25 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Am 8,4-7)

Il profeta usa toni duri e minacciosi contro chi basa il suo benessere sull’ingiustizia a danno dei poveri e sulla frode. La fede deve tradursi in giustizia, la vera spiri­tualità biblica è saldamente legata alla terra.

Seconda lettura (1Tm 2,1-8)

Gesù è l’unico mediatore tra Cielo e terra, chi ascolta il Vangelo predicato dagli apostoli entra in comunione con Dio. Il cammino di tutti verso il cospetto di Dio viene favorito da un tessuto sociale sereno che garantisce la dignità di tutti: per questo i cristiani pregano anche per i responsabili della società civile.

Vangelo (Lc 16,1-13)

Un caso di malaffare e di falso in bilancio, come sem­pre. Non è un esempio da seguire, ma un invito alla scaltrezza: i beni di questo mondo sono gestiti in modo davvero furbo quando sono condivisi con chi non ha. I ricchi secondo il mondo entreranno nella Vita solo se accolti dai poveri da loro beneficati.

Sguardo d'insieme

Il Cristianesimo non toglie i suoi appartenenti dalla vita nel mondo; la spiritualità cristia­na viene vissuta pienamente quando ispira un giusto rapporto con le autorità civili e con le ricchezze materiali. Secondo l’invito di Paolo (Seconda lettura) i cristiani insieme pre­gano Dio, attraverso la mediazione di Gesù Cristo, perché tutti arrivino alla conoscenza della verità e perché i poteri civili garantiscano la giustizia e la libertà religiosa che agevo­lano l’itinerario spirituale personale. Nell’ottica dell’Incarnazione, la Parola di Dio interviene duramente contro l’ingiustizia sociale e la frode, poiché spezzano la solidarietà e l’unità del popolo di Dio (Prima lettura). Gesù prende atto del malcostume nell’amministrazione dei beni altrui (Vangelo) e ne ricava una lezione: i figli della luce non possono disinteressarsi di cosa significa «amministrare bene i beni». La scaltrezza secondo il mondo consi­ste nell’ingannare e nel farla franca; secondo il regno di Dio significa «farsi amici con la ricchezza disonesta», per­ché nella vita eterna gli unici beni che ci rimarranno saranno solo quelli che avremo condiviso con i poveri e che lo «Stato sociale» avrà utilizzato per la sicurezza dei più deboli.

Domenica 24 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Es 32,7-11.13-14)

Israele abbandona il Dio che lo ha liberato dalla schiavitù in Egitto per adorare un vitello d’oro. Messo alla prova da Dio stesso e tentato di abbandonare quegli ingrati, Mosè preferisce però intercedere per loro: grazie a lui Dio non abbandona il suo popolo.

Seconda lettura (1Tm 1,12-17)

Anziano, Paolo ricorda il suo passato di persecutore e di violento, e canta l’inno della misericordia di Dio, concessa a lui e, per mezzo del suo annuncio, a tutti quelli che credono nel Vangelo.

Vangelo (Lc 15,1-32)

Con le tre parabole della misericordia, Luca racconta l’amore di Dio Padre che cerca i suoi figli mandando Gesù. Il peccato è abbandonare l’Amore, il suo frutto è la perdita della dignità di figli. La conversione è accogliere un perdono che supera ogni misura, e condividerlo con i fratelli più piccoli.

Sguardo d'insieme

Il cuore umano tende a proiettare su Dio e sugli altri le proprie paure: Dio è temuto come castigatore dei peccatori, e gli altri vengono giudicati sulle loro colpe. La Parola di Dio oggi rivela il vero volto di un Dio che è Padre. La realtà del peccato non viene taciuta, ma la soluzione non è la distruzione del peccatore. In forza della preghiera di Mosè che chiede misericordia Israele viene risparmiato (Prima lettura). Dio manda suo Figlio a cercare chi si è perduto, il suo cuore attende il figlio più piccolo che se n’è andato, ed esorta l’altro fratello a gioire con lui per il suo ritorno a casa (Vangelo). A Timoteo, suo figlio spirituale, Paolo ricorda il gesto di misericordia che lo ha trasformato da persecutore e violento, ad apostolo delle genti (Seconda lettura). Allora: dove sta la salvezza dal degrado che il male arreca a chi lo fa? Non nel far finta che il peccato non ci sia, non nell’orgoglio del «superuomo»; sta piuttosto nella misericordia di Dio che accoglie chi si riconosce peccatore, lo rifà da capo come creatura fatta a Sua immagine. Come dice il Padre Nostro («rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori»), il perdono è ricevuto per essere annunciato ai fratelli, cioè condiviso anche con chi non se lo merita.

Domenica 23 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sap 9,13-18)

L’uomo nel mondo ha più domande che risposte, la sua intelligenza spesso non arriva a penetrare il mistero di Dio e del mondo. Di Dio conosciamo solo quello che lui stesso ha deciso di comunicare. La sua Sapienza – Parola rende accessibile la verità all’uomo che la cerca.

Seconda lettura (Filem 9-10.12-17)

Paolo intercede per Onesimo, schiavo di Filemone fuggito presso l’apostolo. Lo esorta a ad accoglierlo di nuovo non più come schiavo ma come un fratello. Nella società romana del tempo, la Parola di Dio semina l’uguale dignità di tutti.

Vangelo (Lc 14,25-33)

Essere cristiani – seguire Gesù è una scelta, richiede il coraggio di mettere lui al centro delle cose e degli affetti, di affrontare la fatica di essere suoi e l’ostilità del mondo. Ci sono tante strade, ma solo la sua è quella saggia, perché conduce alla Vita.

Sguardo d'insieme

Le scienze umane fanno continuamente progressi, e questo può indurre a pensare che l’uomo sia padrone delle cose e di se stesso, in grado di costruire da sé la propria felicità. La Parola di Dio oggi ci riporta alla realtà: facciamo fatica a raffigurarci le cose del mondo (Prima lettura), mentre cerca il bene l’uomo cade preda dei suoi mostri, anche la verità è precaria e sfuggevole all’intelligenza umana. Solo Dio è depositario della verità e conosce la via per raggiungerla, all’uomo spetta cercarla in lui e riceverla dalla sua Parola. In altri termini, il bene per l’uomo è essere discepolo di un Altro, Gesù (Vangelo). Egli conosce e pratica la via saggia, che giunge alla risurrezione attraverso la croce; il discepolo, se vuole arrivare alla meta, non deve lasciarsi distrarre da altri progetti né ritenere definitivi i beni che sono solo transitori. Infine Paolo, il vero discepolo, immerso nella Pasqua di Gesù, prigioniero per lui (Seconda lettura), annuncia che essere con Gesù, immedesimarsi in lui, prendere il Vangelo della liberazione dal male come regola di vita, ha per effetto la fine di un mondo sbagliato. In questo caso il male è la schiavitù, l’asservimento (antico e nuovo) delle persone ad ogni tipo di padrone.

Domenica 22 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sir 3,19-21.30-31)

Dio può intervenire nella storia del mondo se trova persone disposte a lasciarsi «usare» per i suoi scopi benefici: in questa umiltà risiede la vera grandezza secondo Dio. Assai più di qualunque atto eroico compiuto dalla e per la gloria dell’uomo.

Seconda lettura (Eb 12,18-19.22-24)

L’Antica alleanza del monte Sinai chiedeva fedeltà a una Legge consegnata nella paura; la Nuova invece ci inserisce in una comunità di fratelli, che già da oggi può vivere la gioia che sarà piena nella Gerusalemme del Cielo.

Vangelo (Lc 14,1.7-14)

Dal galateo a tavola, Gesù trae un insegnamento prezioso: chi nella vita fa il padrone di sé e degli altri, rinuncia al posto d’onore che gli è riservato da un Altro. Chi nella vita si dona con gratuità, imita lo stile gratuito di Dio e siederà vicinissimo al Padrone di casa.

Sguardo d'insieme

Secondo la tipica mentalità orientale, i grandi uomini e donne della Bibbia vengono chiamati «servi di Dio». Sei grande e importante quanto più grande è il tuo amico, o colui al cui servizio ti trovi. Il messaggio di fondo di oggi è questo: la vera grandezza di una persona le viene data da un ALTRO. L’uomo trova la sua piena statura solo in relazione con un altro. Questo vale in genere; il cristiano cresce stando unito al Dio grande. Il Vangelo è una Parola più grande di quella umana, per questo spinge la persona sempre più in là e in su. Diventi simile al maestro che scegli di seguire, e Gesù non ha rivali da secoli! E quando l’uomo cerca di crescere senza relazione, ecco l’orgoglio (Prima lettura). Il suo salario è però sempre misero: l’uomo che si fa da sé rimane infantile. Perfino il bambino cerca di imparare da chi è più grande di lui! Come con i segnaposti ai nostri pranzi di nozze, così anche nel banchetto del Regno ognuno non sceglie ma riceve il suo posto (Vangelo). Nessuno di noi mangerà al banchetto di Dio per i propri meriti, ma solo perché Egli è Padre buono; per questo lo stile cristiano è la gratuità, dare il bene a chi non vorrà o non saprà come ricambiare, perché Dio fa così. Uno tanto è più grande quanto più dona e condivide. La comunità della Nuova alleanza arriva alla gioia della Gerusalemme del Cielo vivendo la fratellanza, e la fratellanza è figlia dell’umiltà e della relazione (fraterna appunto), la capisce chi ha capito che tutti hanno bisogno di tutti per essere felici, e di Dio per essere grandi (2° lettura).

Domenica 21 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 66,18-21)

Al termine del suo libro Isaia rilancia la speranza di Israele: oltre i suoi confini etnici, la Parola di Dio viaggerà per il mondo e chiamerà chiunque risponderà di sì con la fede.

Seconda lettura (Eb 12,5-7.11-13)

Gli antichi padri furono messi alla prova per saggiare la sincerità della loro fede. Così anche oggi la comunità cristiana. Le difficoltà della vita e la persecuzione per la fede sono la scuola di Dio che corregge ed educa i suoi figli.

Vangelo (Lc 13,22-30)

La porta del Regno non è chiusa, ma stretta. Il requisito è la «giustizia», mettere una vera relazione con Cristo come asse portante della religiosità esterna. Chiunque, se dimagrisce in questo modo, può entrare.

Sguardo d'insieme

«Sono pochi quelli che si salvano?», chiedono a Gesù (Vangelo). A prima vista non sono molti coloro che vanno oltre qualche pratica religiosa (Messa, Rosario, pellegrinaggi, segni di croce...) ma accettano di seguire Gesù lasciando che il Vangelo cambi la loro vita; pochi addirittura hanno il coraggio di essere testimoni visibili della loro fede. Più difficile è però misurare l’azione dello Spirito Santo nelle coscienze, che è reale ma conosciuta solo da Dio. Con l’esperienza dell’esilio, il popolo ebraico si sparge per il mondo e la sua fede trova simpatizzanti anche presso gli altri popoli: sono i «superstiti» (Prima lettura), chiamati ad essere testimoni davanti agli altri. Nella storia, il popolo di Dio dell’antica e della nuova alleanza (cioè la Chiesa) è sottoposto a tutta una serie di difficoltà e batoste, e questo fa parte della scuola di Dio (Seconda lettura) che offre ai suoi figli sempre nuove opportunità di maturazione, e soprattutto impedisce loro di credersi tanto giusti da poter fare a meno di Lui. La scarsità numerica dei credenti («piccolo gregge», ci chiamava Gesù) contribuisce a tenerci al nostro posto. Bisogna dimagrire dalla presunzione per entrare dalla porta stretta. Non bastano tre Pater Ave e Gloria per comprare Dio. Dio lo si incontra dandogli retta, ascoltandolo e parlando con lui, desiderando che sia fatta la sua volontà, prima di tutto da ME. E allora chissà, molti verranno dai quattro angoli del mondo, divenuti piccoli davanti al Vangelo e gioiosi alla mensa del Padre. Per adesso, pur pochi e forse poco meritevoli, mangiamo con umiltà e coraggio il Pane alla mensa dell’Altare, antipasto della grande festa che attende chi, dopo aver conosciuto la fede a catechismo, ha poi fatto davvero comunione con Gesù nella sua vita.

Domenica 20 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ger 38,4-6.8-10)

La parola scomoda del profeta suscita una reazione violenta. Da parte sua, il re Sedecia decide di non decidere, altri decidono per lui prima contro Geremia, poi a favore. Una vera banderuola, in tempi in cui urgevano decisioni coraggiose...

Seconda lettura (Eb 12,1-4)

Quando il gioco si fa difficile, ed essere cristiani è a rischio della vita, si attinge forza dall’esempio dei testimoni, prima di tutti Gesù sul quale si basa la fede e la perseveranza. Per liberare l’uomo dal suo peccato e dalle tenebre dell’ignoranza egli arrivò fino a dare il sangue.

Vangelo (Lc 12,49-53)

Gesù viene a scuotere il quieto vivere della mediocrità: davanti a Lui non si può non scegliere, pro o contro il Vangelo. Si tratta di accettare l’età adulta, quella in cui si scelgono i valori e si dà un indirizzo alla vita.

Sguardo d'insieme

Ci piacerebbe immaginare un Gesù accomodante e una religione innocua... Quando tutto tace, e si tira a campare, ognuno ha lo spazio per i propri comodi, dicendo dei «sì» senza dire nessun «no»: il meglio che si potrebbe desiderare! Purtroppo invece, quando un altro ci comunica qualcosa allora diventiamo davvero liberi, cioè siamo costretti a fare una scelta (ascoltare o no) e diventiamo responsabili delle nostre azioni. Questo anche quando Dio parla. Geremia (Prima lettura) avvertiva il re e il popolo che ormai era la fine; il quieto vivere e la ragion di stato imponeva che lui tacesse, e infatti venne gettato in una cisterna per l’acqua. La Parola di Dio chiede di prendere una posizione; è questo il senso delle strane parole di Gesù nel Vangelo: la divisione che penetra fino nell’intimità delle famiglie è tra chi accoglie Gesù e chi invece lo rifiuta. Addirittura, Gesù non vede l’ora che questo accada: la folla stava ad ascoltare senza reagire (un po’ come alcune assemblee a Messa), è ora di prendere posizione, di diventare adulti e responsabili. Gesù ha fatto il suo «battesimo» nella tempesta della sua Croce, è bene che anche il cristiano segua il Maestro sulla stessa via. La felicità cristiana consiste nella comunione con Cristo, non ha la faccia del quieto vivere. L’autore della lettera agli Ebrei (Seconda lettura) vuole esortare una comunità piccola e perseguitata per la sua fede, alla luce dei testimoni che hanno preso sul serio il loro impegno battesimale e soprattutto indicando Gesù, autore della fede, che per primo ha saputo pagare il prezzo di diventare adulti, per giungere alla risurrezione e alla gioia.

Domenica 19 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sap 18,3.6-9)

L’esodo antico e la liberazione futura vengono vissute dalla comunità credente, solidale e stretta attorno alla fede condivisa in Dio salvatore, e alla comune lode per i suoi prodigi.

Seconda lettura (Eb 11,1-2.8-19)

Dalla storia biblica degli uomini di Dio, si trae l’insegnamento: la fede proietta la persona nel futuro, verso i beni che Dio darà, sulla base certa di ciò che ha già donato nel passato, per Abramo e per noi, sua discendenza.

Vangelo (Lc 12,32-48)

La Chiesa è chiamata ad essere «piccolo gregge» perché vive e dice una logica diversa dal mondo, vive libera dalla brama di possedere e attende operosamente il ritorno del suo Maestro e Signore.

Sguardo d'insieme

Gesù definisce la Chiesa «piccolo gregge» (Vangelo), e se guardiamo le assemblee domenicali e la presenza cristiana nella società non possiamo dargli torto. L’aggettivo «piccolo» è difficile da digerire, ma ci riporta alla realtà: anche se tutti fossero battezzati e cresimati, essere cristiani rimane una scelta impegnativa e un rischio, solo una minoranza accetta di prendere in mano la propria vita e consegnarla a Colui che ama in modo assoluto. «Piccolo» significa anche «modesto – poco adatto», e anche qui sono pochi quelli che trovano la pace del cuore mettendosi in ginocchio per invocare e ottenere la misericordia di Dio. «Piccolo» perché pochi accettano di dare il primato alla relazione con Gesù Cristo rinunciando all’idolatria dell’avere (Vangelo), mettendo nell’amore di Dio la propria sicurezza. Pochi accettano la grande avventura della fede, mettendosi in cammino pronti ad accogliere ciò che verrà, come fece Abramo e gli altri grandi padri e madri della Bibbia (Seconda lettura). «Piccolo» è il programma di vita che Gesù ha vissuto e ha dato alla sua Chiesa: la rinuncia al trionfalismo, alla ricerca dell’appoggio e dell’approvazione degli uomini (e dei potenti in particolare). Con una scelta decisamente folle per la mentalità umana comune, i cristiani sono in continuo pellegrinaggio, ricordando i benefici passati di Dio per il suo popolo (Prima lettura) e aspettando con amore operoso il ritorno dell’Amato, Gesù, che per primo ci ha amati e ha dato se stesso per noi. Mentre si adopera per costruire un mondo migliore, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, il cristiano lo fa per preparare una casa accogliente e dignitosa per quando Egli tornerà. Come Gesù tornerà da Signore per servire a tavola i suoi amici, così oggi a chi ha più onore è richiesto un servizio maggiore.

Domenica 18 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Qo 1,2; 2,21-23)

Questo antico saggio aveva capito che tutto ciò che è di questo mondo è transitorio. Realtà assurda per chi vive solo per l’aldiqua, per il credente è fonte di saggezza, fa capire l’ordine di importanza reale di tutte le cose.

Seconda lettura (Col 3,1-5.9-11)

Diventare cristiani richiede un cambio di mentalità. Se siamo risorti in Cristo, non esistono più differenze tra le persone, perché siamo «uno» in Lui; il mondo con i suoi pseudovalori di egoismo sono umanità vecchia, annegata nell’acqua del Battesimo.

Vangelo (Lc 12,13-21)

L’avere è un idolo dal grande fascino, per esso anche i fratelli si scontrano. Ma il saggio sa che il valore di una persona non dipende dalla quantità dei suoi beni, ma dalla capacità di gestire la vita presente in vista di quella futura.

Sguardo d'insieme

Il messaggio cristiano da sempre ha il coraggio di criticare ciò che la maggioranza ritiene «vita buona», ma nei fatti lede la dignità umana. Le sacre Scritture distinguono tra vita saggia e stolta, al livello del vissuto di tutti, credenti e non. Il saggio Qohèlet (= colui che parla all’assemblea) già rifletteva sulla insensatezza di chi vive per accumulare (Prima lettura): questa ansia non è altro che vento e inconsistenza (vanità = ciò che è vuoto, inconsistente, di scarso peso e valore), sembra di vivere ma è un consumarsi dimenticando che nella bara non ci sono cassette di sicurezza. L’idolatria dell’accumulo dei beni consiste nel culto di questa vita, e l’uomo fa un passo indietro nell’evoluzione vivendo per mangiare, procreare e mettere via soldi per non temere la vecchiaia o farsi voler bene dai figli. È una vita dignitosa? Dove sta la dignità propria dell’uomo? «Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che possiede» (Vangelo). Se uno ha per unico scopo la preoccupazione di costruire nuovi depositi per i propri beni, vive per se stesso, non trova la felicità che può derivare solo dalla fraternità (uomo = essere sociale), e la fraternità diventa reale solo quando si basa sulla condivisione dei beni di ciascuno, materiali e spirituali. Che ne sarebbe della generazione dei figli se quella dei padri pensasse a dare loro tante cose, ma nessun insegnamento, nessuna indicazione per imparare a fare scelte nella vita? Noi cristiani sappiamo che la nostra dignità non dipende dalla ricchezza, ma dal Battesimo che ci ha resi tutti uguali, «uno» in Cristo Gesù, in un progetto di umanità nuova che supera ogni schema di peccato e di morte, che vive già da ora la gioia di essere risorti con Gesù Cristo.

Domenica 17 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 18,20-32)

Il suo dialogo a tu per tu con Dio diventa per Abramo intercessione per i peccatori di Sodoma. Parla-re con Dio rende simili a Lui, fa vedere cose e persone con gli occhi della Misericordia; essa, per me-rito dell’unico Giusto, nella nuova Alleanza aprirà a tutti la porta del perdono.

Seconda lettura (Col 2,12-14)

Il rito battesimale dell’immersione nell’acqua riassume la vita cristiana: fare nostra la morte di Gesù accogliendo il perdono di Dio, per giungere con lui alla risurrezione facendo morire in noi il peccato che ci rende «morti».

Vangelo (Lc 11,1-13)

Ogni religione ha la sua preghiera; ai cristiani Gesù lascia la sua preghiera personale di Figlio di Dio. Adottati come figli nel Battesimo, abbiamo piena fiducia di chiamare Dio «Padre», e chiediamo lo Spirito che guidi le nostre vie.

Sguardo d'insieme

Domenica scorsa, Maria ci aveva ricordato che il cristiano è un discepolo di Gesù, che ha il suo momento qualificante ai piedi di lui per ascoltare la Parola. Oggi essa ci ricorda che il discepolo, rimanendo in contatto con il Signore, si trasforma in lui, acquista la simbiosi con il suo Cuore. Abramo (Prima lettura), l’amico e confidente di Dio, condivide la Sua misericordia per i peccatori e intercede per quelli di Sodoma con fiduciosa insistenza; nasce il concetto per cui la presenza di soli pochi giusti può fruttare la salvezza per tutti. Nel Vangelo il discepolo di Gesù impara un modo di pregare speciale, originale rispetto a quello insegnato dal Battista o da qualsiasi altra religione. La preghiera del discepolo è la stessa del Maestro, guardando Lui pregare il cristiano assimila gli atteggiamenti e i sentimenti del Figlio, e con lui prega Dio chiamandolo Padre. Si tratta del «Padre nostro», preghiera sobria (= punta alle cose essenziali: che Dio sia riconosciuto nel mondo, che nel mondo venga il pane e il perdono, segni della nuova creazione e della fraternità dell’umanità rinnovata), preghiera insistente: non perché dubita di essere accolta, ma perché – essendo fiduciosa, da figli – osa importunare Dio sapendo di averne in cambio un sorriso benevolente. Il lieto annuncio, che con la preghiera del Pater entra pian piano nel cuore del discepolo, è che non c’è alcun motivo per aver paura di Dio. Come ricorda Paolo (Seconda lettura), per il Battesimo siamo già morti con Cristo e risorti con lui, mentre ci sforziamo di vivere da figli di Dio siamo già accasati nella dimora di Dio, condividiamo la vita eterna di Gesù risorto, la nostra preghiera è piena di fiducia, il nostro sguardo sulla vita e sul futuro è pieno di speranza, possiamo offrire il perdono fraterno perché noi per primi abbiamo pieno accesso al perdono di Dio, il peccato non ci fa più paura e non uccide la nostra libertà di dire «sì» alla volontà di Dio.

Domenica 16 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 18,1-10a)

Secondo le migliori tradizioni beduine, Abramo ospita premurosamente nella sua tenda alcuni personaggi, senza neanche chiedere loro il nome. Si scopre che si trattava di Dio stesso, l’ospite che - una volta accolto - lascia sempre una benedizione.

Seconda lettura  (Col 1,24-28)

Conquistato da Cristo, da lui amato mentre era ancora un nemico, Paolo desidera solo trasformarsi nel suo Signore, fino a condividere tutte le sue sofferenze. L’Apostolo può dunque annunciare qual è la meta (= perfezione) del cristiano: «Cristo in noi».

Vangelo (Lc 10,38-42)

Marta fa molte cose per Gesù, ma solo Maria lo ospita aprendosi all’ascolto obbediente del Maestro. È questa l’anima della vita cristiana: Gesù è il centro unificatore della persona, il dono che porta è la pace interiore.

Sguardo d'insieme

Stare seduti e stare in piedi: cose normali, durante la Messa. Purtroppo i gesti più comuni (specialmente quelli del corpo) sono quelli meno capiti nel loro senso e valore. Per i nomadi del deserto, l’ospitalità può fare la differenza tra la vita e la morte, per questo è ritenuto il valore fondamentale; Abramo ospita con generosa larghezza tre sconosciuti (Prima lettura), e mentre mangiano STA IN PIEDI a loro disposizione: la vera ospitalità mette l’altro al centro della scena, cercando in tutti i modi di farlo sentire bene. La famiglia cristiana ospita la vita (quella dei figli e degli altri), a Messa stiamo in piedi perché Gesù, il Padre e lo Spirito sono al centro della nostra attenzione e siamo disposti a fare la nostra parte come Egli fa la sua. Mentre Marta si agita in preparativi (e per l’ansia perde qualche stoviglia), Maria invece STA SEDUTA ai piedi di Gesù per ascoltarlo (Vangelo). Marta FA il bene come se fosse opera propria, Gesù invece – l’ospite – È il bene di Maria, per questo essa trova la parte migliore (Lui), si lascia istruire, il bene che farà sarà quello di Gesù. Nei tempi dell’efficienza, la Parola ci ricorda che il bene supremo è Dio, e non è saggio sostituirsi a Lui, con il risultato di sollevare solo molti polveroni che alla fine non lasciano nulla dietro di sé. Il discepolo ama il suo Signore, come Paolo (Seconda lettura) che desidera abbracciare sempre più completamente la Croce del suo Maestro. Questo ascolto totale diventa immedesimazione, trasforma l’uomo da peccatore chiuso in se stesso a testimone del mistero di Dio: la sua volontà di assorbirci e trasformarci, di essere il «Cristo in noi».

Domenica 15 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Dt 30,10-14)

La Legge di Dio è impegnativa ma non impossibile da capire e da seguire. Il senso del bene e la capacità di individuare la volontà di Dio fa parte della natura umana, creata a immagine e somiglianza di Dio. Si tratta di farli emergere.

Seconda lettura  (Col 1,15-20)

Cristo, volto visibile del Dio invisibile, segno crocifisso dell’Amore del Cuore del Padre, è la sapienza che ha creato il mondo e lo ha salvato dalla dispersione del peccato. La Chiesa Una, corpo del Risorto, è l’inizio della nuova creazione.

Vangelo (Lc 10,25-37)

L’amore non è una novità: lo conosce la Legge e il cuore umano. Cosa c’è da imparare? L’amore come quello di Gesù, Samaritano che si fa prossimo all’umanità malata, la cura e la guarisce. Da questo esempio nasce lo stile cristiano d’amare.

Sguardo d'insieme

La Parola si è fatta «prossima»: è questo l’annuncio della Prima lettura, in cui Mosè conforta il popolo di Dio. Dio non chiede di obbedire a una Legge che non si può conoscere o non si può mettere in pratica. Questa certezza viene dalle vicende dell’Esodo: Israele ha visto la cura con cui Dio ha ascoltato il grido del suo popolo schiavo, lo ha liberato e condotto nella Terra promessa. Come Dio si è chinato sul suo popolo, così Israele riceve l’incarico di convertirsi a Lui. La Legge è affidata all’uomo, ma allora nasce la domanda: come si fa a interpretarla – capirla bene? Gesù risponde allo scriba, cercatore della volontà di Dio: «COME leggi?» (Vangelo). Il sacerdote e il levita della parabola del Samaritano obbediscono alla lettera della legge, che impediva di toccare il morto (o presunto tale) per non essere esclusi dal partecipare ai riti del Tempio; il Samaritano invece capisce che l’anima delle regole è l’amore, e l’amore lo spinge a prendersi cura del moribondo per cercare di salvarlo. Cosa significa allora il duplice comandamento dell’amore per Dio e per il prossimo? PRENDERSI CURA. Curarsi della Legge di Dio cercando come essa oggi mi chiede di amare. Curarsi del prossimo, per promuovere la sua vita e la sua gioia. In modo velato, ma chiaro, con la parabola Gesù rivela che Egli stesso è il Samaritano, il benefattore dell’uomo, colui che ha dato la sua vita per noi. Gesù è lo «spettacolo» dell’amore di Dio Padre, il primogenito della creazione, Colui che ha il primato su tutte le cose, che offrendo se stesso ha riconciliato Cielo e terra (Seconda lettura). Guardando Lui vediamo come agiscono i veri uomini.

Domenica 14 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 66,10-14c)

Guardando lo stato pietoso della città del popolo, il profeta annuncia che Dio, fedele alle sue promesse, prepara un domani di gioia, sicurezza e consolazione. È il regno di Dio che Gesù inaugura e che la missione della Chiesa diffonde nel mondo.

Seconda lettura  (Gal 6,14-18)

La persona non migliora per l’osservanza esterna dei comandamenti, ma se diventa «nuova» dentro: assimilando quell’amore che ha portato Gesù al dono di sé, e portando come medaglia d’onore le sue stigmate.

Vangelo (Lc 10,1-12-17-20)

Gesù non è un eroe solitario, oltre ai 12 chiama altri 72 a condividere la sua missione. Persone libere dal culto dei soldi, portatori della pace e della guarigione che Gesù dona a chi lo accoglie.

Sguardo d'insieme

La missione di Gesù e della Chiesa realizzano le promesse di Dio dell’Antico Testamento. Mentre Gerusalemme era diventata l’ombra di se stessa, il profeta vede più in là, la sua fede gli fa annunciare un futuro di benessere, segno che Dio tornerà ad abitare con il suo popolo (Prima lettura). Gesù ci mostra il Cuore di Dio, che non vede l’ora di diffondere i benefici del Regno il più in là possibile; oltre ai Dodici, Gesù sceglie i Settantadue (= tutti i cristiani) per portare in ogni casa la pace e la guarigione, speranza e vita. Saranno forti della libertà dall’idolatria dell’avere e del successo umano. Si tratterà di affrontare l’insuccesso e i «lupi» che preferiscono divorare le persone invece che promuoverle e liberarle (Vangelo). Paolo, scelto da Gesù per questa stessa missione, ha fatto la sua scelta: il mondo e la sua logica da «lupi» è stato crocifisso, ha accettato di essere espulso dal giudaismo e marginalizzato allo scopo di diventare, con Cristo, una «nuova creatura» (Seconda lettura). Rinascere a vita nuova è frutto della morte di Gesù, del quale con orgoglio porta le «stigmate», i segni profondi nel corpo e nell’anima. Tanto amava Colui che lo aveva amato per primo...

Domenica 13 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (1Re 19,16b.19-21)

Prima di uscire dalla scena, su ordine di Dio il profeta Elia sceglie il nuovo padre spirituale del popolo: Eliseo. Rivestito del mantello del profeta, Eliseo lascia gli affetti e i beni per dedicarsi completamente alla sua missione.

Seconda lettura  (Gal 5,13-18)

La vita cristiana è vita di libertà, fa passare da una Legge che giudica e condanna all’amore che rende buoni e graditi a Dio tutti i gesti compiuti dalla persona. L’importante è non stancarsi di amare, tornando a giudicare e condannare il prossimo.

Vangelo (Lc 9,51-62)

Il cammino di Gesù verso Gerusalemme non è una passeggiata. È un dono completo di sé, a fronte di ostilità dall’esterno, incertezza dei discepoli, incomprensione addirittura da parte di alcuni dei Dodici.

Sguardo d'insieme

Per molti, essere cristiani è un di più, se rimane tempo e voglia, se non c’è altro di più importante cui pensare. Per molti, stare con Gesù è un impegno in più, non un modo di vivere che rende la vita più bella e aiuta ad affrontare le responsabilità della vita dando il meglio di sé. La Parola di oggi ci parla di persone che hanno preso la fede sul serio. Elia si è coinvolto nel suo ministero di «grillo parlante» per il suo popolo (attirandosi le ire dei poteri forti e la tiepida reazione della gente), e ora passa il testimone a Eliseo (Prima lettura), il quale accetta l’incarico rinunciando alla famiglia e alla cospicua eredità. Gesù prende sul serio la sua missione e si dirige a muso duro verso Gerusalemme, anche se si trova da solo: i samaritani non lo accolgono, gli aspiranti discepoli non sono disposti a seguirlo troppo sul serio (ma solo un po’, finché non disturba: Vangelo), addirittura tra i Dodici alcuni mostrano di non aver capito il motivo del viaggio: passare dappertutto affinché ogni persona possa ricevere il Vangelo e fare la propria scelta per Gesù. Paolo aveva annunciato che il cristianesimo libera dalla paura di Dio e dal giudizio inflessibile della Legge, e che la vita cristiana è una vita libera e gioiosa. Ma anche qui, se il dono ricevuto è davvero una gran bella cosa, bisogna fare sul serio, non basta essere stati liberati, bisogna RESTARE liberi, continuare ad amare affinché tutti gli atti compiuti siano buoni per l’uomo e graditi a Dio. C’è sempre il rischio di tornare indietro, a una religione della paura, del fare i comandamenti per guadagnarsi l’amore di Dio; allora anche l’amore per il prossimo si spegne, e si comincia a «mordersi e divorarsi a vicenda».

Domenica 12 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Zc 12,10-11; 13,1)

Il profeta descrive la salvezza del popolo come frutto del sacrificio di uno solo. Sarà momento di lutto, dal quale verrà consolazione e perdono. Una morte per la vita. Come la Pasqua di Gesù.

Seconda lettura (Gal 2,26-29)

Nel Battesimo il cristiano riceve il frutto della sua fede: viene immerso nell’acqua per rivivere la morte e la risurrezione di Gesù. Riceve poi la veste bianca: essere cristiani significa vivere «rivestiti di Cristo», nella comunione della Chiesa in cui i diversi diventano «uno in Cristo».

Vangelo (Lc 9,18-24)

Chi è Gesù per te? A questa domanda fondamentale Pietro risponde: l’Unto mandato da Dio per salvare il mondo. Rimane da capire il modo con cui la salvezza entra nel mondo, ai piedi della Croce. La salvezza viene dall’amore che si dona.

Sguardo d'insieme

La morte dichiara in modo evidente il limite dell’uomo, e tuttavia la conservazione e l’incremento della vita è l’istinto naturale più potente. È la prova concreta di quanto dice la fede cristiana: creati a immagine di Dio, veniamo al mondo per vivere, non per morire. L’altro dato di fatto è che solo morendo si giunge a vivere di più: il grano muore per diventare spiga, bisogna smettere di essere bambini per diventare adulti, smettere di essere «single» per diventare coppia, ecc. Zaccaria (Prima lettura) parla di un personaggio misterioso che verrà, soffrirà per tutti, e il frutto sarà consolazione e misericordia di Dio per il suo popolo; per noi è l’annuncio dell’Inviato di Dio, Gesù. Pietro (Vangelo) lo riconosce nella sua vera identità, l’Unto mandato da Dio per salvare il mondo; ma per evitare una concezione troppo umana di «Messia» (che finirebbe per essere un grande uomo, che con poteri umani instaura un paradiso su questa terra) Gesù chiarisce la solita regola: per diventare fonte di eternità e di vita piena (risurrezione), il Figlio dell’uomo dovrà passare nel tritacarne della sua Passione. Solo l’amore vero ti spinge a pagare di tuo per il bene di altri... Il frutto di questa morte è vita: vita per chi crede in Gesù e impegna i suoi sforzi per rivestirsi di Cristo (Seconda lettura), vita in comunione con la Chiesa, dove le strutture di ingiustizia e di discriminazione sociale non hanno motivo di esistere, perché tutti hanno la dignità (e i doveri) di figli di Dio, uno solo è il Maestro che dona se stesso e tutti noi «siamo uno in Cristo Gesù».

Domenica 11 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (2Sam 12,7-10.13)

La Parola profetica smaschera il peccato di Davide, adulterio e omicidio, ponendolo a confronto con i benefici ricevuti da Dio. La mossa ha effetto, Davide arriva al pentimento, inizio e condizione per una vera conversione del cuore.

Seconda lettura (Gal 2,16.19-21)

Lasciato il giudaismo, e la presunzione di essere giusto davanti a Dio grazie all’osservanza rigorosa della Legge di Mosè, Paolo aderisce a Cristo, e riceve dal suo amore crocifisso la giustificazione e la salvezza.

Vangelo (Lc 7,36-8,3)

Una scena ironica, a tavola: chi sembra giusto è lontano dal cuore di Dio, la peccatrice invece incontra Gesù Misericordia. Egli riconcilia l’umanità chiamando tutti alla conversione, i peccatori e i giusti che condannano gli altri.

Sguardo d'insieme

Quante volte, per «semplificare» il cristianesimo, lo si è tradito, trasformandolo in una buona condotta umana, che possa guadagnare punti davanti a Dio e comprare il suo amore... L’amore di Dio non lo si può comprare perché non ha prezzo, e soprattutto perché è già a nostra disposizione! Dopo aver ricevuto il Vangelo della Croce che salva e riconcilia il Cielo e la terra, i Galati cominciano ad ascoltare la voce di chi predica una giustizia di origine umana, derivante dall’osservanza scrupolosa delle Legge di Mosè (Seconda lettura). Paolo ricorda che l’uomo, con la sua debolezza e incostanza, non può salvarsi da solo, anzi deve aderire a Cristo per ricevere la misericordia di Dio. La vita cristiana è pienamente libera: non dobbiamo dimostrare nulla a Dio, Egli ci ama già, ha dato il suo Figlio per noi. È da questo amore (che ha conquistato Paolo stesso) che nasce la vita cristiana, impegnata a rivestirsi di Cristo per immedesimarsi in Lui e vivere nella salvezza che Lui ha portato. Per passare dalla presunzione di salvarsi da soli alla misericordia di Dio, occorre prendere coscienza dei propri peccati paragonati alla grandezza dei doni di Dio, come fece il re Davide (Prima lettura), e smettere di condannare gli altri facendo un serio esame di coscienza, perché «colui al quale si perdona poco, ama poco» (Vangelo).

Domenica 10 del Tempo Ordinario - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (1Re 17,17-24)

La parola del profeta autentico realizza quello che dice, è colma della potenza di Dio. Non si ferma davanti alla tragedia della morte: la risurrezione dei morti è il segno dell’intervento di Dio, creatore e padre della vita.

Seconda lettura (Gal 1,11-19)

Paolo difende l’origine divina del proprio annuncio. La prova vivente è la sua stessa conversione. Il vero Vangelo trasforma l’uomo (anzitutto chi lo annuncia); quello inventato dagli uomini non cambia la vita, o anzi la peggiora.

Vangelo (Lc 7,11-17)

In questa storia tragica e umanamente senza speranza, emerge l’identità di Gesù. Vero uomo, è coinvolto nel dolore di questa madre. Vero Dio, dà una consolazione piena, le restituisce il figlio. È’ già Pasqua: il Signore è risorto, perciò ha potere di dare la vita e l’eternità.

Sguardo d'insieme

«Credo la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà». È la parte più sconvolgente della fede cristiana, lo scopo per cui Dio è Trinità e ha mandato il Figlio per condividere la nostra vita e la nostra morte. L’occhio e la mente umani, senza una luce più profonda, possono solo vedere la tragedia della morte senza porvi rimedio, al massimo gridando contro cielo e terra. È il grido impazzito della donna di Sarepta (Prima lettura) e il silenzio sconfitto degli abitanti di Nain stretti attorno a una madre al funerale del suo giovane figlio unico (Vangelo). Mentre l’uomo arriva allo scacco matto e al fallimento di ogni speranza solo umana (salute, ricchezza, forza fisica, giovinezza...), allora si alza la parola di Dio. Elia invoca il Dio della vita, e ottiene la risurrezione del ragazzo. Gesù riporta in vita il giovane morto con la sua stessa parola, «ragazzo, alzati!»: è Lui il Signore, che la Chiesa celebra oggi come il Risorto, colui che ha in mano il potere contro la morte e il potere di ridare la vita. Vero uomo, Gesù sente nel suo profondo gli aspetti più estremi del dolore umano; vero Dio, è l’unico che può dare una risposta alla morte, il problema e l’angoscia più radicali che l’uomo porta in sé. Paolo aveva annunciato in Galazia il Cristo morto e risorto, e ora il suo messaggio viene messo in discussione, la fede e la speranza della comunità sono in pericolo. Allora interviene (Seconda lettura) difendendo il vero Vangelo, che viene da Dio e non dall’uomo. I messaggi solo umani chiudono l’uomo nel suo oggi e in speranze di scarsa portata. Il Vangelo vero è forza e trasformazione, dà una speranza che supera la semplice immaginazione umana. Esiste un’eternità oltre la morte; la prova – dice Paolo – è che questa eternità ha cominciato a trasformare prima di tutto lui, che perseguitava ferocemente la Chiesa di Dio e la devastava. Ecco come da una storia di morte può germogliare una nuova storia fatta di vita.

Corpus Domini - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 14,18-20)

Dio benedice Abramo, suo servo e padre dei credenti, accompagnandolo nelle sue traversie. Il segno che questa benedizione arriva mediante il sacerdote è l’offerta del pane e del vino, segno della prosperità, e dei beni della terra che sarà data alla sua discendenza.

Seconda lettura (1Cor 11,23-26)

Paolo è un anello della «tradizione»: il gesto di Gesù che dona se stesso (corpo e sangue) nell’ultima Cena viene ricevuto e consegnato ai posteri, per diffondersi in ogni angolo della terra là dove si celebra la Cena del Signore, finché Egli tornerà.

Vangelo (Lc 9,11-17)

La cura di Gesù per i malati è segno dell’amore universale del Padre. La moltiplicazione del pane, che la Chiesa ancora realizza celebrano l’Eucaristia, estende questa cura ad ogni bisogno fondamentale della folla (= di ogni uomo).

Sguardo d'insieme

La Chiesa è ben più che un’associazione di persone; la Messa è ben più che una predica più o meno noiosa. La Chiesa è COMUNIONE DI DIVERSI intorno all’unico polo magnetico che è Gesù, Parola che indica la via alla vita, che rimane con noi personalmente per sempre nel segno del Pane e del Vino. Chiesa ed Eucaristia esistono insieme o insieme cadono. Esistono insieme perché Dio è Comunione e Trinità, è Lui il metro di misura. Già l’Antico Testamento vedeva nell’offerta sacerdotale del pane e del vino il segno della benedizione che da Dio scende sul suo eletto (qui è Abramo, Prima lettura). La vita di Gesù è tutta un dono di sé per la salvezza del mondo: questo è il senso dei suoi miracoli per gli ammalati; questo dono guarda avanti verso l’ultima Cena in occasione della moltiplicazione dei pani (Vangelo), quando Gesù chiede ai suoi (alla Chiesa) di collaborare all’estensione della cura amorevole di Dio fino alla folla, a tutta l’umanità! Le parole dell’ultima Cena le ripetiamo ad ogni Messa, fedeli al comando di Gesù «fate questo in memoria di me». Anche Paolo obbedisce a questo comando scrivendo ai Corinzi (Seconda lettura): «Vi trasmetto quello che ho ricevuto...». La Chiesa apostolica conserva con amore geloso le parole di Gesù; gioisce per il cibo che le è dato dal suo Sposo morto e risorto; celebra il rito pasquale («Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione...») per offrire a ogni persona in ogni angolo della terra l’opportunità di ricevere la benedizione materna di Dio e di rispondere con la lode e il ringraziamento. Tutto ciò che fa, la Chiesa lo fa per annunciare questa nuova Alleanza proposta a tutti, correndo fino alla fine del mondo, «... nell’attesa della tua venuta». Vieni, Signore!

S.S. Trinità - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Pr 8,22-31)

La Sapienza, architetto del Dio creatore e criterio con cui Egli ha messo un ordine nel mondo, ci parla in prima persona, come una «personalità» che affianca Dio. Si annuncia un «alter ego» di Dio, distinto da Lui ma operante in e con Lui per la creazione e la salvezza.

Seconda lettura (Rm 5,1-5)

«Per mezzo» del Figlio noi ci troviamo riconciliati con il Padre e ricolmati dei suoi beni. «Per mezzo dello Spirito» l’amore di Dio ci appartiene, e questo dà forza alla nostra speranza: questo amore ci trasformerà per la vita eterna.

Vangelo (Gv 16,12-15)

Gesù possiede il Padre e lo annuncia in modo affidabile. Questa rivelazione prosegue con lo Spirito, che nella Chiesa ricorda le parole di Gesù, ne permette una comprensione sempre più profonda e legata alle necessità dell’oggi.

Sguardo d'insieme

La Trinità è un volto molto interessante di Dio, esclusivo del cristianesimo rispetto alle altre religioni. La riflessione dei teologi e dei Concili antichi ha provato (con un linguaggio per noi oggi molto difficile) di spiegare come in Dio si mescolano l’unità e la differenza (vedi in particolare il Prefazio della Messa di oggi). La Parola di Dio ci annuncia che la Trinità è il vero volto di Dio: un Dio comunione d’amore. Solo un Dio Trinità può essere Amore, perché non c’è amore senza comunione! La Parola narra che la Trinità agisce nel mondo al solo scopo di beneficare l’umanità. La Prima lettura presenta la Sapienza di Dio. Non si tratta di una realtà intellettuale (= sapere tante cose), ma dell’abilità, senso del bello e del buono, gusto dell’armonia, che Dio ha con sé mentre progettava il mondo. La Sapienza (che parla come un «io», una persona) è il progetto che Dio ha sott’occhio quando la sua fantasia dà forma a tutte le cose. La Sapienza è Gesù stesso, la Parola che Dio dice per creare tutte le cose (Genesi, capitolo 1), diverso dal Padre ma insieme a Lui nel rendere il creato bello e buono. Nella Seconda lettura s. Paolo parla del Figlio: grazie alla sua croce siamo in pace con Dio, non siamo peccatori ma figli. E parla dello Spirito: in chi crede nella Parola del perdono di Dio, ci fa sentire nel cuore che siamo amati, e che è bello e saggio mettere la speranza in Dio. Nel Vangelo Gesù annuncia (nell’ultima cena) il dono dello Spirito: come Gesù era il sostegno e la luce dei suoi nella sua vita terrena, ora, nel tempo nostro, continua a sostenerci, difenderci e illuminarci con il suo Spirito, che ci fa comprendere sempre meglio la Parola e vederne la portata nelle varie situazioni attuali.

Pentecoste - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Messa della Vigilia

Prima lettura (Gen 11,1-9)

Quando progettano di costruire la loro città in antagonismo con Dio, per toccare il cielo con l’opera delle loro mani, gli uomini perdono la loro unità e si disperdono, non sanno più capirsi. Questa fragilità ricorda a tutti la verità sull’uomo: è creatura di Dio, fatto per il dialogo e l’alleanza con lui, e questa alleanza diventerà ancora unità e comprensione dei diversi linguaggi.

Seconda lettura (Rm 8,22-27)

La distanza da Dio, il desiderio di vivere in pieno da figli di Dio, è un peso che tutta la creazione condivide con l’uomo. Tra gli uomini e con la natura spesso le cose non filano d’accordo, anche dopo che Gesù ci ha salvati con la sua Pasqua. Per questo “siamo salvati nella speranza”: lo Spirito già abita in noi e ci insegna come parlare con Dio in modo adatto, ma siamo nell’attesa del compimento completo, come la donna nelle doglie del parto.

Vangelo (Gv 7,37-39)

La festa delle Capanne commemora il cammino di Israele nel deserto e il dono dell’acqua e della Terra promessa. Per noi, è Gesù la Terra promessa verso cui siamo diretti, ed è lui che dona l’Acqua che sostiene nella fatica del cammino: è il suo Spirito, acqua viva che Gesù dona e che i credenti in lui si scambiano nella comunione fraterna.

Sguardo d'insieme

In questa Vigilia di Pentecoste la liturgia ci ispira il sentimento dell’attesa e dell’invocazione del Dono, lo Spirito che è presenza del Padre e del Figlio nella Chiesa e nel mondo. Questo Dono è un insieme di doni fondamentali. Anzitutto, il dono della comunione fondata sulla comunicazione vera tra le persone (Prima lettura); questa sintonia viene meno quando gli uomini intendono costruire la propria città (= il proprio vivere nelle scelte quotidiane) escludendo Dio, rifiutando la loro realtà di creature sue. Quando l’uomo non è più se stesso, cessa il dialogo con il Cielo, con gli altri e con le cose. Poi, il dono dell’acqua, elemento essenziale per sopravvivere nel clima del Medioriente biblico (Vangelo): senz’acqua si muore, senza Gesù e il suo Spirito non si cammina, e se si cammina non si arriva alla meta. E poi, la speranza cristiana che è riconoscere la presenza dello Spirito, credere di essere amati da Dio anche nell’oggi, in cui sembra più evidente la fragilità del vivere, la fragilità fisica che l’uomo condivide con tutte le cose del mondo, e in più la fragilità morale e il rischio sempre in agguato di staccarsi dall’alleanza con il Signore (Seconda lettura). Infine, il dono delle giuste parole e delle giuste motivazioni per rivolgersi a Dio in modo da essergli graditi: Dio ascolta solo la preghiera secondo lo Spirito, quella che chiede ciò che il cuore del Padre ha deciso di donare per la felicità dei suoi figli.

Messa del giorno

Prima lettura (At 2,1-11)

Luca parla dello Spirito, Presenza di Dio potente e dinamica, con le immagini del fuoco e del vento. Egli spinge la Chiesa fuori dalla paura che la chiude in se stessa, e insegna i linguaggi giusti perché tutti possano ricevere la Parola del Vangelo.

Seconda lettura (Rm 8,8-17)

«Carne» e «Spirito» sono due stili di vita, senza Dio o con Lui. Il primo conduce lontano dal Padre, quindi alla morte. Il secondo è seme di vita eterna in chi crede, e già da ora ci dà la certezza interiore di essere in comunione con Dio, che con piena fiducia chiamiamo «Padre».

Vangelo (Gv 14,15-16.23-26)

Lo Spirito che viene dal Padre è lo Spirito di Gesù: egli lo manda come Paraclito, ausilio, avvocato difensore (= ci dà la certezza dell’amore di Dio per noi) e maestro interiore. Lo Spirito della Verità ammaestra la Chiesa: l’aiuta a comprendere sempre più la Parola di Gesù e ad attualizzarla nei vari contesti di vita.

Sguardo d'insieme

La festa di Pentecoste nasce nel calendario ebraico come festa dell’inizio dei raccolti nei campi: è un ringraziamento a Dio per i suoi doni, per la Terra promessa e il pane di ogni giorno. Per i cristiani è la festa del Dono per eccellenza: il Padre e Gesù continuano ad essere presenti con il loro Spirito per benedire il mondo, operare nelle coscienze e soffiare lungo i secoli nella vela della Chiesa, barca di Pietro. Si può parlare dello Spirito solo per immagini, non ha un volto ma se ne conoscono direttamente gli effetti. Egli è fuoco (Prima lettura), energia che purifica e incoraggia, vento che spinge la Chiesa oltre i limiti dell’umano, manda i cristiani nella piazza dove la gente vive e pensa, spesso in modo confuso. La Chiesa parla tutte le lingue, a tutte le società e in tutti i tempi. La sua forza è essere comunità che ascolta la Parola e prega, radunata «in uno stesso luogo». Lo Spirito di Gesù ricorda ai discepoli le Parole del Maestro e le fa capire sempre di più: il Vangelo è sempre lo stesso, ma i tempi sono sempre diversi, l’unica Parola rimane sempre viva quando viene attualizzata nell’oggi (Vangelo). Lo Spirito viene ricevuto nel battesimo e negli altri sacramenti, per chi ha fede e decide di vivere in relazione con il Padre. Per questo, «vivere nello Spirito» è un processo che dura tutta una vita, e si basa su una presa di posizione. «Vivere nello Spirito» e «vivere secondo la carne» sono due ottiche di vita opposte, alternative e inconciliabili, sono due «servizi» diversi (schiavi di se stessi o servitori di Dio), i loro frutti sono assai diversi (gli uni distruggono la felicità dell’uomo, gli altri la costruiscono): la potenza di Dio ha deciso di fare i conti con la libertà umana, che può scegliere la propria felicità e anche la propria rovina (Seconda lettura).

Ascensione - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (At 1,1-11)

Iniziando gli Atti, Luca medita l’ascensione di Gesù come il punto di collegamento tra Antico e Nuovo Testamento (le attese antiche si sono adempiute), e tra Gesù e la Chiesa, inviata a testimoniare lui, proseguendo la sua opera, in nome suo, fino al suo ritorno.

Seconda lettura (Eb 9,24-28; 10,19-23)

Avvocato difensore e Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, Gesù torna nel Cuore di Dio (raffigurato come il Tempio) portando con sé la nostra umanità. Grazie al suo sacrificio è aperta la via della salvezza, il Cielo è alla portata dell’uomo e l’impegno della vita cristiana non è fatica inutile.

Vangelo (Lc 24,46-53)

In vista della Pentecoste ormai prossima, Gesù torna al Padre lasciando alla Chiesa la gioia e la responsabilità dell’incarico missionario: chiamare tutti i popoli, da Gerusalemme in là, alla conversione per il perdono dei peccati.

Sguardo d'insieme

Insieme all’Assunzione di Maria, quella dell’Ascensione di Gesù è festa della speranza cristiana. Luca (Prima lettura) collega l’Ascensione con la prossima Pentecoste, e la pone 40 giorni dopo la Pasqua. Il numero 40 nella Bibbia ha valore simbolico: 40 furono gli anni del cammino di Israele nel deserto, Gesù ora termina il suo cammino terreno per ritornare nel Padre (Cielo = Dio) da cui è venuto. Il Risorto non appartiene più allo spazio e al tempo, per accompagnare la sua Chiesa in missione sempre e ovunque, fino a quando Egli tornerà. Lasciando i discepoli con un gesto di benedizione (Vangelo), Gesù affida loro il tempo, che rimane prima del suo ritorno, per compiere la missione stessa di Gesù: annunciare la conversione e il perdono dei peccati, da Gerusalemme in là (sarà il progetto degli Atti degli apostoli); prima però devono attendere la «Potenza dall’Alto», lo Spirito Santo della Pentecoste. La Seconda lettura medita l’Ascensione dal punto di vista di «Cristo Sacerdote». Superando i riti del Tempio di Gerusalemme, Gesù entra nel vero Tempio, il santuario celeste (= casa di Dio), portando il suo proprio sangue con il quale ha realizzato la riconciliazione tra Cielo e terra. Trovandosi nel Cuore di Dio, Gesù è dalla nostra parte e assicura il perdono di Dio a chi lo chiede con fede. Gesù è la «Via nuova e vivente» per chi cerca Dio e desidera abitare nella sua casa; ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, offrendo e ricevendo il Sangue di Cristo, noi già viviamo nella Patria del cielo, nella Riconciliazione che Cristo ha realizzato con la sua Pasqua. Nell’attesa della sua venuta, siamo esortati a perseverare nella fede e nella speranza, accostandoci alla fonte della salvezza «con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura».

VI Domenica di Pasqua - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (At 15,1-2.22-29)

Lo Spirito illumina la discussione della Chiesa sul da farsi. Attenta alla volontà di Dio, che parla mediante le Scritture e la realtà dell’oggi, capisce che il suo cammino porta all’incontro con tutti i popoli.

Seconda lettura (Ap 21,10-14.22-23)

La Chiesa cammina nel tempo senza dimenticare il suo traguardo: la Gerusalemme che brilla della luce di Dio. Già fin da ora essa gode di questa luce, fondata sulla fede dei dodici Apostoli, in comunione eucaristica con l’Agnello.

Vangelo (Gv 14,23-29)

Prima di andarsene, Gesù dichiara che non lascerà mai i suoi. L’amore di Dio sarà in loro se resteranno fedeli alla Parola del Vangelo. Lo Spirito aiuterà la Chiesa a capire meglio le Scritture e le varie situazioni, per poter unire Parola e vita.

Sguardo d'insieme

Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato che la Chiesa non è una associazione benefica o un movimento di opinione, e neanche una multinazionale, ma è COMUNIONE. Per questo, «fare la Comunione» è nient’altro che «fare la Chiesa», e l’Eucaristia è davvero il centro di tutto, per noi. Questa comunione non è frutto di una volontà umana, ma esprime la vita di Dio Trinità (Vangelo): il Padre e il Figlio sono uniti da un unico Amore. Questo Amore si propone a ogni uomo: se qualcuno osserva la Parola vive nell’amore di Dio, Dio abita in lui, lo Spirito Santo dà luce per comprendere sempre meglio questa Parola, la persona entra in una pace che il mondo (con le sicurezze provenienti dall’avere, dal potere e dal piacere) non si sogna nemmeno. Gesù parte dai suoi discepoli, ma non li abbandona affatto. Nasce allora la comunità di quelli che credono nell’Amore e ascoltano la Parola. La Chiesa è l’anticipo della Gerusalemme celeste dell’aldilà, basata sui Dodici apostoli, cioè sul Vangelo che loro hanno trasmesso; il Vangelo e l’Agnello sono alla base di questa città, ciò che tutti abbiamo in comune. La Chiesa vive la comunione cercando la volontà di Dio (Prima lettura); lo Spirito illumina la Chiesa quando questa medita la Parola e interroga le sfide delle varie situazioni di vita nelle varie epoche. Fu così che gli Apostoli capirono che la Chiesa doveva aprire le porte non solo ai figli del popolo ebraico, ma a tutte le nazioni.

V Domenica di Pasqua - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 14,21b-27)

La Chiesa si consolida, la missione di Paolo e Barnaba procede non afflitta, anzi rafforzata dalle tribolazioni che si trova a incontrare. La loro missione non è a titolo personale, ma della comunità di Antiochia che li ha mandati, e del Signore che chiama tutti alla fede.

Seconda lettura  (Ap 21,1-5a)

La Bibbia si conclude con un lieto fine: la Gerusalemme celeste, depurata da ogni lutto e dolore, è la meta del cammino della Chiesa che, nell’oggi della missione e della fedeltà, deve affrontare il potere del male. Tutto passa, per fortuna...

Vangelo (Gv 13,31-33a.34-35)

Torniamo alla sera del giovedì santo: Gesù anticipa che la sua prossima morte è «gloria», splendore dell’amore del Padre e del Figlio che insieme si consegnano fino alla fine per dare la vita agli uomini. L’amore fraterno nella Chiesa deriva dall’amore di Dio e ne continua i frutti benefici.

Sguardo d'insieme

Il frutto più notevole della Pasqua è la nascita della Chiesa come comunione, comunità di fratelli. La Chiesa non nasce da un progetto umano, ma dal «risplendere» dell’amore di Dio (il Vangelo lo chiama «glorificazione», nel linguaggio tipico di s. Giovanni) che brilla nel Crocifisso. Giuda esce dal cenacolo, quella sera del giovedì santo, ma la sua trama oscura diventa manifestazione dell’amore del Padre e del Figlio per l’umanità, non c’è amore più grande di chi si dona... Da questo nasce la Chiesa: fratelli che hanno il progetto di amarsi gli uni gli altri come ha fatto Lui, perché tutti vedano che siamo Suoi. La missione di Paolo e Barnaba, come ogni fede vissuta giorno per giorno, non è opera di eroi solitari ma parte dalla comunità di Antiochia e ad Antiochia torna per la verifica (Prima lettura). Senza comunità la Chiesa non è se stessa ed è sterile. Proseguendo tra i travagli del tempo presente, la comunità cristiana giunge, quando il Signore tornerà, alla sua patria, la Gerusalemme finale, la dimora di Dio con gli uomini, luogo di comunione e di bene, senza dolore, lutto e fatica.

IV Domenica di Pasqua - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 13,14.43-52)

Nonostante le gelosie e le persecuzioni, gli apostoli fanno come Gesù Pastore: sono seguiti dai nuovi credenti, radunano la gente per ascoltare la Parola di Dio, la Voce del Pastore.

Seconda lettura (Ap 7,9.14b-17)

Gesù è l’Agnello che lava i peccati e il Pastore che raduna tutti i popoli davanti al trono di Dio e dona l’acqua che disseta per la vita eterna.

Vangelo (Gv 10,27-30)

Il Padre manda il Figlio per attirare nella Trinità quelli che accettano la salvezza. Gesù offre intimità di vita – completa familiarità con Dio, comunione con la sua Vita eterna; chi lo accoglie ascolta e accoglie la sua Parola, e si impegna nell’avventura del seguire lui, il Pastore.

Sguardo d'insieme

Questa "Domenica del Buon Pastore" é anche la giornata delle Vocazioni: la Chiesa prega perché ogni suo figlio e figlia cerchi qual è la sua posizione nella vita: nell'ottica cristiana, tutti nasciamo per una missione da compiere, affidata da Dio, per il bene proprio e di tutti. Ogni vocazione, ogni vita cristiana nasce dall'ascolto della Parola dell'unico Pastore (Vangelo) e cresce come risposta alla sua Voce. Avere fede significa ascoltare quella Voce (distinguendola quindi dalle voci false o fuorvianti) e seguire Gesù  disposti a imparare quotidianamente da lui. Il Pastore si cura e salva le sue pecore abitando nella loro esistenza ("Conosce le pecore") e iniettando il siero della Vita eterna. Gesù e il Padre sono una sola cosa, entrando in questa Relazione si giunge alla vita piena e alla vera felicità, torniamo alla Casa da cui siamo nati! Gesù è il Pastore nella forma paradossale dell'Agnello (Seconda lettura), egli dona la sua vita per le pecore dimostrando di essere il Pastore Buono e anche Bello, cioè affascinante, attraente, e continua ad offrirsi nel sacramento eucaristico. La voce del Pastore continua a risuonare mediante la predicazione degli Apostoli (Prima lettura): in mezzo a persecuzioni, e grazie al "no" del popolo di Israele al Vangelo, il fascino del Cristo risorto e pastore si estende fuori Israele, ed ecco che per la predicazione apostolica i pagani gioiscono, la salvezza è offerta a tutti, dappertutto, oltre ogni barriera elevata dai pregiudizi umani. Tutta la Chiesa ha l'incarico di fare questo annuncio, principalmente mediante l'esempio e la parola dei pastori che hanno ricevuto il sacramento dell'Ordine, degli sposi uniti nel Matrimonio cristiano, dei consacrati e delle consacrate nei Voti di castità, povertà e obbedienza, e dei missionari che portano il Vangelo in terre lontane.

III Domenica di Pasqua - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 5,27-32.40-41)

Punge la coscienza dei capi giudaici, nel senso di colpa per l’uccisione di Gesù. Pietro dice la verità: la colpevolezza umana verso il sangue innocente, e la misericordia di Dio che lo ha risuscitato: per chi crede in lui, il Giusto è fonte di perdono e appello alla conversione.

Seconda lettura  (Ap 5,11-14)

Il Risorto, colui che ha in mano le sorti del mondo ed è la fonte di ogni benedizione, appare come l’Agnello Immolato. I cristiani seguono il suo corteo vivendo con Lui il dono della propria vita, fino anche al martirio.

Vangelo (Gv 21,1-19)

«E’ il Signore!»: nella Chiesa si vede il Risorto perché ancora opera il miracolo della conversione di molti cuori (la «pesca»), nonostante l’inadeguatezza delle persone, e perché ancora e sempre, con un gesto di perdono, chiama i suoi pastori a una relazione esclusiva con Lui.

Sguardo d'insieme

Risuscitando suo Figlio, il Padre lo ha ri-vendicato di fronte a coloro che lo hanno ucciso. Si tratta di una vendetta alla maniera di Dio, fatta di verità e di misericordia. Pietro dice il vero affermando “voi l’avete ucciso!” (Prima lettura), ma in Dio la verità è la via al perdono, solo quando vede il proprio peccato l’uomo può accogliere davvero e in profondità il perdono di Dio: «Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele la conversione e il perdono dei peccati». L’Agnello immolato raccoglie tutte le ingiustizie del mondo e grida vendetta davanti a Dio; invece la salvezza di Dio va per un’altra strada, l’Innocente viene innalzato al trono di Dio (Seconda lettura), e lo acclamano vincitore tutte le creature che sono state rinvigorite e salvate dal suo sangue: l’Alleluia della Chiesa è il canto di chi sa di aver ricevuto misericordia e perdono, e per questo vive nella gioia e nel ringraziamento. Il Vangelo racconta la misericordia del Risorto che accompagna la «pesca fallita» dei suoi discepoli, la missione della Chiesa sterilizzata dall’insuccesso e dal peccato. È Gesù a fare breccia nei cuori, rendendo fruttuosa la missione. È la presenza forte e benevola di Gesù a recuperare Pietro, dal suo triplice rinnegamento alla triplice dichiarazione d’amore. La missione di Pietro e della Chiesa non è un lavorare per Dio (che sa fare bene anche da sé) ma è ripetere a Gesù «Lo sai che ti amo!», e dire a tutti: «Ci ha perdonati e lo amiamo, per questo stiamo con Lui e invitiamo anche voi a venire con noi». Senza la relazione d’amore con Gesù non esiste la Chiesa, la sua missione sarebbe solo opera umana, infruttuosa.

II Domenica di Pasqua - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 5,12-16)

Luca descrive la Chiesa della prima generazione: basata sul ministero degli Apostoli, comunità che ama stare insieme, guardata con ammirazione e distanza dall’opinione pubblica. Nel suo ambiente, la Chiesa madre di Gerusalemme è segno della misericordia di Dio prendendosi cura dei malati.

Seconda lettura  (Ap 1,9-11a.12-13.17-19)

In tempi di persecuzione, Giovanni scrive l’Apocalisse = rivelazione del Signore risorto, nel suo giorno (Domenica). Mentre la Chiesa naviga tra le tempeste della storia, Egli è già il Vincitore, il Primo e l’Ultimo. Egli ha tutte le carte vincenti di un gioco in cui la Chiesa si cimenta contro ogni potenza di male e di morte.

Vangelo  (Gv 20,19-31)

Mentre nasce la Domenica, Pasqua settimanale (“otto giorni dopo”), Gesù recupera Tommaso, prima assente: anche lui dovrà essere testimone credente e credibile del Risorto. Con il dono dello Spirito inizia la missione della Chiesa: annunciare e realizzare ovunque il perdono di Dio.

Sguardo d'insieme

La Chiesa considera gli otto giorni di Pasqua un unico giorno. Giovanni Paolo II ha dedicato questa Domenica alla «Divina misericordia» mentre, in antico, oggi i battezzati “deponevano” la veste bianca («in albis deponendis») ricevuta la notte di Pasqua, e iniziavano il tempo della fedeltà quotidiana a Gesù e al Vangelo. Le letture di oggi ci riportano alle origini, quando nasce la Domenica, il Primo Giorno, Pasqua settimanale: «La sera di quel giorno... otto giorni dopo» (Vangelo). Il gruppo degli Apostoli si compatta insieme con Tommaso: per essere testimone credibile della risurrezione dovrà anche lui «toccare» il Risorto, per esserne toccato fino in fondo («Mio Signore, mio Dio!»). Nasce la missione della Chiesa: annunciare al mondo intero il perdono di Dio, realizzato da quelle Piaghe che Tommaso ha toccato come se le indicasse a tutti. La Chiesa è missionaria perché annuncia Gesù, vive come vera comunità e si prende cura dei malati; cerca sempre di restare se stessa, incurante né della buona né della cattiva opinione dell’ambiente in cui vive (Prima lettura). Trovandosi perseguitata in tante fasi della sua storia, e in tanti luoghi in cui vive, rimane salda attorno al Signore e alla Domenica, Giorno del Signore. In esso celebra l’Eucaristia, vive la presenza del Cristo Risorto e Vivo, Primo e Ultimo, che ha in mano i destini della Chiesa e di ogni uomo (Seconda lettura). Nella liturgia domenicale la comunità riceve la Parola di Dio per il tramite del ministero dei suoi pastori e maestri, successori degli Apostoli, e attinge la forza per continuare a camminare e sperare, lottando insieme al Signore contro ogni forma di male e di morte.

Liturgia di Pasqua 

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 10,34.37-43)

Pietro prende la parola e annuncia Gesù messo a morte dagli uomini e risuscitato da Dio. Questo annuncio è la base del cristianesimo e il motivo per cui esiste la Chiesa.

Seconda lettura  (Col 3,1-4)

Credere nella risurrezione significa lasciare che la vita nuova dello Spirito, ricevuto nel Battesimo, penetri in noi, ragionando e vivendo non più secondo il mondo ma secondo Dio.

Vangelo  (Gv 20,1-9)

Il primo giorno della settimana segna l’inizio di una realtà nuova: la tomba vuota, l’interrogativo su cosa è successo, l’annuncio che Gesù non è più tra i morti, secondo il progetto di Dio rivelato nelle Scritture (Bibbia).

Sguardo d'insieme

Al cuore dell’anno, e della fede cristiana, c’è la Pasqua: annuncio della Vita sopra e oltre ogni morte (Prima lettura), e della vera dignità dell’uomo, chiamato ad essere non solo creatura di Dio ma suo figlio, adottato con il Battesimo. Chiamati tutti a vivere di cielo, non più secondo le limitate e imperfette prospettive solamente terrene (Seconda lettura). Vivere di fede non significa avere facili verità in tasca, ma accettare di incontrare Gesù vivo e presente, attraverso i segni della sua “assenza”: la tomba vuota (“Sarà vero che lo hanno rubato?”), e la meditazione delle Scritture attraverso le quali chi crede incontra la Parola e il progetto di Dio sulla vita del mondo e di ogni persona (Vangelo).

Passione del Signore - Venerdì Santo

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 52,13-53,12)

“Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”. “Egli è stato trafitto per le nostre colpe”.

Seconda lettura (Eb 4,14-16; 5,7-9)

“Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” .

Sguardo d'insieme

Il Venerdì santo non si celebra la Messa: è giorno di lutto per la Chiesa mentre il Signore vive il mistero più profondo della sua umanità: la morte.
Anzitutto si fa una Liturgia della Parola. Gesù è il Servo di Dio annunciato nelle antiche Scritture (Prima lettura), colui che procura il bene al popolo mediante il sacrificio di sé e la sua obbedienza al progetto di Dio. Un anonimo autore cristiano (Seconda lettura) vede nella morte di Gesù, volontaria e obbediente, la sua realtà di Sommo sacerdote, perfetto Pontefice tra cielo e terra, capace di creare un vero contatto tra Dio e chi accetta di mettersi sulla strada della stessa obbedienza e dello stesso amore. Nella Passione secondo Giovanni vediamo un Gesù che, in mezzo alle trame ostili, procede a testa alta fino alla fine, fino al dono dello Spirito che segna il sorgere della Nuova Alleanza e del mistero della Chiesa. Segue la solenne Preghiera universale: la passione di Gesù intende raggiungere ogni uomo, portare a tutti il messaggio dell’amore assoluto di Dio e invitare tutti ad accettarlo con la fede. Con amore, poi, la Chiesa accompagna il suo Signore crocifisso che si fa avanti sulle braccia del sacerdote, e lo bacia esprimendo il proprio dolore, invocando la forza per seguire il Signore sulla via della sua croce. Infine, c’è la possibilità di ricevere l’Eucaristia: fare la “comunione” significa accogliere nel profondo il dono d’amore di Gesù, e lasciare che l’essere amati ci aiuti ad amare.

Cena del Signore, Giovedì Santo

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Es 12,1-8.11-14)

La Pasqua ebraica celebra la liberazione di Israele, con un rito di morte per la vita. Il sangue dell’agnello indica la scelta di Dio che prende le parti del suo popolo.

Seconda lettura (1Cor 11,23-26)

A una comunità dove ciascuno pensa a se stesso, Paolo ricorda il gesto di Gesù: il dono di sé (corpo – sangue) “per voi”. E’ l’alleanza che lega tra loro i cristiani e la Chiesa al suo Sposo, mentre sospira il suo ritorno.

Vangelo (Gv 13,1-15)

Giovanni non racconta l’ultima Cena ma propone il gesto di Gesù che, come lo schiavo, lava i piedi ai discepoli. La vera grandezza davanti a Dio consiste nel servizio agli altri, e nel lasciarsi amare dal Signore.

Sguardo d'insieme

Il Triduo inizia con la memoria dell’ultima Cena. Per noi “memoria” significa “rivivere” questo gesto, ciò che accade ad ogni Messa. Già per Israele il sacrificio dell’agnello è rivivere l’antica liberazione dall’Egitto (Prima lettura); nella Nuova Alleanza l’agnello è Gesù stesso. Nella piena consapevolezza della sua dignità di Figlio di Dio, egli decide di farsi dono, e di indicare in questo modo la via dell’amore vero, quello che dà vita a chi lo accoglie; se è già difficile diventare dono per gli altri, ancor più difficile è accettare di essere amati, come Pietro (Vangelo). Il rito della “lavanda dei piedi” ci ricorda anzitutto la cura tenera del Signore verso di noi. Mentre Israele è la comunità di chi obbedisce alla Legge, la Chiesa prima di tutto riconosce di essere amata dal suo Sposo: da lui prende l’esempio dell’amore, e impara a vivere la “comunione” condividendo lo stesso pane di Dio. In questo modo la Chiesa testimonia non se stessa ma il Signore, aspettando con amore il suo ritorno (Seconda lettura). Il “sacerdozio ordinato” nella Chiesa serve per riproporre il gesto e le parole del Signore, perché la comunità abbia sempre davanti agli occhi e nel cuore l’esempio del Signore.

Liturgia della Domenica delle Palme , anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 50,4-7)

Un anonimo Servo del Signore si presenta con le qualifiche del vero profeta: accoglie totalmente la Parola di Dio, non resiste a lui e neanche a coloro che, per la sua fedeltà, lo perseguitano. È immagine di Gesù, che nella sua Passione mette se stesso e il proprio destino nelle mani del Padre.

Seconda lettura (Fil 2,6-11)

Paolo medita la cosa più inaudita del mondo: il Figlio di Dio, uguale al Padre, Creatore e Signore del mondo, per amore annienta se stesso facendosi vicino agli uomini; per questa via stretta giunge alla vita piena, insieme a tutti quelli che con fede proclamano «Cristo è il Signore!».

Vangelo (Lc 22,14-23,56)

Seguiamo il percorso di Gesù: il dono di sé nell’Eucaristia, il tradimento di Giuda e quello amaro di Pietro, la lotta al Getsemani per restare fedele al Padre e alla sua missione, il giudizio e la condanna da parte degli uomini, fino alla morte di croce e alla sepoltura.

Sguardo d'insieme

Inizia la Settimana Santa, o Autentica: quella centrale di tutto l’anno cristiano, poiché è dalla Pasqua che nasce la fede dei discepoli e la loro testimonianza, che ha diffuso la Chiesa in tutto il mondo. Alla Messa principale si commemora l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, e i segni sono l’olivo (segno della pace e del perdono di Dio che Gesù reca con la sua morte e risurrezione), l’asino (di cui Gesù ha bisogno per manifestarsi come il vero Re e benefattore), il grido della folla (l’Osanna che nella liturgia precede la consacrazione).
Le letture presentano i due aspetti del mistero pasquale di Gesù. Anzitutto la sua divinità che si abbassa fino ad incontrare i peccatori nel loro stesso campo, quello della sofferenza e della morte (Seconda lettura). Poi la sua umanità di Servo del Signore, profeta obbediente alla Parola che paga la sua fedeltà a Dio e indica a tutti la via che conduce alla vera vita. Infine, il racconto della Passione (quest’anno secondo Luca), sottolinea il tradimento di Pietro (che Gesù guarda diritto in faccia dopo i suoi rinnegamenti) e l’incomprensione dei discepoli che discutono su chi è il più grande. Questo racconto è la testimonianza dei discepoli dopo la Pasqua, quando hanno ben capito l’enormità del Gesto di Gesù che accetta la propria lotta dolorosa per portare a termine il dono di sé e il riscatto dei peccatori. Questo gesto viene ricordato e realizzato in ogni Messa: con il suo Corpo e Sangue Gesù è presente e si offre per noi; nell’assemblea, anche noi ci offriamo con lui al Padre, per realizzare la nuova ed eterna alleanza, per la salvezza del mondo.

Liturgia della 5° Domenica di Quaresima , anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 43,16-21)

Il popolo di Dio è in esilio, affranto e sconfitto, con la memoria incancellabile del suo tradimento contro Dio e la sua Legge. Il profeta grida la riscossa: esiste una risurrezione, un perdono, una vita nuova, un nuovo ritorno nella Terra, in gioia e prosperità.

Seconda lettura (Fil 3,8-14)

Persecutore, violento, recuperato da Gesù Cristo, Paolo vive solo per lui. Era un fariseo tra i migliori, ma credere nel perdono ricevuto, per Paolo conta infinitamente di più, perché gli ha cambiato davvero la vita.

Vangelo (Gv 8,1-11)

Gesù insegna, ma ha di fronte a sé dei cuori duri, rivestiti di buone apparenze, lontani dal Cuore misericordioso di Dio, che proprio la Parola rivela: «Neanch’io ti condanno. Non peccare più».

Sguardo d'insieme

Non esiste gioia senza perdono, e senza perdono non c’è neanche speranza di voltare pagina e cambiare vita. Senza il perdono c’è la paralisi interiore, come quella degli Ebrei esiliati a Babilonia (Prima lettura); ad essi Isaia annuncia la cosa più fenomenale: Dio li ha perdonati, e lo ha fatto gratis! Quei traditori possono lasciarsi alle spalle il passato e sognare un nuovo ritorno, una nuova Terra Promessa, una nuova prosperità, un nuovo tempio per una nuova lode al Signore. Tutto può ricominciare, magari meglio di prima. La stessa paralisi è della peccatrice del Vangelo, immobile davanti ai suoi accusatori e al silenzio enigmatico di Gesù, che non nega la realtà di questa persona, ma preferisce far brillare il volto del Padre. Paralisi degli accusatori, che condannano la donna pur conoscendola bene (in particolare i più anziani, i più peccatori che se ne vanno per primi). «Va’ e non peccare più», è l’assoluzione del Sommo Sacerdote Gesù Cristo, il biglietto di imbarco per un nuovo viaggio, verso una nuova vita e una vera dignità umana. E poi la vicenda di Paolo (Seconda lettura): colui che – lo vediamo nelle sue lettere e ovunque nel suo profondo pensiero – non ha mai dimenticato di essere stato il nemico di Cristo e della sua Sposa – Corpo, il persecutore e il violento. Il graziato da Cristo, lavato dal sangue della Croce, baciato dalla Misericordia. Da allora ha vissuto solo per quel Cristo che gli ha ridato una vita vera, tutto il resto era spazzatura (letteralmente letame) a confronto di lui. Peccato per chi continua a non capire, e magari anche si confessa ma senza pentimento: non sa cos’è la gioia e la libertà cristiana.

Liturgia della 4° Domenica di Quaresima , anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gs 5,9.10-12)

Appena Israele entra nella Terra promessa, termina la manna, pane del cammino. Il popolo celebra la Pasqua, per non dimenticare che Dio ha mantenuto le sue promesse ai padri, e che manterrà quelle future.

Seconda lettura (2Cor 5,17-21)

Il potere del male sta nel legarci alla memoria del peccato commesso. L’apostolo però annuncia la grande novità: il perdono del Padre che ha mandato Gesù per rifare l’alleanza distrutta e rinnegata. La Chiesa di tutti i tempi è mandata a invitare tutti a entrare in questo perdono.

Vangelo (Lc 15,1-3.11-32)

Di fronte al Padre buono scopriamo di essere figli ingrati o dal cuore duro. Torniamo in noi stessi per vedere il vero volto di Dio; il perdono ricevuto diventi fontana di misericordia nei cuori dei farisei e scribi dei nostri tempi.

Sguardo d'insieme

LA CASA. Di solito se ne parla a proposito delle tasse, o dell’orgoglio di chi se la fa da sé. Questa Quaresima ci ricorda che esiste una casa illusoria e una vera, nella quale Qualcuno ci sta aspettando. Per l’Antico Testamento, la casa di Israele è la Terra Promessa ai padri, ottenuta al termine del cammino nel deserto. Segno di questa acquisizione, e di questo salto di qualità, è il passaggio dal mangiare manna leggera al cibo sostanzioso prodotto da una campagna fertile (Prima lettura). La Pasqua ebraica collega questo benessere all’iniziativa di Dio. La famosa parabola del Padre misericordioso (Vangelo) parla di un Dio Padre di casa, capofamiglia, immagine di sicurezza – stabilità – benessere; di un figlio minore che cerca casa altrove e finisce per trovare solo la stalla dei maiali; di un figlio maggiore (persona assai per bene) che è sempre rimasto in casa ma la considera solo un premio (da ereditare nell’aldilà) in ricompensa della sua fedeltà alle regole. Egli immagina una casa bella ma vuota, non gli importa del Padre né dell’altro fratello, come gli onesti farisei cui Gesù sta parlando. Paolo ci ricorda qual è la casa che il Padre ha preparato per i suoi figli (Seconda lettura): essere creature nuove, perché abbiamo accolto la riconciliazione gratuita che Dio ha offerto a tutti. Il perdono, se ricevuto, è la forza che rinnova la persona nel profondo: eravamo meritevoli dell’ira di Dio, invece abbiamo ricevuto solo misericordia. «Lasciatevi riconciliare con Dio!».

Liturgia della 3° Domenica di Quaresima , anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Es 3,1-8.13-15)

A Mosè, ritiratosi a vita privata e delusa, Dio rivela il suo Nome nel silenzio del deserto e nello stupore del fuoco che non consuma. Il Dio dei padri si è ricordato del suo popolo oppresso, e propone a un uomo di realizzare la sua liberazione.

Seconda lettura (1Cor 10,1-6.10-12)

L’antico esodo è annuncio della realtà di Cristo (vera acqua dalla roccia), del Battesimo (immersione nel vero mar Rosso), della Chiesa (sotto la vera nube di Dio che la guida). Dio ha fatto tutto pensando a noi, suo popolo: per questo una nostra risposta negativa avrebbe conseguenze peggiori.

Vangelo (Lc 13,1-9)

La cronaca catastrofista ha sempre avuto presa sulla gente. Per Gesù, le sciagure sono tutte avvertimenti: finché ne abbiamo tempo e forza, bisogna impegnarsi a convertirsi sul serio. Anche per il fico sterile la Pazienza non è infinita.

Sguardo d'insieme

Il dono di Dio ci rende responsabili della nostra risposta: può essere questa l’ottica di fondo della Parola di Dio di oggi. È perché siamo nati, che siamo responsabili di gestire bene la vita; è perché siamo stati e siamo ancora amati, che la nostra parte è amare a nostra volta. Dio si muove a compassione della schiavitù del suo popolo (Prima lettura), per questo chiama Mosè a diventare il liberatore dei suoi fratelli, abbandonando la propria vita normale (e ordinatamente chiusa nei fatti suoi). È perché si sente onorato della fiducia di Dio, che Mosè accetta con un brivido la propria missione. Dio ha pazienza, dandoci il tempo per convertirci prima di chiamarci in giudizio per le nostre decisioni e le nostre opere (Vangelo): per questo, sforzarsi di cambiare vita è il modo saggio per vivere il tempo che passa. Dio crede che anche il fico apparentemente secco può rinverdire: per questo nessuno è autorizzato a dubitare della propria capacità di produrre frutti buoni per sé e per tutti. Il nostro Battesimo è la benedizione di Dio sulla nostra vita (Seconda lettura), per questo sarebbe fatale tagliarsi fuori da questa benedizione, rinunciare all’alleanza di Dio, interrompere il flusso di acqua viva che ci lega al Padre da cui siamo nati, cadere nel definitivo nulla della morte eterna.

Liturgia della 2° Domenica di Quaresima , anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 15,5-12.17-18)

Abramo vive sulla promessa di Dio: terra e discendenza. Egli diventa «giusto» nel momento in cui si appoggia in Dio. È giusto perché crede: vede in anticipo ciò che Dio farà, contempla la Meta quando nel cammino ancora non appare nulla.

Seconda lettura (Fil 3,17-4,1)

Paolo guarda la Chiesa e piange per i cristiani che mettono al centro le proprie mire di gloria, e dimenticano Gesù e la sua Croce. Da credente però vede la vittoria finale del Signore, il Risorto brucerà ogni traccia di umanità corrotta.

Vangelo (Lc 9,28-36)

Prima di iniziare il suo cammino verso Gerusalemme, Gesù mostra in anticipo il suo mistero di croce e di gloria. Egli brilla come il Vincitore Risorto, il Figlio eletto dal Padre per orientare, con la sua Parola, il cammino difficile dei discepoli.

Sguardo d'insieme

È la “Domenica della trasfigurazione” (Vangelo). Prima di iniziare il cammino verso Gerusalemme (il suo «esodo»), Gesù anticipa il lieto fine della risurrezione. Questa certezza non risparmia ai discepoli la fatica e il buio del cammino, non accetteranno il cammino della Croce e fuggiranno. L’esodo di Gesù è in sostanza la vita cristiana: certezza della meta, fatica della fede. Abramo insegna cos’è la fede (Prima lettura): mentre non ha ancora nulla, senza figli e senza patria, esce dalla tenda della propria angoscia: guardando il cielo stellato crede nella promessa di Dio e vede nelle stelle la moltitudine dei suoi figli: è questa la sua giustizia, il legame che lo stringe a Dio e che stringe Dio a lui. Anche Paolo ci mostra la sua fede di pastore della Chiesa (seconda lettura): nonostante la sua fatica di missionario e maestro, vede i suoi cristiani ancora indietro, bambini nella fede, divisi e preoccupati del loro «ventre», dediti ai propri interessi e lontani dalla Croce di Cristo, incapaci di amare e di costruire comunione. Nel momento del buio e del vuoto, ritrova energia contemplando la meta: Gesù tornerà e ci trasfigurerà, prenderà quel poco che avremo potuto costruire e lo farà diventare Luce piena, Vita eterna, Gioia assoluta. Cristo è risorto: il male non è più l’unica cosa possibile. Ascoltando Gesù e imparando da lui possiamo già da ora vivere da figli di Dio, iniziando piano piano la trasfigurazione, dall’uomo vecchio e corrotto a quello nuovo, creato a immagine di Dio.

Liturgia della 1° Domenica di Quaresima , anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Dt 26,4-10)

Il rito contadino dell’offerta delle primizie ricorda a ogni ebreo chi era, senza casa e schiavo in Egitto, e ciò che è diventato per opera di Dio: un uomo libero. L’ebraismo è la religione della libertà frutto di una liberazione.

Seconda lettura (Rm 10,8-13)

Siamo battezzati perché abbiamo creduto alla Parola annunciata dagli apostoli. Tutti sono invitati ad aderire a Gesù, c’è una salvezza che tutti possono invocare. Per il cristianesimo, la relazione con il Padre (= fede) libera l’uomo.

Vangelo (Lc 4,1-13)

Uomo come noi, il Figlio di Dio viene sottoposto alla fame e alla tentazione di fare a meno di Dio, di mettere come scopo della vita il proprio potere, avere, successo. Lotta per tutta la sua vita e vince sulla Croce («Se sei il Figlio di Dio scendi giù!»).

Sguardo d'insieme

La Quaresima nasce come preparazione dei catecumeni al Battesimo, e per noi oggi è tempo favorevole per recuperare le nostre origini. All’inizio della storia della Chiesa ci sta l’annuncio dell’opera di Dio che ha mandato il suo Figlio; egli, morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha creato una nuova vita, quella appunto del battezzato, che non segue gli insegnamenti del Nemico ma appartiene alla Parola. Questo annuncio di vittoria pasquale nasce da Israele (Prima lettura): nel rito sacro dell’offerta delle primizie dei campi, il credente annuncia (e ringrazia) di essere stato schiavo e di essere stato liberato. Il culto è un «pagare il debito di riconoscenza», come per noi oggi l’eucaristia: il ringraziamento nasce dalla storia in cui il credente vede i segni dell’intervento di Dio liberatore – senza liberazione non c’è ringraziamento... Nella Nuova Alleanza, l’annuncio è quello di Paolo: «Gesù è il Signore» (Seconda lettura). Accettare il Battesimo significa accettare che Gesù sia il Signore della mia vita, sulla base della fede nella sua risurrezione: Gesù è la via alla vita, non c’è altra Parola che possa condurre l’uomo al di fuori del proprio egoismo e pretesa di libertà senza Liberatore. Gesù ha vissuto il dilemma se vivere da salvato o no, se vivere per il Padre o no, se vivere sulla Parola del Padre (ricevendosi dal Padre ogni momento, in obbedienza a Lui) o andare per la propria strada, anche per nobili fini (Vangelo): dall’inizio della sua vita pubblica fino alla Croce, il Tentatore gli dice: «Se sei Figlio di Dio, rinuncia a Dio e sii figli odi te stesso!». Ma allora la fede sarebbe stata dell’uomo nell’uomo, Dio sarebbe stato espulso dalla vita, l’uomo sarebbe stato solo la somma del suo delirio di onnipotenza + i suoi fallimenti + la sua morte, alla fine di tutto. Ma così non fu, Gesù ha vinto.

Liturgia del Mercoledì delle Ceneri

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gl 2,12-18)

Nell’assemblea del tempio, il profeta alza la voce e invita tutti a voltare lo sguardo al Dio della misericordia. Solo perché Dio è così, è possibile tornare a lui senza paura. E chi torna a lui, riconoscendo il proprio peccato, incontra il Cuore compassionevole di Dio.

Seconda lettura (2Cor 5,20-6,2)

L’apostolo, servo della Parola di Dio, non è il padrone delle coscienze ma colui che le stimola. Ancora oggi la Chiesa rinnova l’invito: è oggi il tempo favorevole per tornare al Padre, perché lui per primo è tornato a noi mandandoci il suo Figlio.

Vangelo (Mt 6,1-6.16-18)

Elemosina, preghiera e digiuno: sono le tre pratiche del pio ebreo, che Gesù propone anche ai suoi. Ma con una precisazione: esprimano una vera relazione con Dio, che vede nel segreto, siano un atto d’amore per piacere a Lui.

Sguardo d'insieme

La Quaresima nasce come preparazione ultima di chi riceveva il Battesimo, la Veglia di Pasqua. Per chi è già battezzato, e ha dimenticato il patto con Dio, è l’occasione, anzi il momento propizio (Seconda lettura) per riscoprire il vero volto di Dio e il nostro vero volto. Il nostro Dio non è distante, per primo “converte” il suo favore verso i suoi figli. Per questo non abbiamo paura di lui e di riconoscere di aver dimenticato Colui che ci ama in modo così totale (Prima lettura): il peccato non è solo mancanza d’amore, ma atto di ingratitudine. Per questo, la Quaresima è anche riscoperta del Sacramento della Confessione / Riconciliazione: esso nasce dal pentimento di fronte alla propria realtà (esame di coscienza), e approda all’incontro con un Amore che guarisce e incoraggia. Le ceneri ci ricordano tutta la nostra fragilità, e sono allo stesso tempo un invito alla speranza: restando uniti alla Parola che ha creato il mondo, la nostra debolezza è accompagnata quotidianamente dalla forza di Dio. La Quaresima ci ricorda infine che il cristianesimo è una religione “operativa” (Vangelo): apertura al prossimo (elemosina), a Dio (preghiera) ed equilibrato rapporto con le cose (digiuno) sono la sostanza dell’etica cristiana. Attenzione, però: anche le cose più belle e vere possono diventare “usanze esteriori”, modi per affermare se stessi e i propri meriti. Sarebbe un restare ancora nel peccato.

Liturgia della V Domenica T.O. anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 6,1-2a.3-8)

Isaia racconta la propria vocazione: nel Tempio, durante la liturgia, insieme alla sua gente, piccolo davanti al Dio santissimo. Il fuoco della Parola gli purifica le labbra, da quel momento il suo incarico è quello di parlare di un Dio esigente e anche immensamente vicino.

Seconda lettura (1Cor 15,1-11)

La Pasqua di Gesù è il centro della fede cristiana, che ha affascinato Paolo e lo ha spinto a camminare fino a Corinto per annunciare Gesù morto e risorto, che ci ama e per noi vince ogni tenebra.
Il messaggero è grande perché porta questo grande annuncio, Lieta Notizia.

Vangelo (Lc 5,1-11)

Luca racconta l’umile inizio della missione della Chiesa: da una parte l’enorme attesa della gente, dall’altra lo scoraggiamento di Pietro e dei futuri apostoli, in mezzo la determinazione di Gesù e la sua voglia di arrivare lontano: «Va’ e prendi il largo!».

Sguardo d'insieme

Chiamati per portare un lieto annuncio (= Vangelo): è la nostra identità secondo le letture di oggi, il motivo per cui siamo venuti al mondo. Da 2000 anni la Chiesa porta una fede e un Vangelo che essa non ha creato, ma le è stato donato gratis, per farne dono a sua volta a tutte le persone che cercano qualcosa di più che la noia e le illusioni che il mondo e i suoi maestri predicano, e anche in modo convincente. All’inizio di tutto quindi c’è un intervento potente di Dio. Egli appare a Isaia nello splendore della sua grandezza, quel senso di infinito che a volte ci prende e ci fa sentire così piccoli (Prima lettura); si fa avanti apparendo a Paolo e ad altri 500 nella luce della risurrezione di Gesù (Seconda lettura); parla a uomini stanchi e li spinge a gettare ancora le reti, in un orario in cui difficilmente si prendono pesci (Vangelo). Il Cielo interviene così su persone davvero limitate: Isaia e il suo popolo, gente dalle labbra impure; Paolo, violento e persecutore di Gesù e della sua Chiesa; Pietro, stanco e arrabbiato perché non ha saputo fare il suo mestiere in cui è esperto. Tutte queste persone riprendono forza e partono per annunciare che Dio è Altissimo ma non è arrabbiato con noi (Isaia), che Gesù ha vinto la morte sua e di tutti (Paolo), che ikl Padre desidera attirare a sé tutti i suoi figli (Pietro). Ancora oggi la Parola ha bisogno dei suoi messaggeri, Cristo ha bisogno del suo Corpo che è la Chiesa, la folla di chi cerca ha bisogno di cristiani che non si sono rassegnati alla noia, che non hanno «tirato i remi in barca».

Liturgia della IV Domenica T.O. anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ger 1,4-5.17-19)

Geremia racconta la propria vocazione, anni dopo i fatti. Il profeta ha fin da sempre l’amore di Dio che lo ha scelto, ma gli è negata la soddisfazione di essere ascoltato. La Parola di Dio si scontra contro le barriere di una umanità che non ascolta, preferendo andare per la propria strada.

Seconda lettura (1Cor 12,21-13,13)

Ci sono i carismi (doni di Dio alle singole persone per l’utilità comune), e c’è la carità, la Via sublime, che rende veri tutti i carismi, come pure l’amore rende gradita a Dio l’esecuzione di tutti i comandamenti. L’amore è uno stile abituale di vita, che stacca la persona da se stessa e dalle proprie ansie per aprirla agli altri e al futuro, in cui Dio si manifesterà.

Vangelo (Lc 4,21-30)

Alla proposta di Gesù segue il rifiuto di quelli di Nazaret: vorrebbero solo miracoli per stare bene, un Dio che risponde ai bisogni ma che deve stare zitto. Ecco: il popolo di Dio rifiuta il Lieto Annuncio; esso sarà rivolto ai pagani e ai lontani, e loro lo accoglieranno.

Sguardo d'insieme

Se leggiamo le testimonianze dei profeti dell’Antico Testamento troviamo una costante: la premura di Dio che parla al suo popolo e l’ostinazione di esso nel non ascoltare. È lo spettacolo di una umanità che immagina di essere autosufficiente e invece paga il prezzo storico della propria presunzione (ieri l’esilio, oggi il vuoto morale e la crisi generalizzata). Geremia viene chiamato da un Dio che lo ama dall’eternità (Prima lettura) ma che scandalosamente lo manda allo sbaraglio davanti al muro di pietra del cuore del popolo, contro il quale si romperà la testa. «Non spaventarti», ma a cosa serve questo sacrificio, quando la religione nazionale non fa presa nelle coscienze? Forse perché saranno pochi, ma qualcuno crederà, la fede nasce come realtà minoritaria. Analoga brutta fine fa l’annuncio inaugurale di Gesù nella sua patria, tra i suoi parenti, davanti a quelli che sono andati a scuola con lui… (Vangelo). Non viene a portare un nuovo padrone o una nuova ideologia di violenza, annuncia un mondo nuovo dove c’è vera libertà perché trionfa il perdono di Dio... Troppa novità, troppa libertà, meglio stare schiavi del peccato di sempre con cui siamo venuti a patti. I cittadini di Nazaret tentano di uccidere Gesù (ci riusciranno quelli di Gerusalemme a Pasqua), chissà perché ciò che ti fa bene è la prima cosa per cui non hai tempo e voglia... Paolo infine ricorda che davvero si possono fare tante belle cose utili e generose (Seconda lettura), ma solo la carità rende tutte queste cose grandi davanti a Dio. L’opera è davvero buona quando nasce da un cuore che ama Dio, quando è operata da una mano sostenuta da un Amore più grande delle nostre stanchezze e contraddizioni.

Liturgia della Presentazione del Signore

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Mal 3,1-4)

Dopo aver mandato i profeti, alla fine dei tempi Dio preparerà il proprio arrivo... mandando se stesso! Gesù, Figlio di Dio, sarà l’angelo (= messaggero) dell’alleanza, il Sospirato delle genti, egli indicherà il vero spirito religioso e realizzerà l’espiazione dei peccati.

Seconda lettura (Eb 2,14-18)

Manifestandosi nella nostra umanità, il Messia mostra la cura di Dio per l’umanità credente (Stirpe di Abramo), e libera dal peccato e dalla morte sottoponendosi alla comune, umana condizione di sofferenza.

Vangelo (Lc 2,22-40)

Il tempio è il luogo dove si offrono i sacrifici a Dio. Gesù e Maria si sottopongono alle regole della purificazione rituale, Gesù viene consacrato e riscattato in quanto figlio primogenito. Viene anticipata, per il Figlio e la Madre, la Pasqua di dolore e di redenzione, si compie la domanda di salvezza di Simeone e Anna e dei giusti di ogni tempo.

Sguardo d'insieme

I cristiani orientali chiamano questa «Festa dell’incontro». Si incontrano i vecchi Simeone e Anna e il piccolo Gesù, finisce l’Antico Testamento e inizia il Nuovo. Finisce un tempio, e il suo culto che era diventato inutile e ipocrita, come diceva il profeta Malachia, e inizia un nuovo tempio reso puro dal Signore che entra personalmente in esso (Prima lettura). Termina la ricerca di Assoluto che c’è in ogni cuore umano e l’Assoluto si fa vicino proprio nel tempio, là dove la gente ascolta la Parola e prega. Inizia il vero culto a Dio, quello di Gesù: egli è chiamato «Sommo sacerdote» (Seconda lettura), il più grande, il Pontefice che realizza l’unione tra Cielo e terra (è vero Dio e vero uomo). A Natale assume la nostra umanità diventando totalmente solidale con noi, a Pasqua offrirà se stesso per offrire ad ogni uomo, divenuto suo fratello, l’espiazione e il perdono dei peccati. Gesù Sacerdote è dalla parte del peccatore, non reclama la vendetta ma offre aiuto e comprensione nel momento della debolezza. Gesù è il volto di Dio amico e benefattore dell’uomo! Fin da piccolo, presentato al tempio di Gerusalemme (Vangelo), secondo le regole del figlio maschio primogenito Gesù viene riscattato dal sacrificio di piccoli volatili (l’offerta di una famiglia piuttosto povera), ma in realtà si anticipa il finale della Pasqua, quando sulla croce nessuno andrà al suo posto, e a Maria «una spada trafiggerà l’anima». La festa di oggi, 40 giorni dopo Natale, fa guardare avanti ai 40 giorni quaresimali prima di Pasqua. Perché Gesù offre se stesso? Risponde Simeone, il vecchio saggio: «Perché siano svelati i pensieri di molto cuori»; davanti alla croce di Gesù si è costretti a scegliere, se invocare il perdono di Dio e ricevere la sua misericordia gratuita, oppure andare via. Gesù entra nel suo tempio, ma dipende da noi se accoglierlo nella casa della nostra vita, e della nostra sete di amore e di perdono.

Liturgia della III domenica T.O. anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ne 8,2-4a.5-6.8-10)

Nell’assemblea dei reduci dall’esilio risuona la Parola di Dio, che propone la sua alleanza. Il popolo piange ricordando le infedeltà alla Legge nel passato, ma Esdra invita a guardare avanti: la Parola di Dio è stimolo e fonte di coraggio per la vita di ogni giorno.

Seconda lettura (1Cor 12,12-30)

Paolo prosegue parlando della Chiesa come Corpo di Cristo, realizzato nel Battesimo. L’unico Spirito ci rende tutti uguali nella dignità e nella responsabilità, tutte le membra del corpo sono necessarie, e quelle più fragili vanno trattate con più onore.

Vangelo (Lc 1,1-4; 4,14-21)

Luca raccoglie le testimonianze ed espone il personaggio Gesù: egli inizia la sua vita pubblica a Nazaret, durante la liturgia del sabato, e annuncia il piano di Dio: realizzare la liberazione dell’uomo dal male morale e sociale che lo opprime.

Sguardo d'insieme

Con una parola puoi edificare o distruggere una persona, la parola produce sempre degli effetti. Così la Legge di Dio che Esdra proclama agli ebrei tornati dall’esilio (Prima lettura): inizialmente produce pianto, il ricordo delle infedeltà alla Legge che causarono la tragedia dell’esilio, ma poi genera la gioia perché Dio non ha abbandonato il suo popolo, offre ancora una possibilità per essere fedele alla Via che conduce alla Vita. Anche il primo discorso di Gesù, alla sinagoga della sua città di Nazaret (Vangelo): domenica prossima vedremo la reazione in chi ascoltava, oggi vediamo subito l’effetto che la Parola di Gesù produce in chi la accoglie: è la liberazione da ogni catena di male, l’abbandono di ogni abitudine sbagliata, la proclamazione della dignità degli ultimi (considerati tali dal mondo ma non da Dio). Il Giubileo della redenzione, il grande perdono di Dio che ricostruisce l’uomo e lo rigenera come figlio di Dio, è la grande novità – il mondo nuovo che Gesù è venuto a realizzare nel mondo. La Chiesa ha la missione di vivere questa unità in un solo Spirito e un solo Battesimo (Seconda lettura). Mentre il mondo ama generare disuguaglianza e sopraffazione sul debole, nel Corpo di Cristo nessun membro è sacrificabile, nel Regno di Dio il più piccolo è il più grande, da trattare con più cura.

Liturgia della II domenica T.O. anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 62,1-5)

Il profeta vede il futuro con gli occhi di Dio: egli è lo Sposo innamorato di Israele, che prepara per la sposa un domani pieno di splendore e salvezza. La nuova alleanza sarà come una nuova luna di miele.

Seconda lettura (1Cor 12,4-11)

Dio si prende cura del suo popolo con il suo Spirito: egli conserva l’unità della Chiesa nella comunione sinergica di tutti i suoi membri; ciascuno vive nello Spirito se mette a frutto il dono ricevuto per il bene comune.

Vangelo (Gv 2,1-11)

A Cana Gesù realizza il primo dei segni: donando il vino nuovo si dichiara il nuovo e vero Sposo del popolo di Dio. Maria sua Madre lo indica a tutti: la salvezza viene dall’obbedienza alla Parola: «Fate tutto ciò che vi dirà».

Sguardo d'insieme

«Beati gli invitati alla Cena del Signore»: la Messa è (o dovrebbe essere) un mangiare insieme la Parola e il Pane, un banchetto di festa e di comunione con lo Sposo, e di tutte le membra nell’unico Corpo di Cristo. I nostri nomi, come Chiesa, sono appunto Sposa e Corpo di Cristo. Questa immagine di Dio, poco monarchica e patriarcale, nasce già nell’Antico Testamento (Prima lettura), in cui il profeta supera l’immagine commerciale di un Dio che ricolma di beni il popolo che si mantiene fedele. È in arrivo un regalo, la gioia di Dio e la gioia di Israele che sono possibili solo in una relazione profonda e immediata, fatta di amore scambiato e non di dovere, di bellezza di stare insieme. È la Nuova Alleanza proclamata dal Vangelo: subito all’inizio, Giovanni racconta l’episodio delle nozze di Cana, con i discepoli come testimoni; Gesù dona il vino nuovo, quello migliore, quello della festa e della gioia. La Madre di Gesù indica la via: Gesù è il volto umano di Dio Sposo del suo popolo, si vive in questa relazione sponsale solo nell’apertura obbediente alla Parola: «Fate tutto ciò che vi dirà». Lo Sposo continua per sempre a prendersi cura della Sposa abitando in essa con il suo Spirito (Seconda lettura); egli è il datore di ogni dono e talento, è la fantasia di Dio che ci fa tutti diversi – speciali, per essere ciascuno al servizio del bene e della gioia comune. Superando barriere ed egoismi la Chiesa gioisce percependo il suo Sposo in lei, e diventa testimone veramente efficace di fronte al mondo.

Liturgia della Festa del Battesimo di Gesù - anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 40,1-5.9-11)

A un popolo esiliato, il profeta annuncia il ritorno alla sua terra e l’inizio di un epoca nuova. Il Dio buon pastore conduce la sua gente con amore materno.

Seconda lettura (Tt 2,11-14; 3,4-7)

Apparso per fare di noi un popolo puro che gli appartiene, la Chiesa, nuovo Israele, è chiamata a vivere la misericordia ricevuta, a rinnegare il peccato da cui è stata liberata, a vivere guardando solo Lui.

Vangelo (Lc 3,15-16.21-22)

Gesto umile e discreto, il battesimo di Gesù rivela la vera identità del Figlio di Dio solo a chi ha orecchie per ascoltare la Parola del Padre. Chi ascolta riceve la comunione con Dio («in Spirito Santo»), la forza di eliminare ogni male e di testimoniare la fede («e fuoco»).

Sguardo d'insieme

Luca descrive il battesimo di Gesù (Vangelo) come un momento privato e di preghiera tra lui e il Padre: la gente capirà che egli è il Figlio amato di Dio attraverso le sue parole e azioni; poco a poco l’attenzione e le aspettative della gente si sposteranno da Giovanni Battista, che è solo un servo, al Signore. E’ lui che ha il potere di dare lo Spirito (quindi di essere in relazione con Dio), il suo fuoco ha il potere di purificare e creare realtà nuove e migliori. Era la speranza di Isaia (Prima lettura): un popolo oppresso ed esiliato in terra non sua riceverà la visita di Colui che ha il potere di intervenire nella storia degli uomini con la forza e la dolcezza di un padre e di una madre. Al popolo spetta il dovere di spianare monti e riempire valli perché il cammino di Dio verso l’uomo si realizzi. Nel Nuovo Testamento (Seconda lettura) il gesto di amore che ci salva è la Pasqua in cui Gesù «ha dato se stesso per noi», facendoci popolo puro, non perché meritevole ma perché amato e perdonato. Questa salvezza ricevuta gratis diventa oggi per la Chiesa e per ogni cristiano una sfida a vivere da salvati, rigettando il male dal quale siamo stati sciolti, mantenendo quel rinnovamento che il Battesimo ha fatto in noi.

Liturgia della Festa della S.Famiglia, anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (1Sam 1,20-22.24-28)

I figli non sono nostri: vengono, come Samuele, come un prodigio dalla fantasia creativa di Dio, e a lui appartiene il cammino della loro vita e il loro destino.

Seconda lettura (1Gv 3,1-2.21-24)

Dall’esperienza umana dell’essere genitori e figli intuiamo la realtà di Dio Padre e di noi suoi figli. Grande realtà, che deve cresce fino alla piena manifestazione.

Vangelo (Lc 2,41-52)

In Gesù dodicenne vediamo un qualunque ragazzo di quella età: pur legato ai suoi, è desideroso di espandere il proprio mondo. E coltiva un grande progetto: occuparsi di Colui che ha scoperto essere suo Padre, fare la sua volontà.

Sguardo d'insieme

La famiglia umana, nel tessuto quotidiano delle sue relazioni, contiene in sé il mistero di Dio e della comunione della Trinità. Sposarsi in chiesa significa accettare questa potenzialità e farla diventare scelta di vita. Nell’ottica della fede, la vita è un prodigio che ha in Dio la sua origine, e a lui appartiene (1° lettura). S. Giovanni (2° lettura) utilizza i termini “padre” e “figlio” per far capire che tipo di rapporto il Dio dei cristiani ha deciso di proporre a chi ci sta e riceve il battesimo; essere figli significa obbedire al Padre e cercare di renderlo felice e orgoglioso di noi, essere fratelli con gli altri figli di Dio; addirittura, come figli adottivi ma veri di Dio, portiamo in noi i “cromosomi” della natura divina, sicché alla fine “saremo simili a lui”. Lo sconcertante episodio di Gesù a dodici anni (Vangelo) ci ricorda la piena umanità di questo Dio ragazzo come tutti i ragazzi della sua età, che inizia ad aprire il suo mondo in dialogo con gli adulti (i maestri del tempio), in conflitto con i genitori, alla ricerca del suo futuro, del progetto che Dio ha su di lui. E’ così che egli cresceva “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.

Liturgia di Natale – Messa della Notte

Introduzione alle letture  leggi i testi

Prima lettura (Is 9,1-6)

A un popolo stanco di violenza e di guerra, il profeta annuncia l’arrivo di un bambino, e di una vita nuova. I nomi che riceverà salendo al trono esprimono la sua dignità suprema e la sua azione a beneficio del popolo di Dio.

Seconda lettura (Tt 2,11-14)

“E’ apparsa la grazia di Dio”: Paolo ricorda al discepolo Tito il cammino del Signore verso di noi. Quando egli si manifesta, e dona se stesso fino alla Croce, in noi sorgono sentimenti di ringraziamento e volontà di vivere in modo gradito a lui.

Vangelo (Lc 2,1-14)

Cesare Augusto a Roma, Quirinio in Siria... L’incarnazione non è un mito ma un evento della “grande storia”. E tuttavia i “grandi” non se ne sono accorti; solo i pastori, la gente umile, si accorge dell’umile villaggio di Betlemme e dell’umile eccezionalità di ciò che vi è accaduto.

Sguardo d'insieme

Questa notte splende una luce nuova, il Natale è l’evento che ha cambiato la storia del mondo, come noi la conosciamo. La presenza del Bambino Gesù allora, e del Risorto oggi, è segno della presenza di Dio in un mondo che sembra essere sensibile solo al potere delle tenebre; segno di un amore che continua a cercare tutti, e grida agli orecchi di chi non vuol sentire. Potere (Prima lettura) di Dio che benefica chi lo riconosce negli umili mezzi che adopera. Messaggio alternativo a un mondo che ammira solo chi ha successo: gli umili sanno accogliere un Amore che non vuole imporsi per forza. Solo chi è aperto alla Parola riconosce nel Bambino e nel Crocifisso, sconfitto, l’unico Dio di cui non aver paura, e affida a lui la propria vita.

Liturgia di Natale – Messa dell'Aurora

Introduzione alle letture

Prima lettura (Is 62,11-12)

A “Sion”, l’antica Gerusalemme, la città degli uomini amata da Dio e colpita dalle ferite della sua storia, il profeta annuncia un Salvatore. Nonostante i suoi peccati, è l’amore fedele di Dio che le dà il perdono, e la rende di nuovo desiderabile e bella.

Seconda lettura (Tt 3,4-7)

Paolo ricorda al suo discepolo Tito la grande opera di Dio: quando non ce lo meritavamo, Lui ha fatto il primo passo, e per amore ci ha legati di nuovo a sé. Il Battesimo è il sacramento di questa alleanza, ci purifica, ci rinnova, ci riveste della nostra dignità, depone in noi il seme dell’eternità.

Vangelo (Lc 2,15-20)

La storia dei grandi della terra non si accorge dell’arrivo di Dio nei panni umili di un bambino. Solo i pastori si muovono per vedere e toccare, e con la semplicità degli ultimi del mondo portano la loro testimonianza. Solo Maria conosce il segreto di questo suo Figlio, nato dallo Spirito e da lei.

Sguardo d'insieme

Le prime luci di questo 25 dicembre vedono la comunità cristiana raccolta in preghiera per lodare il Signore e ringraziarlo. Guarda il bambino Gesù con la tenerezza normale verso un neonato, ma anche, insieme a Maria, (Vangelo), medita su questa nascita speciale e ne capisce il significato. Dandoci il suo Figlio, la sua “cosa” più preziosa, Dio Padre mostra fino a che punto è disposto ad amarci. Senza aspettare che l’umanità diventi degna d’amore, la sua misericordia la purifica e la rende bella ai suoi occhi (Prima lettura). Non sono le opere buone a comprare l’amore di Dio, perché questo amore è già a disposizione, ci è venuto incontro a Natale, ci ha già purificati nel Battesimo, già possiamo rivolgerci a Dio con piena fiducia (Seconda lettura). Il messaggio di Dio che tende la mano all’umanità non viene ricevuto da chi si crede forte, autosufficiente, tanto perfetto da non aver bisogno di Lui; anzi, sono i pastori (Vangelo), gente emarginata dalla “grande storia”, che accolgono questa bella novità, ne sono sinceramente contenti e ne danno annuncio a tutti, suscitando stupore e meraviglia, forse anche nei nostri giorni.

Liturgia di Natale – Messa del giorno

Introduzione alle letture

Prima lettura (Is 52,7-10)

Una umanità stanca attende annunci lieti e benedice i piedi di chi li porta. Là dove Dio regna e abita con l’uomo, lì c’è la pace, la rinascita, la consolazione e la gioia.

Seconda lettura (Eb 1,1-6)

Il mistero di quel piccolo bambino è immenso: vagisce nella culla la stessa Parola che ha creato il mondo e che da sempre viene pronunciata a chi ha orecchie. Il suo nome è il più eccellente: seguendo lui arriviamo alla Luce vera e alla dignità di figli di Dio.

Vangelo (Gv 1,1-18)

L’apostolo Giovanni trasmette la sua profonda conoscenza dell’identità di Gesù. Una sola cosa con il Padre, egli è e ha la vita e la luce per il mondo; fattosi carne porta questi doni a coloro che lo accolgono e con lui rinascono a vita nuova.

Sguardo d'insieme

E’ il giorno dei regali, perché Dio Padre ci ha regalato la sua cosa più preziosa. E’ il giorno degli auguri, perché la Parola di Dio ci dà un annuncio buono: nella forma di un bambino Dio stesso ci ha fatto visita, e la cosa è nota a tutti e apprezzata da chi ne sentiva il bisogno (Prima lettura). Chi ha intelligenza vede il segreto di quel Bambino: egli è addirittura “irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza” (Seconda lettura), cioè vedendo lui vediamo il Padre, aderendo a lui torniamo alla fonte della vita da cui siamo nati. La Parola, che ci è venuta incontro e che continua a risuonare per vincere la sordità dell’indifferenza, fa il gradito regalo di diventare figli di Dio a chi l’accoglie, a chi rinasce nel Battesimo e rimane fedele alla sua rinascita (Vangelo). “Nessuno ha mai visto Dio, solo Gesù ne porta il volto, solo lui ne spiega il messaggio e ne fa vedere l’immenso amore”.

Liturgia della IV domenica Avvento anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Mi 5,1-4a)

Betlemme, anche se ormai diventata un villaggio di poco conto, è il luogo d’origine della famiglia del re Davide, e conserva le grandi promesse di Dio sul Messia. Egli, discendente di Davide, verrà e il suo regno porterà rinascita e pace universale.

Seconda lettura (Eb 10,5-10)

Meditando sull’Incarnazione, l’Autore della Lettera agli ebrei narra il gesto di obbedienza del Figlio. Mettere la propria volontà in sintonia con quella del Padre è il vero atto religioso, di Cristo e del cristiano; per la salvezza del mondo.

Vangelo (Lc 1,39-45)

L’incontro tra l’anziana e la giovane, e il sussulto di Giovanni che nascerà, segnano il passaggio dall’Antica alla Nuova Alleanza. Camminare secondo il progetto di Dio, come Maria, dà vera gioia e introduce novità in un mondo invecchiato.

Sguardo d'insieme

L’ultima Domenica di Avvento ci presenta il mistero di Maria, la cui maternità eccezionale è legata al suo vivere assolutamente offerta alla volontà di Dio per la salvezza del mondo. Maria è beata cioè felice, perché ha raggiunto il fine e la pienezza della sua vita. Beata perché è uscita da se stessa, ha ascoltato la Voce e sulla Parola di Dio ha investito la sua volontà. Solo grazie a chi si affida a Dio entra nel mondo una potenza nuova: il Bambino fa sussultare di gioia Giovanni e tutti quelli che crederanno in Gesù e lo annunceranno agli altri (Vangelo). Guardando Maria vediamo lo stile di Dio, che preferisce usare mezzi umili per fare grandi cose, come aveva promesso di far sorgere il Re Messia dal piccolo villaggio di Betlemme, luogo di origine del clan del re Davide (1° lettura). Maria è grande perché discepola di suo Figlio: il segreto della vita terrena di Gesù è proprio l’obbedienza. Il Figlio di Dio rinuncia ad ogni esaltazione esteriore e diventa servo, per indicare a tutti che questa è la via per tornare al Padre: vivere offrendo se stessi. E’ questo il vero culto che fa passare dall’Antica alla Nuova Alleanza, e rende autentica ogni pratica religiosa. (2° lettura).

Liturgia della III domenica Avvento anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sof 3,14-17)

Il profeta invita il popolo a gioire perché il Signore è vicino, “in mezzo a noi”. Lui stesso è felice di venire in nostro aiuto. Il suo intervento rinvigorisce e rinnova il popolo prima abbandonato per il suo peccato.

Seconda lettura (Fil 4,4-7)

Il Signore è con noi, non abbiamo paura di nulla. San Paolo invita la comunità a vivere l’amabilità dei comportamenti, e una preghiera fatta di abbandono nel Signore che dona la pace.

Vangelo (Lc 3,10-18)

«Cosa dobbiamo fare?». Non si aspetta il Signore a braccia incrociate. Ognuno rimanga al suo posto, viva l’amore come la propria condizione di vita gli permette di fare, eviti le tentazioni più comuni per il proprio tipo di vita.

Sguardo d'insieme

La terza Domenica di Avvento ci ricorda il valore del giorno festivo in genere: è il giorno della gratuità, mentre i giorni feriali sono quelli dell’attività per edificare il mondo collaborando con il Creatore. Nel contenitore della gratuità c’è sicuramente la gioia: essa non produce beni, ma fa stare bene. L’Avvento prepara la Chiesa a rivivere le proprie origini nell’Incarnazione del Figlio di Dio fatto uomo, ovvero ricorda alla comunità da dove viene la gioia cristiana: «Il Signore è vicino – è qui» (Seconda lettura). La Domenica è il giorno fatto per recuperare e consolidare le relazioni, poiché è nella loro autenticità che nasce la gioia profonda; Dio si è fatto avanti per dialogare con noi come con amici, salvezza e gioia sono uscire dall’isolamento per accogliere questo TU, e aprirsi al TU degli altri. Per questo, la gioia cristiana – come ce ne parla san Paolo – è fatta di amabilità tra le persone e preghiera fiduciosa a Colui che custodisce i suoi figli. Nelle vicende tragiche di Israele, Sofonia annuncia l’arrivo del Signore, l’inizio di una nuova fase di benedizione e sollievo: Gerusalemme può gioire, non lasciarsi cadere le braccia (Prima lettura). E tuttavia non si tratta di una gioia disimpegnata e sciocca, perché quella domenicale è gioia vera se produce frutti nei giorni feriali. Al Battista, che ricorda la necessità di convertirsi per accogliere il Signore che viene a salvarci, tutti chiedono: «Cosa dobbiamo fare?» (Vangelo). E Giovanni suggerisce a ciascuno itinerari di cambiamento adatti alle varie condizioni di vita e di impegno nel mondo. La gioia cristiana non è un’emozione sottoposta all’incerto andamento della sorte; nasce dalla fede nell’amore di Dio per ciascuno di noi, lavora nelle coscienze e nelle libertà mettendo in movimento le persone, si riversa nelle relazioni e negli atteggiamenti creando insieme a Dio un mondo più giusto.

Liturgia della II domenica di Avvento anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Bar 5,1-9)

Dopo la prova della dispersione in terra straniera, il profeta annuncia il ritorno del popolo nella gioia, come opera della misericordia e della giustizia del Dio fedele.

Seconda lettura  (Fil 1,4-6.8-11)

Grazia di Dio e libertà umana si intrecciano: egli opera la carità nel cuore e nelle mani dei credenti. Carità è cooperare alla diffusione del Vangelo, richiede intelligenza delle cose di Dio: è la nostra parte, nell’attesa del ritorno del Signore.

Vangelo  (Lc 3,1-6)

In un tempo preciso, con quelle persone e in quei posti, la Parola di Dio si alza nella forma della parola umana di Giovanni, e chiama il deserto dei cuori a riprendere vita e a non ostacolare più l’arrivo del Signore.

Sguardo d'insieme

Nel suo Vangelo, Luca collega l’arrivo e il ministero di Gesù con quelli di Giovanni il battista. Straordinaria la nascita di entrambi, entrambi mandati da Dio per la gioia di molti, entrambi escono alla ribalta dopo un periodo di silenzio e preparazione. Il Battista entra in scena in un momento e in uno spazio precisi, la sua è una voce che grida e che cammina in luoghi deserti, ma affollati da tutti quelli che nel vuoto generale cercano la Parola di Dio, una novità di vita e quindi l’appello ad accoglierla (Vangelo). Giovanni riprende la speranza dell’antico Israele: Dio ha promesso di farsi avanti, di venire a prendere il suo popolo esiliato e ricondurlo alla sua terra (1° lettura). Promessa realizzata nella Chiesa: popolo di Dio che non è più disperso, e che procede sicuro sotto la guida di Gesù. Nel mondo, la Chiesa vive la carità, e la prima carità è cooperare alla diffusione del Vangelo; carità che non è un sentimento passeggero, ma si serve della capacità di conoscere le cose di Dio, di distinguere il male, il bene e il meglio, rivolti al giorno in cui il Signore tornerà (2° lettura).

Liturgia della Solennità dell'Immacolata

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 3,9-15.20)

L’origine di ogni peccato è la pretesa dell’uomo di mettersi al posto di Dio, decidendo da sé cosa è bene e cosa è male. Questa confusione di ruoli crea una spaccatura tra uomo, donna e natura. Ma già la Parola di Dio contiene la promessa della redenzione...

Seconda lettura  (Ef 1,3-6.11-12)

Predestinati ad essere suoi figli: è questo il progetto d’amore del Padre per tutti gli uomini. La Chiesa di coloro che sperano in Cristo è, nel mondo, il segno della vocazione di tutti ad essere “santi e immacolati”.

Vangelo  (Lc 1,26-38)

L’Immacolata è colei che non dice mai di no alla volontà di Dio; accettando la sua maternità del tutto speciale Maria diventa serva del progetto di Dio e serva dell’umanità: suo Figlio Gesù, discendente del re Davide, regnerà per sempre e per il bene di tutti.

Sguardo d'insieme

La Chiesa, nella sua lunga tradizione e per mezzo della bocca del Papa, riconosce in Maria l’Immacolata concezione: Maria è la prima dei salvati dalla Pasqua di Gesù, la figlia di Dio che sempre fa la sua volontà, la donna nuova segno di una umanità che vive in comunione con Dio, il Santo dei Santi. La liturgia ci propone la Madre di Gesù, una di noi, come esempio di vita e avvocata per il popolo. Affinché la sua discendenza potesse schiacciare l’antico Male (Prima lettura), doveva somigliare al suo Figlio: Lui vero Dio e vero uomo, lei vera donna e vera cristiana. Il progetto di Dio, che ha scelto Maria per appartenere a Lui, riguarda anche ogni uomo e donna (Seconda lettura): santità è comunione con Dio, Creatore e Padre, ed è la vera gioia che Dio ha preparato per i suoi figli. Per tutti. A tutti, Dio rivolge la sua Parola, tutti Dio chiama a svolgere una missione importante per il bene del mondo, missione certamente superiore alle sole forze umane. Nel caso di Maria, Dio ha rispettato la sua volontà di restare vergine per Lui e nell’amore per Giuseppe, e le ha chiesto di generare il Messia salvatore del mondo. Diventa santo, immacolato davanti a Dio e per il bene del mondo il cristiano che, con Maria, dice “Eccomi, sono il servo / la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola”.

Liturgia della I domenica di Avvento anno C

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ger 33,14-16)

Quando l’alleanza con Dio sembra ormai distrutta senza speranza a causa del peccato del popolo, Dio riprende l’iniziativa: promette un Messia redentore, Germoglio di un mondo rinnovato.

Seconda lettura  (1Ts 3,12-4,2)

Il Signore tornerà: questo ci rende responsabili delle nostre azioni, ed è la spinta per vivere bene l’oggi: per crescere nell’amore e nella saldezza di fronte alle prove.

Vangelo (Lc 21,25-28.34-36)

Pensare che tutto finirà fa molta paura; per noi la fine di ogni cosa sarà anche l’inizio di una esistenza liberata e risollevata. A noi l’incarico di evitare già oggi ogni male che incatena. Se non vivremo distrattamente, quando tornerà non sarà una sorpresa sgradevole, ma una immensa gioia.

Sguardo d'insieme

L’anno liturgico inizia proiettandoci in avanti: nell’ottica cristiana il tempo ha inizio in Dio e finisce al suo ritorno. Gesù è venuto tra noi umilmente a Natale, e gloriosamente tornerà. Proprio quando pensiamo che l’ordine attuale delle cose debba durare per sempre, viene annunciata la futura fine. Sarà una fine per un nuovo inizio, sarà un rinnovamento, da attendere senza turbamento (Colletta), anzi con gioia perché realizzerà il bene che Dio ha già progettato per questo nostro mondo (Prima lettura). Chi non attende il Signore sarà travolto dall’angoscia e dalla non accettazione del cambiamento. Il cristiano invece prepara già oggi il domani nuovo, crescendo nella carità e nella santità della vita (Seconda lettura). Anzi, il cristiano desidera questo rinnovamento, lo attende vigilando e pregando affinché esso si compia (Vangelo). Si impegna a non perdere il senso cristiano della vita (Dopo la comunione) e a tener sollevata al Signore la propria vita (Salmo).

Liturgia della XXXIV domenica del T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Dn 7,13-14)

Il Messia, Figlio dell’uomo mandato da Dio, realizza nel mondo la vittoria del Regno di Dio sopra ogni potenza del male. Egli ha il potere di Dio, nessuna forza umana gli è pari, tutti i popoli riconosceranno il suo primato.

Seconda lettura  (Ap 1,5-8)

Gesù, crocifisso dagli uomini, vive trionfando sulla morte. Lo vedranno i suoi nemici, i redenti dal suo sangue saranno sempre con lui e avranno la sua vita piena, Alfa e Omega, Principio e Fine.

Vangelo (Gv 18,33-37)

Nel dialogo con Pilato Gesù rivela la propria identità. Proprio mentre è sommerso dai fischi dei suoi nemici e si avvia alla morte, egli realizza il giudizio di Dio, si manifestano quelli che lo accettano come Re e vivono della sua risurrezione.

Sguardo d'insieme

Quella del «re» è una immagine fuori moda, ma la questione del potere (cosa e come, da parte di chi) è sempre attuale e fondamentale per ogni visione della vita e per la condotta quotidiana. Sulla base della Scrittura, la Chiesa annuncia che Gesù risorto è il Re dell’universo. Anzitutto afferma che il suo potere «non è di questo mondo», non viene dagli uomini e non è esercitato alla maniera umana. È una realtà alternativa. Si tratta di un potere che viene da Dio, Padre di Gesù, e non è soggetto al logoramento delle cose umane (Prima lettura). L’apocalisse (Seconda lettura), libro scritto per sostenere la speranza di una comunità perseguitata, aggiunge che Gesù riceve questo potere con la sua Pasqua; risorto dai morti è vittorioso sopra il potere mondano più terribile, quello della morte. Offerto sulla Croce, con il suo sangue compie l’espiazione liturgica dei nostri peccati. Quando tornerà, manifestando in pieno il proprio potere, susciterà il pentimento in chi lo aveva ucciso e in tutti i persecutori della Chiesa. Insomma, si tratta di un potere sul profondo del cuore umano, il potere di sciogliere le coscienze dal male e dal suo fascino. Pilato non deve temere di essere scalzato dal suo ruolo di rappresentante dell’imperatore romano (Vangelo). Piuttosto, nel momento in cui esercita il potere di giudice su Gesù, si trova in posizione subalterna: Pilato chiede e non sa, Gesù risponde perché sa. Mandato dal Padre, che è la Verità, la Parola di Gesù è la Verità, dice qual è il vero volto di Dio e chi è davvero l’uomo. Mandando il Figlio, il Padre cerca i suoi figli; accogliendo la Parola di Gesù, i chiamati diventano figli accettando che la Parola sia «re» della loro vita, ispiratrice delle loro scelte.

Liturgia della XXXIII domenica del T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Dn 12,1-3)

Daniele vede arrivare la fine, preparata da un periodo di grande prova, quando le persone si mostreranno per ciò che sono. Allora il giudizio di Dio porterà sollievo e risurrezione, i saggi che non avranno seguito il potere del male splenderanno della luce di Dio.

Seconda lettura  (Eb 10,11-14.18)

Sacrificato sulla Croce per i peccati di tutti, Cristo ora vive alla destra di Dio fino a quando i suoi nemici saranno sconfitti e chi è stato purificato dal suo sacrificio vivrà nella luce della santità di Dio.

Vangelo (Mc 13,24-32)

Il mondo, come lo conosciamo, è destinato a finire, il Figlio dell’uomo (Gesù) tornerà a creare un insieme di cose che non cambierà mai. Come il fico, così il nostro oggi già sta producendo segni di fine e di nuovo inizio, il progetto misterioso di Dio si manifesta poco alla volta per chi è saggio.

Sguardo d'insieme

«E venga il nostro Salvatore Gesù Cristo»: così l’assemblea prega con il prete dopo il Padre nostro. Di fronte alla poca fede di molti, che confidano illusoriamente in questa vita, immaginando che sia eterna, la Parola di Dio ci ricorda che solo in Dio c’è il vero bene, e la nostra vita attuale è solo un pellegrinaggio verso la vera Terra promessa. In tempi di crisi e persecuzione, Daniele annuncia a Israele che Dio manderà il suo angelo a raccogliere gli eletti, chi non avrà ceduto alle lusinghe di quella illusione, chi avrà sostenuto gli altri a non cedere (Prima lettura). Il giudizio di Dio mostrerà da che parte sta il bene, e farà giustizia di tutte le vittime dell’egoismo e del peccato del mondo. La realtà delle varie catastrofi, quelle naturali e quelle causate dall’uomo, è la prova che quella attuale non è la vita piena e definitiva, ma tutto poco a poco si logora fino a scomparire; il saggio prevede il domani leggendo bene i segni dell’oggi (Vangelo), non si adagia in false sicurezze, non fa come chi si aggrappa a una trave marcia. Il rinnovamento di tutte le cose inizia con la risurrezione di Gesù («non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga»), ma solo il Padre sa quando la nuova creazione si affermerà. Nel tempo della Chiesa, il nostro oggi, noi godiamo già della redenzione realizzata da Gesù nel suo sacrificio pasquale (Seconda lettura), e con la liturgia festiva, che mette in comunione il tempo con l’eternità, l’uomo in cammino con il Figlio seduto alla destra del Padre, Dio sostiene il faticoso cammino dei nostri giorni verso la luce del Giorno che non tramonterà mai.

Liturgia della XXXII domenica del T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (1Re 17,10-16)

Insieme all’ascolto obbediente della Parola di Dio, l’umile e coraggioso gesto della vedova che condivide tutto ciò che ha, si trasforma in fonte di vita e di speranza nei tempi di carestia.

Seconda lettura  (Eb 9,24-28)

Gesù, unico Sacerdote della Nuova Alleanza, ha dato tutto, ha offerto la sua vita per riscattare i peccatori. I ministri ordinati rendono attuale il gesto di Gesù per la salvezza del mondo, fino a quando Egli tornerà.

Vangelo (Mc 12,38-44)

La ricerca dell’approvazione degli uomini rende da sola credenti assai poco credibili. L’esempio della vedova ci ricorda che Dio non ci chiede tanto, ma tutto. Non vuole grandi scene, ma persone che si affidano in Dio.

Sguardo d'insieme

La Parola distingue, ancora una volta, tra due mentalità, due strade diverse percorribili da chi cerca la vita piena e la salvezza. Da una parte l’atteggiamento farisaico (Vangelo) di chi sta bene ed è gratificato solo se approvato e lodato dalla gente, e che quindi fa di tutto per ottenere questa approvazione, per esempio simulando meriti inesistenti o anche tacere verità scomode, a sé e agli altri. Davanti alla gente si può passare per persone di carisma, ma nei fatti è tutto un culto di se stessi, una liturgia che celebra l’isolamento dagli altri: una vera tristezza! Osservando nel Tempio una vedova che fa la sua misera offerta nel Tempio, Gesù ne fa l’esempio di uno stile opposto: essa offre tutto ciò che le resta, ogni sua piccola speranza, si getta in Dio e nella sua Provvidenza. Questa donna vive in modo assoluto il dono di sé, si fida del Padre e si abbandona nelle sue braccia. È il gesto coraggioso di chi esce dalla propria fortezza e si affida al Dio della vita. Solo lei vede bene il volto di Dio e conosce la sua volontà: egli non chiede «tanto» (cosa sarebbe davanti all’eternità?), chiede «tutto». Perché il «tanto» egli sa che non potremo mai darlo, invece il «tutto» sì, affidandosi. Lo stesso insegnamento viene dall’episodio della vita del profeta Elia (Prima lettura): insieme all’ascolto obbediente della Parola di Dio, l’offerta della vedova si trasforma in cibo che mantiene in vita in tempi di grande difficoltà. Gesù non ha cercato la propria gloria, anzi ha esercitato il suo sacerdozio sacrificando se stesso sull’altare della Croce, una volta per tutte: basta un gesto solo affinché l’onnipotenza del dono di sé si trasformi in vita per tutti.

Liturgia della XXXI domenica del T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Dt 6,2-6)

Si comincia a diventare saggi temendo il Signore, cioè rispettando i suoi comandamenti e curando di metterli in pratica. Questa saggezza è la porta della felicità: amare con tutto il cuore il Dio che benedice la nostra vita significa aver scelto la parte migliore e più conveniente.

Seconda lettura  (Eb 5,1-6)

A differenza dei sacerdoti dell'Antica Alleanza, Gesù è risorto e vive per sempre. Per sempre intercede per noi presso il Padre, la nostra preghiera «per mezzo di Cristo nostro Signore» viene sempre ascoltata. Vero Dio, ci salva dai peccati; Vero Uomo, ci porta nel cuore del Padre.

Vangelo (Mc 10,46-52)

Il cristiano non ha l’ansia di non sapere come piacere a Dio. I vari precetti del Vangelo sono solo modi di realizzare l’unico comando dell’amore, imitando Gesù che ha vissuto consegnato pienamente al Padre e a tutti noi. Chi ama vive da saggio: libero dalla tristezza del «dovere per il dovere», arriva alla vera gioia, abita nel Regno di Dio.

Sguardo d'insieme

Nell’Antico Testamento (Prima lettura) si descrive il «timore di Dio» come la via per una vita saggia. È l’esatto contrario della paura: da solo, l’uomo non saprà mai se la sua vita è gradita a Dio, da qui gli scrupoli e l’angoscia, tipica di molti credenti poco formati nella fede. Il timore di Dio vero nasce quando vedi che Dio, nella sua misericordia e provvidenza, ha mosso il primo passo: ci ha creato, ci ha dato i talenti necessari per vivere bene, ci offre le giuste opportunità per crescere, ci ha dato Gesù che, come avvocato difensore, intercede sempre per noi e ci offre il perdono di Dio (Seconda lettura), ci offre il banchetto dell’Eucaristia trattandoci da amici e da figli, ci prospetta una vita oltre la morte, senza fine, insieme a Gesù risorto. Come la Chiesa insegna da sempre, la Grazia, il favore di Dio viene prima di tutto. A noi è chiesto solo di accogliere tutti questi doni come dei doni, di cui essere felici e ringraziare. Ci è chiesto di restituire almeno un po’ dell’amore ricevuto orientando a Dio quello che siamo (cuore, anima, mente, forza: vedi il Vangelo) e spezzando l’amore a beneficio del nostro prossimo, vicino e lontano. Senza amore può anche esistere la pratica cristiana (Messa, preghiere, opere «buone»), ma sarà solo un dovere per il dovere, uno sforzo che alla fine spezza la persona, e nel frattempo la indurisce e la rende infelice. Impeccabili, forse, ma senza un sorriso... Senza amore, non è vera vita.

Liturgia della Solennità di Tutti i Santi.

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ap 7,2-4.9-14)

La Chiesa, camminando faticosamente nella storia, si sta avviando verso l’assemblea dei santi nella dimora di luce di Dio. La lode liturgica a Dio dei cristiani quaggiù si unisce a quella gioiosa dei nostri fratelli giunti alla meta.

Seconda lettura (1Gv 3,1-3)

Già da oggi siamo amati dal Padre, come veri suoi figli. Ma il seme divino che ci portiamo dentro deve ancora sbocciare, sarà “visione diretta di Dio”, cioè comunione assoluta con lui e con gli altri suoi figli.

Vangelo (Mt 5,1-12a)

La santità è la vera meta della vita cristiana, si compirà nell’eternità ma ha le sue radici nell’oggi e nella qualità delle scelte e comportamenti umani. Per indicare la strada, con le Beatitudini Gesù descrive se stesso, come a dirci: “Fate come me, e arriverete alla gioia”.

Sguardo d'insieme

Insieme alla solennità di Maria Assunta in cielo (15 agosto), quella di oggi è la festa della speranza cristiana. Sperare significa non perdere di vista la meta: se si fa così si mantiene il coraggio di lottare nell’oggi, rinunciando ad ogni solletico che porta lontano dalla volontà di Dio e mantenendo bianca la veste ricevuta nel battesimo. L’Apocalisse (Prima lettura) non descrive la catastrofe, ma la festa eterna nella casa di Dio, cui Dio chiama tutti i suoi figli. Come vero Padre, Dio ci assicura sempre che il suo amore è senza ripensamenti né limiti, e arriverà ad essere piena e assoluta comunione con lui e tra i fratelli; questa realtà immensa viene descritta come “visione diretta di Dio” (Seconda lettura). La santità non solo è possibile (l’ha vissuta tanta gente, i santi), ma è anche l’unico motivo per cui uno è cristiano. Come una persona nasce per crescere, così riceviamo il battesimo solo allo scopo di diventare santi. Questo obiettivo comincia ad essere costruito in questa vita, quando la persona decide di diventare come Gesù, sempre di più, con il sincero impegno della volontà. Nelle Beatitudini (Vangelo) Gesù descrive se stesso. Diventando come lui si diventa “Beati”, e in più si rende migliore questo mondo, un po’ più simile all’eternità.

Liturgia della XXX domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ger 31,7-9)

Nel momento della sconfitta e dell’esilio, il profeta annuncia che il resto di Israele tornerà dalla dispersione. Come nell’antico esodo, Dio Padre si prenderà cura dei deboli e asciugherà le loro lacrime.

Seconda lettura (Eb 5,1-6)

I sacerdoti dell’antica alleanza offrivano a Dio la propria debolezza e un’offerta per i peccati propri e del popolo. Gesù invece, sacerdote eterno e perfetto, si fa carico di una debolezza non sua, e offre se stesso una sola volta, per procurare al popolo di Dio un perdono senza confini.

Vangelo (Mc 10,46-52)

Guarendo i malati, Gesù distribuisce in anticipo i frutti della sua Passione. Il cieco risanato è tra i primi della lunga lista dei malati risanati, dei peccatori perdonati. Emarginati dalla folla e accolti da Gesù, si mettono a seguirlo sulla sua strada, verso Gerusalemme.

Sguardo d'insieme

La guarigione del cieco di Gerico (Vangelo) non è il «solito» miracolo. Per quell’uomo è stato il momento di passare dal ruolo passivo di chi chiede l’elemosina a quello attivo di seguire Gesù sulla sua strada verso Gerusalemme e la Croce. Per la folla osannante è stato invece il passaggio dal non voler vedere il povero («Taci, vattene!») a una vista nuova («Coraggio, alzati, ti chiama»). Una festa ipocrita a Gesù, personaggio famoso che entra nella nostra città, si trasforma nella nascita di un popolo riconciliato, dove c’è posto per tutti e i più piccoli sono messi al centro dell’attenzione. Si adempie la promessa di Dio per bocca di Geremia (Prima lettura): dopo la salutare crisi dell’esilio, che fu come un setaccio, rimane solo il resto del popolo, ciechi e storpi, i più deboli e innocui, quelli di cui i potenti non hanno paura. Sono loro i destinatari della nuova Terra Promessa, del bene paterno e materno di Dio. Nel giudaismo antico del Tempio, il Sommo sacerdote offriva sacrifici di espiazione per i peccati suoi e della sua gente, ma senza effetto, perché doveva offrirli ogni giorno; Gesù invece offre se stesso sulla Croce una volta per tutte (Seconda lettura), realizzando davvero il perdono. Partecipando al sacrificio dell’altare (Eucaristia) siamo ammessi nella casa di Dio non come ospiti provvisori, ma come figli. Come il cieco di Gerico, veniamo trasformati, vediamo bene chi è Dio, chi siamo noi stessi, qual è la strada da fare, quella che ricalca i passi di Gesù.

Liturgia della XXIX domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 53,10-11)

Il profeta annuncia un Messia inquietante, fragile, sofferente. Sarà la via stretta di Gesù, che offre se stesso al posto del peccatore, realizzando la riconciliazione tra Cielo e terra, aprendo le porte della Vita a chi si lascerà perdonare.

Seconda lettura (Eb 4,14-16)

Gesù è il Sommo e unico Sacerdote, l’Uomo-Dio che, pienamente solidale con noi, ci permette di rivolgerci a Dio liberi dalla paura per i nostri peccati, fino a chiamarlo «Padre» .

Vangelo (Mc 10,35-45)

Nell’immaginario umano, la salvezza è trionfo e potere. I discepoli imparano che la via alla gloria vera passa dal «bere il calice» di Gesù, la sua offerta pasquale. Gesù esercita il suo potere di salvare lasciandosi fare, aprendosi ad accogliere tutti, anche chi lo ucciderà, anche chi lo tradirà.

Sguardo d'insieme

È fin troppo facile puntare il dito contro chi ha scelto il potere e il denaro come scopo della vita, come propria «salvezza»: tanto sono i soliti noti. In realtà, la visione materialista delle cose è propria di moltissimi, neppure il frequentare i sacramenti cristiani è una vaccinazione automatica. Si può avere Dio sulle labbra, ma non nel cuore, là dove la persona fa le proprie scelte sulle reali convinzioni. È a quel livello che la Parola di oggi chiede di entrare per apportare dei cambiamenti, una vera conversione. Ne ebbero bisogno anzitutto i discepoli Giacomo e Giovanni (Vangelo), che udendo Gesù parlare di «regno di Dio» pensavano a qualcosa cui gli uomini piace pensare: la poltrona di capo. Questo atteggiamento nasconde quello che chiamiamo «peccato originale», la base di ogni peccato: circondarsi di ricchezze, autorità, sicurezze, reputazione, al solo scopo di poter fare a meno di Dio, per salvare se stessi eliminando accuratamente il bisogno di Lui e l’obbedienza a una Parola diversa dalla propria visione egoistica delle cose. A questo male, che porta con sé tutti gli altri (guerra, invidia, egoismo, isolamento, diffidenza, pregiudizi...) la Parola offre il vero antidoto: la persona stessa di Gesù, vero uomo, uomo riuscito. Egli definisce se stesso come il SERVO, colorando il messaggio cristiano come vera e propria rivoluzione rispetto alle normali logiche umane. Lo scopo rimane lo stesso: la salvezza, una vita riuscita, un diventare davvero grandi; ma la strada è al contrario: è più grande chi è più utile, chi vive per l’altro (che sia Dio o il prossimo), trova la propria felicità sulle labbra felici dell’altro. È la profezia sconcertante già dell’Antico Testamento (Prima lettura), quella che porta alla Vita è una via stretta perché richiede una conversione profonda. Essa è possibile solo guardando ogni giorno al Crocifisso (Seconda lettura), il Sommo Sacerdote che è stato messo alla prova, e rinunciando alla propria gloria ha vinto, per sé e per noi.

Liturgia della XXVIII domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sap 7,7-11)

Un asino rivestito d’oro rimane in fondo un asino. Per questo, il credente saggio invoca da Dio la Sapienza, la luce che fa vedere il vero valore di tutte le cose. Con la Sapienza l’uomo acquista la sua dignità e la capacità di dirigere rettamente la propria vita. Per i cristiani, la Sapienza è la persona di Gesù, il suo messaggio e l’esempio della sua vita.

Seconda lettura  (Eb 4,12-13)

Ascolta realmente la Parola di Dio chi si lascia raggiungere da essa. Essa ha creato il mondo e conosce l’uomo, dice verità non sempre comode, smaschera il peccato e chiede la conversione. Se accolta, la Parola cambia la persona e la crea di nuovo a immagine di Dio.

Vangelo  (Mc 10,17-30)

La «vita buona» del cristiano va oltre l’osservanza delle leggi, il vivere «per bene». Gesù ci guarda ancora negli occhi e chiama a seguirlo, lasciando ogni altra sicurezza, ogni pretesa di essere giusti davanti a Dio. Gesù, povero e affidato al Padre, è la nuova legge del cristiano.

Sguardo d'insieme

«Cosa devo fare per avere la Vita?» (Vangelo): è la domanda più profonda che c’è in ogni cuore umano, non solo non vogliamo morire, ma vogliamo vivere bene, in modo pieno e vero. In questa domanda capiamo anche che questa pienezza non viene da una idea o ideologia ma da un «fare», da uno stile di vita, da scelte concrete e non solo buoni propositi o pii desideri. Già l’Antico Testamento parlava della Sapienza di Dio come una attività interiore che serve per vivere bene (Prima lettura): è un dono di Dio, illumina la mente per capire la vera importanza delle cose. Non serve a nulla avere i beni di questo mondo se non si sa come apprezzarli, come usarli per una vita «buona»; infatti, lo stolto è colui che è gestito e dominato dall’avere. Il saggio invece domina le proprie cose in modo libero, fino al punto di lasciare tutto come atto di libertà e indipendenza dalle cose. Il ricco del Vangelo non riesce a farlo, i suoi beni lo hanno incatenato, è un benestante senza vera autonomia. Da una parte c’è Gesù che lo ama e cerca una relazione con lui, dall’altra questo personaggio che se ne va, TRISTE. A differenza di quanto comunemente si crede, il Vangelo dichiara che ricchezza chiama catene, povertà chiama libertà. La Parola di Dio manifesta il suo potere di smascherare i veri desideri dell’uomo (Seconda lettura), di contraddire le opinioni comuni e invertire l’ordine di importanza delle cose. E ricorda ancora che la vita cristiana è una relazione preferenziale con Gesù Cristo, un SI’ a lui nella propria vita che comporta un NO ad ogni altro presunto dio o signore o padrone. Lo stolto preferisce la schiavitù, il saggio la libertà. Sia per chi vive la povertà consacrata come scelta di vita, sia per chi vive nel mondo e nei suoi beni.

Liturgia della XXVII domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 2,18-24)

L’alleanza uomo – donna appartiene ai pilastri del mondo, al Dio Creatore. L’essere umano può utilizzare ogni creatura, ma la vocazione del maschio e della femmina è di costruire insieme «una sola carne», l’unità profonda che (lo dirà il Nuovo Testamento) è immagine di quella della Trinità.

Seconda lettura (Eb 2,9-11)

Gesù ha sposato l’umanità in modo indissolubile, ha dedicato la vita e la morte per aprire l’accesso a Dio per tutti quelli che sono suoi fratelli. Facendosi dono per amore, è giunto alla gioia e alla gloria della Vita piena.

Vangelo (Mc 10,2-16)

Il divorzio è un colpo mortale al progetto di Dio sull'uomo e sulla donna, è la vittoria del "cuore duro" contro i sentimenti e le scelte più profonde di una vita. Solo la semplicità dei piccoli può impedire al dolore e alla delusione di mandare a monte la felicità che Dio vuole per i suoi figli e figlie.

Sguardo d'insieme

Non tutto dipende dalle leggi umane, ci sono realtà che sono tali e quali al di là della volontà umana, sono i «fondamenti del mondo»: il nascere – crescere – morire, per esempio, e anche la differenza dei sessi e la loro attrazione, tesa a costruire una comunione di vita. Anzi, la legge, perfino quella di Mosè, finisce non per difendere un valore ma per certificare una sconfitta, o anche un «cuore duro» (Vangelo). Gesù abolisce la legge del ripudio (divorzio), quello del maschio e anche quello della donna, perché «Dio li fece maschio e femmina... l’uomo lascerà padre e madre e si unirà alla sua donna, e saranno una carne sola» (Prima lettura). «Non separi l’uomo quello che Dio unisce»: in altri termini, l’uomo colpisce se stesso e il proprio destino di felicità quando rifiuta i cardini della vita, la gioia che il cuore umano scopre dentro di sé quando si innamora; la legge di Dio, l’ordine buono delle cose è scritto nell’uomo, non gli viene imposto da fuori. L’innamoramento si trasforma in volontà d’amare, costruzione della «carne sola» quando due adulti decidono di condividere la vita, e in base ala loro maturazione personale sanno affrontare ogni avversità con il dialogo, sanno perdonare, non si aspettano dal partner ciò che egli (o essa) non può dare (è il senso della realtà, tipico della persona davvero adulta); sanno andare oltre il corpo, la bellezza e il piacere per realizzare un vero incontro tra persone diverse: per questo la «sola carne» si approfondisce con la conoscenza e l’accettazione reciproca. Si capisce quindi che la relazione coniugale può accettare il rischio di esistere, se le persone coinvolte sono educate fin da bambini a questo insieme di atteggiamenti. Per il cristiano, la scuola è l’esempio di Cristo, che ha sposato l’umanità senza se e senza ma, ci ha chiamati fratelli, ha scelto il dono di sé per amore, lo ha giurato e realizzato per tutta la vita e fino alla morte di croce (Seconda lettura). Una morte che per noi e per lui diventa risurrezione e Vita piena, gioia completa.

Liturgia della XXVI domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Nm 11,25-29)

Nel deserto, Israele riceve i suoi capi e pastori da Dio e dal suo Spirito. È il segno della cura di Dio per il suo popolo; ma tutto il popolo è in alleanza con Dio, lo Spirito si diffonde liberamente, oltre le strutture dell’autorità umana.

Seconda lettura (Gc 5,1-6)

Giacomo ha parole dure per coloro che si sono arricchiti sullo sfruttamento dei poveri e sulla violenza: non è vera ricchezza, quella ingiusta e rapace. Per questo è destinata a consumarsi, portata via dal fuoco di Dio e dal vento della morte.

Vangelo (Mc 9,38-43.45.47-48)

Lo Spirito di Dio lavora misteriosamente in tutte le coscienze disponibili, dentro e fuori i confini visibili della Chiesa. Per questo la Chiesa non ha nemici, e non è invidiosa del bene dovunque sia. Essa vive nel mondo in modo diverso, mettendo i piccoli al centro della sua cura.

Sguardo d'insieme

«Avere la verità in tasca» è il presupposto per la violenza, perché ognuno cercherà di lottare per «la propria verità» ritenendola l’unica possibile. Oppure è il presupposto per l’indifferenza e l’isolamento: è vero ciò che penso io, quindi non mi confronto con nessuno. La Chiesa riconosce invece di «aver ricevuto la verità in mano», come un dono che le viene da fuori. Essendo più grande dell’uomo, la verità appartiene a Dio, egli la rivela nelle Scritture e nella vita di Gesù, e la comunità la riceve e la approfondisce sempre più nel tempo. Questa vaccinazione contro l’integralismo parte da Israele (Prima lettura): lo Spirito di Dio, che dà l’autorità di guidare e insegnare, non appartiene solo agli anziani di primo rango. Dio è libero di scegliersi le persone che vuole per intavolare un dialogo e una alleanza, e Mosè, che rimane la guida del popolo, è contento di non essere l’unico mediatore del rapporto tra gli israeliti e Dio. Questa visione aperta (insieme ad altri passi dell’Antico Testamento di questo tipo) diventa esplicitamente universalista nel Nuovo Testamento. Gesù afferma «chi non è contro di noi è per noi» (Vangelo): il bene esiste anche fuori dai confini visibili della Chiesa, lo Spirito di Dio tesse un rapporto d’amore con tutti gli uomini, a un livello personale. Allora accade che fuori della Chiesa una persona senta l’appello dell’Amore e viva l’amore, mentre anche dentro la Chiesa ci può essere chi fa la professione di fede ma senza viverla. I cristiani hanno ricevuto in dono la fede, ma per cercare la verità insieme a tutti gli uomini di buona volontà. La Chiesa dialoga con tutti rimanendo se stessa, cioè rimanendo «alternativa» rispetto al mondo: per questo riceve dal Vangelo l’impegno a mettere al centro i piccoli, e a evitare con tutte le forze il male che può scandalizzare chi ha la fede debole. Giacomo apostolo (Seconda lettura) ha parole dure contro i cristiani divenuti ricchi con l’ingiustizia e la violenza: hanno tradito il Vangelo e i piccoli di questo mondo. Anche se battezzati, su di loro incombe la condanna.

Liturgia della XXV domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura   (Sap 2,12.17-20)

La verità vera ha la caratteristica di essere scomoda. Per il fatto di esistere, il giusto dà fastidio: così sarà il Messia, per questo saggio autore, come prevedendo il destino di Gesù.

Seconda lettura (Gc 3,16-4,3)

La presunzione umana genera fratture e incomprensioni. Il cristiano invece ha sposato la sapienza che viene da Dio, che dà prova di sé edificando unità con la non violenza.

Vangelo (Mc 9,30-37)

Gesù si concentra nella formazione dei discepoli, raccontando il proprio destino di dolore e di morte, ponendo se stesso come via che conduce alla vita e alla vera grandezza. Questa è la sapienza di Dio, ma i discepoli sembrano ancora in alto mare...

Sguardo d'insieme

Un bambino era orgoglioso di suo padre: «Ha preso un SUV nuovo!». Il mondo delle apparenze è fatto dei ricchi che si tolgono i capricci, e dei poveri che maledicono tutto perché non possono farlo. Perché importa di più il SUV e meno il suo autista... Per questo il messaggio cristiano viene accettato quando parla di generosità e di dono di qualcosa del superfluo, ma è deriso, ritenuto una fiaba da medioevo o una consolazione per i disgraziati quando mette ancora al centro Gesù e la sua storia scandalosa e indigesta: quella del Messia crocifisso, che sceglie per se stesso (Figlio di Dio) la via del non-potere e del non-avere, la via della piccolezza e dell’abbandono nel Padre, insomma la via del «perdente». E per di più dice che questa è la vera sapienza, l’altra invece è solo follia. La follia dell’uomo che crede di salvarsi da solo producendo e procurandosi questo e quello. Gli stessi discepoli di Gesù ritengono questa via come assai indigesta e fanno di tutto per stare con Gesù senza seguirlo davvero per la stessa strada (Vangelo). La Chiesa porta con sé il Vangelo, annuncio scandaloso di un modo davvero alternativo di vivere, che promette una grandezza sotto le vesti della piccolezza, una gioia come frutto della rinuncia, una comunione che si realizza quando l’IO si sgonfia e lascia spazio agli altri e alla loro dignità (Seconda lettura). Questa vita davvero diversa, questa sapienza che produce comunione e vera società, era annunciata già dall’Antico Testamento (Prima lettura), quando parlava del Messia, delle sue sofferenze, della sua vita scomoda e inaccettabile per gli stolti e gli uomini dal cuore duro.

Liturgia della XXIV domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura   (Is 50,5-9a)

Il Messia, servo di Dio e portatore della sua Parola, viene rifiutato dal suo popolo. Ha messo la sua vita nelle mani del Signore, e questo gli dà sicurezza e la forza di affrontare la persecuzione.

Seconda lettura (Gc 2,14-18)

Giacomo critica chi riduce la fede a un qualcosa da nascondere nel privato. La fede è morta se non genera stili di vita e relazioni davvero aperte agli altri e a Dio.

Vangelo (Mc 8,27-35)

Tutti si interrogano su chi sia Gesù davvero. Con Pietro, la Chiesa lo riconosce come il Consacrato mandato da Dio per rifare l’alleanza tra il cielo e la terra. Gesù realizza la sua missione offrendo la propria vita, e indica ai suoi discepoli il dono di sé come condizione per realizzare il vero amore e la salvezza di tutti.

Sguardo d'insieme

Nella nostra società multireligiosa, la domanda centrale non è se Dio esiste, ma qual è il suo volto. Per chi si dice cristiano, la domanda è se la propria immagine di Dio corrisponde a quella che Egli stesso ha dipinto e consegnato nelle Sacre Scritture. Così si apre il Vangelo di oggi: la domanda su chi sia Gesù suscita la confusione di chi vuole applicargli etichette già stampate («E’ un grande uomo»; «E’ un reperto del passato»), ma dichiara la verità: risolvere la domanda su chi è Gesù significa risolvere quella su Dio: se Gesù è Dio, allora Dio esiste; se Gesù è l’inviato dal Padre, allora Dio è Padre. Se Gesù è un semplice uomo, allora ciascuno può immaginarsi il suo Dio. Se Gesù è il volto di Dio, allora la vita e la parola di Gesù sono il messaggio di Dio, non frutto dell’opinione di qualcuno, anzi va a sconvolgere l’immaginazione umana su Dio. L’uomo immagina un Dio vincente, grande architetto e «mamma» che risolve tutti i problemi. Gesù invece è il Figlio di Dio fedele al Padre, e questa fedeltà gli costerà l’odio della gente, la passione e la morte (Prima lettura). Il volto di Dio è quello del Padre che ama le sue creature arrendendosi alla loro violenza, che lascia all’amore il compito di penetrare le coscienze e guarirle. È un volto di Dio che Pietro fatica a capire, e che la Chiesa nei secoli cerca di capire e soprattutto di replicare nel suo modo di porsi di fronte al mondo. È l’amore che si dona il vero messaggio nuovo, quello che sconfigge il mondo e la sua mentalità basata sull’oppressione della ricchezza sulla povertà, che vorrebbe una fede senza vita, così intima e segreta da risultare nei fatti inesistente (Seconda lettura). È l’amore che si dona la vera salvezza, perché crea in un mondo migliore e anticipa oggi la gioia piena che chiamiamo «paradiso».

Liturgia della XXIII domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 35,4-7a)

A un popolo nella prova, il profeta annuncia l’intervento di Dio e il sollievo, l’inizio di un mondo rinnovato: la qualità della vita umana e della natura saranno come è nel piano del Dio creatore.

Seconda lettura  (Gc 2,1-5)

La fede in un solo Padre richiede che tutti si sentano fratelli, e che le divisioni tra le persone in base all’avere vengano superate perché per tutti c’è una sola Mensa. La Chiesa nel mondo deve vivere in modo diverso.

Vangelo (Mc 7,31-37)

In terra pagana Gesù rende presente la misericordia di Dio che guarisce. Anche nel nostro mondo la Chiesa, con il Battesimo, apre orecchie e bocca ai credenti per accogliere la Parola e dire la propria fede.

Sguardo d'insieme

Ogni tanto si pensa che il cristianesimo sia una religione della conservazione, addirittura della difesa dei privilegi di chi li ha tenendo buoni gli altri. La Parola di Dio e l’unica Mensa del pane di Gesù annunciano invece una novità e un rinnovamento profondi, ben oltre le abitudini e i comodi che spengono le persone nella noia e nell’egoismo. Un mondo nuovo annunciato dal profeta (1° lettura) che comporta un “ben-essere” della persona in un habitat non più ostile e arido, ma favorevole alla vita. Un annuncio che si compirà pienamente alla fine dei tempi, ma che ora ha i suoi primi segni concreti. Gesù esce dalla terra di Israele per accogliere anche i lontani nella misericordia di Dio che apre orecchie e bocca, cioè riporta la persona dalla solitudine alla relazione con gli altri e con Dio (ascoltare – parlare: Vangelo). La Chiesa dei cristiani è chiamata a proseguire l’opera di Gesù con l’Effatà del rito del Battesimo, e con il riunirsi alla Mensa di Gesù da veri fratelli, superando l’ordine ingiusto delle “caste” in base ai beni posseduti sul quale si basano i rapporti umani nella logica del mondo (2° lettura). Se questa non è novità...

Liturgia della XXII domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Dt 4,1-2.6-8)

Israele è speciale tra i popoli perché ha ricevuto in dono la Parola, pronunciata dalla bocca di Dio e arrivata tramite la mediazione umana di Mosè. Come Parola di Dio, deve essere accolta come regola per la vita, senza “ritocchi”.

Seconda lettura  (Gc 1,17-18.21b.22-27)

All’inizio di tutto c’è Dio che ci dona tutto. In particolare la luce per il cammino, la Parola piantata da Dio nelle coscienze. Essa rafforza, guida e salva chi l’accoglie con fede e la trasforma in stile di vita.

Vangelo (Mc 7,1-8.14-15.21-23)

Gesù, accusato dai “supervisori” di Gerusalemme di non essere ligio all’insegnamento dei rabbini, ribatte distinguendo tra Parola di Dio e parole degli uomini, tra Verità e opinione, tra religione apparente e sostanza.

Sguardo d'insieme

Si usa dire cose del tipo «La Chiesa dice – la Chiesa pensa...». È usuale parlare della Chiesa (anche da parte di cristiani poco formati) ignorando le sue origini e il motivo della sua esistenza. La Chiesa non nasce come sponsor di una opinione, o come una «lobby» a difesa di certi interessi. La Chiesa nasce dai Dodici apostoli (Pietro in testa) i quali, stando con Gesù, gli dissero: «Tu solo hai parole di vita eterna; abbiamo conosciuto e creduto che sei il Santo di Dio». La Chiesa ascolta anzitutto la Parola di Dio che troviamo nella Bibbia, e alla luce delle diverse situazioni e tempi (da 2000 anni) dice: «Quella Parola data a noi una volta per tutte, oggi, nel concreto di questa situazione, ci dice che...». Il «pensiero» della Chiesa, cioè la sua fede, non cambia mai perché la Bibbia rimane sempre la stessa. Trova linguaggi nuovi, nuovi approfondimenti perché la realtà umana in cui la Chiesa vive cambia continuamente. Il primato della Parola scritta, nella forma della Legge di Mosè, è un pilastro assoluto anzitutto per l’ebraismo, da cui la Chiesa nasce (Prima lettura). Anzi, Israele è consapevole che questo dono lo rende un popolo speciale tra tutti: si è trovato in regalo la Sapienza di Dio, una Parola che va ben oltre il semplice buon senso umano. Quando si rischiava di sostituire alla Parola le opinioni umane dei maestri, Gesù interviene con decisione (Vangelo): la religione ebraico – cristiana non è un sistema di cose da fare (pur giuste come il lavarsi le mani prima di mangiare), ma la RELIGIONE DELL’ASCOLTO di una Parola che ci viene da un Altro e dall’Alto. Nell’ottica della fede, tutto è dono di Dio, la vita, noi stessi, la luce che guardiamo di nuovo ogni mattino; ma la luce più sublime, come ci ricorda san Giacomo apostolo, è quella che guida la vita, la lampada ai passi, la regola che indica un modo di vivere buono, cioè gradito a Dio e quindi pienamente conforme alla vera dignità dell’uomo (2° lettura).

Liturgia della XXI domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gs 24,1-2.15-17.18)

Liberato dall’Egitto ed entrato nella Terra promessa, Israele deve ora decidere da che parte stare: se aderire a Dio che lo ha liberato e protetto, oppure voltarsi verso gli idoli, vecchi o nuovi che siano.

Seconda lettura (Ef 5,21-32)

Essere a servizio gli uni della felicità degli altri è la regola per tutti; Paolo la applica in particolare ai coniugi: al servizio l’uno dell’altra, in nome dell’Amore che ha portato Cristo a perdere la vita per la Chiesa.

Vangelo   (Gv 6,60-69)

Dopo il lungo discorso su Gesù Pane di vita, ecco il risultato: discorso troppo duro – impegnativo, molti se ne vanno via. Ma i Dodici scelgono Gesù e la sua Parola che inietta vita eterna in chi la accoglie con fede.

Sguardo d'insieme

Il Cristianesimo non è una ideologia, cioè insieme di idee che a qualcuno sembrano buone. È anzitutto l’intervento di un Dio che si è fatto avanti e ha parlato, prima a Israele e poi nella persona del suo Figlio. Questa sua iniziativa obbliga ognuno a prendere una posizione: si tratta di ascoltare questa Parola e recepire questa Presenza (con la conseguenza che la vita non può più essere quella di prima), oppure scegliere di andare per la propria strada e seguire altri maestri magari più graditi o più innocui. Lo stesso capitò all’antico Israele (1° lettura): dopo aver visto la liberazione di Dio dall’Egitto e la sua provvidenza negli anni del deserto (non teorie, ma eventi storici), ora Giosuè, erede di Mosè alla guida del popolo, chiede di prendere una posizione. Inizia una lunga vicenda fatta di «Sì» e di «No». Dopo aver moltiplicato i pani e presentato se stesso come il Pane di vita, l’unica vera via alla Vita piena, ecco che il gruppo dei discepoli si divide (Vangelo): molti se ne vanno, Gesù chiede di essere troppo importante per loro; Pietro e il gruppo dei Dodici rimane, accetta di stare ancora con Gesù per capirne di più e maturare una scelta profonda. Come il Pane dà la vita perdendo se stesso fino a diventare cibo, così il cristiano impara da Gesù a mettersi a servizio della felicità degli altri trovando per questa via la propria: dovrebbe essere lo stile di ogni battezzato, in particolare dei coniugi cristiani (2° lettura).

 

Liturgia della XX domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Pr 9,1-6)

La Sapienza di Dio offre agli uomini cercatori di mèta la sua casa: da lei c’è solidità (= una vita che ha senso) e cibo abbondante. È la Parola di Dio, luce al cammino e intelligenza per distinguere bene e male. Nel Nuovo Testamento essa è Gesù in persona, Verbo incarnato.

Seconda lettura (Ef 5,15-20)

Lo stolto tira a campare senza capire il «momento», preso nelle gozzoviglie perché non ha altra speranza. Il cristiano è saggio, i sacramenti lo riempiono di Spirito Santo, vive nella volontà di Dio (= sapendo dove andare), lo loda   nella liturgia perché sa che tutto gli è donato.

Vangelo (Gv 6,51-58)

Con espressioni forti e chiare, Gesù indica il modo per passare dall’antica alla nuova Alleanza: mangiare e bere Lui nei segni del Pane e del Vino. Questo nutrirsi realizza la «trasfusione» di eternità dal Signore al discepolo, e l’appartenenza del discepolo al Signore.

Sguardo d'insieme

Nel suo lungo discorso, che in queste domeniche leggiamo a pezzi (Vangelo), dopo aver moltiplicato il pane Gesù dichiara le sue carte: è Lui il pane vero, il Dono massimo di Dio al mondo, di cui la manna dell’Antico Testamento era solo un anticipo e una promessa. Il Dio che dava da mangiare a Israele è oggi Gesù, che si offre personalmente in croce per «spezzarsi e versarsi», donandosi per amore al fine di costituire una Chiesa che abbia come regola il dono di sé, proseguendo l’esempio del Maestro. Il tono è quasi urtante: Gesù chiede come condizione, per entrare nella Nuova Alleanza, di «magiare e bere Lui», di cercare con la Parola fatta Carne il rischio di una intimità sempre maggiore e più assoluta. Riempiti di uno Spirito che ci viene dato dal Padre e che ci fa passare dalla somiglianza agli animali all’immagine del Figlio di Dio. Vivere nello Spirito (Seconda lettura) è vera saggezza: usare del tempo sapendo che è corto; vivere il tempo per crescere alla statura di Gesù, cercando come Lui la volontà di Dio; riconoscere la presenza del Signore nei fatti della vita, con la capacità di dire GRAZIE (= fare eucaristia). Per arrivare alla Vita, la Via è fare banchetto con Gesù, Parola incarnata, luce che il Padre ha mandato sul cammino dell’uomo. Questa incarnazione era stata annunciata dall’Antico Testamento (Prima lettura): la Sapienza già aveva cominciato a preparare la sua dimora tra gli uomini, la Parola era già Legge per una vita buona, Dio aveva già acceso una luce per l’umanità inesperta in eternità... e ora abbiamo Gesù risorto, con lui la vita non finisce più!

Liturgia della Solennità dell'Assunzione di Maria.

Messa della Vigilia

Prima lettura (1Cr 15,3-4.15-16; 16,1-2)

Dopo aver accompagnato il cammino di Israele nel deserto, l’Arca dell’alleanza viene portata a Gerusalemme. Là sarà il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.

Seconda lettura (1Cor 15,54-57)

L’Apostolo medita sul grande tema dell’uomo: la morte e cosa c’è dopo. Alla luce di Cristo risorto, egli vede la morte come risultato del peccato, e la risurrezione come la vittoria di Cristo su ogni male, che viene «ingoiato».

Vangelo (Lc 11,27-28)

Gesù, Parola mandata dal Padre, parla alla gente e tesse l’elogio di sua Madre: Maria è grande perché ha messo al mondo il Figlio di Dio, ma ha generato la Parola perché è stata campionessa di ascolto e obbedienza di questa Parola. Dante la chiamerà «figlia del tuo Figlio».

Sguardo d'insieme

La Chiesa esprime i contenuti della sua fede in modo solenne e autorevole mediante i «dogmi»: sono le basi senza le quali non si può parlare di cristianesimo. Il dogma dell’Assunzione ricorda a tutti i cristiani che la meta della vita è il cielo, la comunione con Dio, che fin da ora pregustiamo nella comunione eucaristica nell’unità della Chiesa. Senza una meta non ha senso nessuna strada!
La liturgia di questa Vigilia ci presenta alcuni aspetti del mistero di Maria, in cui la Chiesa riconosce la propria identità. Maria è l’Arca dell’alleanza, simboleggiata dall’antica arca che accompagnò Israele nel suo cammino nel deserto, e che conteneva i segni della misericordia di Dio: la manna, le tavole del Decalogo, il bastone di Aronne segno del servizio sacerdotale (Prima lettura). Maria è colei che ha generato nel mondo la Vita: in Cristo risorto possiamo sperare in una vita oltre la morte, e guarire dal pungiglione del peccato che procura negli uomini la corruzione e la lontananza da Dio (Seconda lettura). Infine, Maria è la Discepola perfetta, colei che ha anzitutto accolto con fede la Parola di Dio, su di essa ha investito la sua vita, a tal punto che addirittura la Parola è diventata uno di noi per mezzo di lei e della sua fecondità di donna. Come discepola della Parola, Maria è lodata da Gesù (Vangelo).

Messa del giorno

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ap 11,19; 12,1-6.10)

L’Apocalisse è il libro della rivelazione di Dio salvatore, e della speranza cristiana. La donna che scampa al drago è simbolo della Chiesa messa alla prova dal male senza essere sconfitta. Insieme alla Chiesa, la donna rappresenta Maria che genera il Bambino, il Messia vincitore e salvatore.

Seconda lettura (1Cor 15,20-27)

Paolo mette in relazione il primo uomo e l’ultimo, Adamo e Cristo. Ma i due sono l’esatto contrario: Adamo simboleggia la disobbedienza a Dio e la morte che distrugge chi si allontana dal Creatore. Gesù invece con la sua risurrezione è Signore della Vita, e realmente può comunicare la Vita a tutti quelli che sono «in Cristo». Al buco nero del male risponde il magnete che attira tutti alla Vita.

Vangelo ((Lc 1,39-56)

Nella Visitazione, due madri e due figli si incontrano: l’antica alleanza travasa nella nuova, ma lo stesso Spirito conduce il cuore di Maria ed Elisabetta a sentimenti di lode. Giovanni Battista esulta, Maria canta il Magnificat in ringraziamento a Dio che opera grandi cose mediante strumenti poveri e a beneficio del popolo dei piccoli. Che si affidano alla Misericordia.

Sguardo d'insieme

La Chiesa esprime i contenuti della sua fede in modo solenne e autorevole mediante i «dogmi»: sono le basi senza le quali non si può parlare di cristianesimo. Il dogma dell’Assunzione ricorda a tutti i cristiani che la meta della vita è il cielo, la comunione con Dio, che fin da ora pregustiamo nella comunione eucaristica nell’unità della Chiesa. Senza una meta non ha senso nessuna strada! 
Le letture di questa Messa ispirano al cuore dei cristiani la stessa lode che sboccia in Maria (Vangelo): per opera dello Spirito nasce vita nuova, nell’anziana Elisabetta e nella giovane cugina. Maria ha la beatitudine dei puri di cuore, la semplicità di chi sa vedere il bene che Dio opera nelle pieghe del quotidiano, e sa dire grazie. La Chiesa ringrazia la Provvidenza di Dio che la accompagna nell’arduo cammino tra le insidie del Male (Prima lettura), e cammina con speranza sapendo di avere Colui che ha il potere sulla vita e sulla morte. Paolo loda il Salvatore raccontando il suo piano: Adamo (siamo tutti noi, da sempre) ha procurato per tutti l’alienazione da Dio, Gesù invece «riconsegna» al Padre i suoi figli, non più intrappolati dalla definitività della morte (Seconda lettura).

Liturgia della XIX Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (1Re 19,4-8)

Elia, profeta impavido della Parola, si scontra con l’incredulità della gente e va in crisi. Mentre si convince di aver fallito tutto, e che non vale più la pena lottare, nel deserto del vuoto umano riceve da Dio il pane e l’acqua per portare a termine la sua missione.

Seconda lettura (Ef 4,30-5,2)

Essere in comunione con Dio è vivere nello Spirito, da uomini nuovi. Dare gioia allo Spirito di Cristo significa vivere imitando lui, il suo amore che lo ha spinto a dare se stesso come offerta gradita a Dio. La forma concreta dell’offrirsi è la benevolenza e il perdono.

Vangelo (Gv 6,41-51)

Il messaggio di Gesù è così nuovo e sconvolgente che la fede può essere solo dono di Dio che «attira» interiormente. Agli occhi increduli Gesù è solo il figlio di Maria, il suo pane è solo come la manna che viene dalla terra. Senza il Pane di Vita, all’uomo rimane solo la morte.

Sguardo d'insieme

È proprio incredibile che, a un Gesù che offre se stesso come il Pane dell’eternità, i Giudei rispondano mormorandogli contro (Vangelo). E per di più nascondono l’incredulità dietro il religioso ricordo della manna che Dio diede mediante Mosè, nel deserto. Allora mormoravano contro Dio, perché non dava loro il pane che avrebbero preferito: adesso preferiscono il pane che sazia per un giorno (per poi morire), piuttosto che accogliere Gesù - Pane che sazia per sempre, ma che chiede di affidargli la vita. «Pane» va insieme con «mangiare»; c’è un mangiare dell’uomo morto, che è possedere per se stessi (Dio, le altre persone...), e un mangiare che rende immortali, che è benedire Colui che dona il Pane e affidarsi – lasciarsi condurre là dove l’uomo non può arrivare, alla Vita del Cristo Risorto. Meglio morire che affidarsi, meglio somigliare alle bestie che crescere alla statura del Figlio di Dio: è la lucida, incredibile follia che seduce l’umanità di tutti i tempi. Addirittura, si può anche essere «eroi di Dio», come Elia (Prima lettura), entusiasti come lui al Suo servizio, ma essere ancora un passo indietro rispetto alla fede – affidamento. Nel suo tempo, Elia era un «Garibaldi» della religione, che però va a sbattere contro l’ostinazione di Israele e la propria debolezza personale. Benedetto fallimento, perché gli permette di incontrare Dio, il pane e l’acqua Suoi che danno un nuovo significato alla sua esistenza e gli permettono di portare a termine la sua missione. Affidarsi a Dio significa quindi accogliere il suo generoso Pane e dirgli GRAZIE (= eucaristia). Prima di tutto siamo amati e perdonati (Seconda lettura), per questo la Chiesa può realizzare il progetto da cui è nata: vivere il perdono fraterno, condividere benevolenza guarendo ogni aggressività, «camminare nella carità, nel mondo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi».

Liturgia della XVIII Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Es 16,2-4.12-15)

«Mah hu» in ebraico significa «Cos’è?», e dà il nome alla «manna». Messo alla prova con la fame, Israele si degrada, mormora, non capisce nulla. Riceve il dono di Dio, ma si chiede sempre «Cos’è?». Così è quando guardi a terra ignorando in alto la Mano che ti accompagna.

Seconda lettura (Ef 4,17.20-24)

La vita cristiana è un continuo esodo interiore, per realizzare il passaggio dal paganesimo (l’uomo che si costruisce i propri idoli) alla santità (l’uomo che accoglie Cristo e si adegua a lui). Dall’uomo vecchio all’uomo nuovo, dalla morte alla vita, dal vuoto ingannevole alla verità di Gesù, conosciuta e amata.

Vangelo (Gv 6,24-35)

I pani moltiplicati sono «segno», cioè aiuto ad andare oltre. Si parte dalla fame che chiude nei propri bisogni, per arrivare alla fede in Gesù, vero Pane mandato da Dio per essere fonte di vita per il mondo. Ma occorre vedere in Gesù assai più che un «Rabbì», maestro.

Sguardo d'insieme

Il cammino di Israele nel deserto (Prima lettura) rappresenta la vita di tutti, il teatro in cui ogni personaggio rappresenta se stesso. Da una parte l’uomo, che nella prova dimentica facilmente di essere nato da Dio come creatura libera, mormora contro tutto e tutti, è inquieto, si sente vittima delle cose che capitano. Dall’altra c’è Dio, che come un Padre e una Madre con infinita pazienza continua a nutrire il suo popolo, provvede i beni della terra e sempre offre la sua Parola come luce per la vita morale. Questi beni, pur importanti, sono solo una preparazione al Bene assoluto, che il Padre ci ha dato negli ultimi tempi: Gesù (Vangelo): egli è la Parola del Padre e il Cibo vero. Ascoltando Lui non siamo più sbandati, né vittime di ogni vento di dottrina; mangiando Lui, non abbiamo più fame, ogni altra cosa non può competere con Lui. Nell’ottica pagana, la vita è cammino dalla vita alla morte; per i cristiani (Seconda lettura) la vita è un processo di crescita perché chiama a passare dall’uomo vecchio al nuovo, dal vivere accontentandosi di briciole al godere del banchetto di Dio, dove finalmente scompare ogni fame e sete.

 Liturgia della XVII Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (2Re 4,42-44)

Nel deserto dell’esodo Dio diede a Israele la manna, nella misura necessaria a ciascuno; ora la Parola profetica di Eliseo rende presente questo segno della provvidenza del Signore, che continua a prendersi cura del suo popolo, in misura più che abbondante.

Seconda lettura (Ef 4,1-6)

Il progetto di Dio è di radunare tutti i popoli in una sola famiglia: e questo accade nella realtà della Chiesa Cattolica, che vive in ogni luogo e parla tutte le lingue. Ma questo dono di Dio è una «chiamata», l’unità va custodita nei fatti.

Vangelo (Gv 6,1-15)

La fame della gente permette a Gesù di moltiplicare il pane, il gesto è grande perché paragonato alle scarse possibilità degli uomini. Il pane avanza: nelle dodici ceste delle «tribù» della Chiesa Gesù continua a far avanzare il Pane eucaristico, perché tutti ne abbiano.

Sguardo d'insieme

C’è differenza tra «laicità» e «laicismo». Il cristiano vive il valore della laicità quando si rende conto che l’uomo ha bisogno di saziare lo spirito e il corpo, cercando quella gioia completa che il Creatore ha progettato per tutte le creature. Laicismo è credere che l’uomo, da solo, è creatore della propria felicità, anzi la felicità è maggiore tanto lo è il suo distaccarsi da Dio. La Bibbia ci ricorda che l’uomo si sazia solo se resta collegato con la Sorgente della vita. Il profeta Eliseo (Prima lettura) moltiplica il pane per ricordare a Israele il tempo dell’esodo nel deserto, quando Dio Padre e Madre nutriva di manna il suo figlio che stava diventando grande. In più il nuovo pane è più abbondante della fame: l’amore di Dio non è commisurato alle aspettative umane, ma le supera e le rilancia in avanti e in alto! Lo stesso fa Gesù (Vangelo) in tutti i racconti evangelici della moltiplicazione del pane: ne avanzano dodici ceste, perché la Chiesa dei dodici Apostoli è il nuovo Popolo di Dio, erede delle dodici tribù di Israele. Nella Chiesa c’è sempre pane in più, l’Eucaristia e la Carità rimangono lì per essere cercate e trovate da chiunque ha fame, perché chi è lontano da Dio, chi cerca di sfamarsi con pane di segatura, possa essere felice. È questo il progetto di Dio, Creatore e Salvatore, per ogni sua creatura: porre fine al suo vagare e alla sua solitudine (Seconda lettura), farla entrare in comunione con Cristo nella casa comune della Chiesa. Essa nel mondo è «Cattolica» perché può accogliere tutti; essa è «Una e Santa» perché edificata intorno all’unica Parola, all’unico Pane, all’unica Fede e all’unico Battesimo.

Liturgia della XVI Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ger 23,1-6)

Geremia critica la classe dirigente del suo tempo (ci stiamo avvicinando alla fine e all’esilio a Babilonia). Poiché i pastori, incaricati da Dio di prendersi cura del suo popolo, hanno tradito la Sua fiducia, Dio stesso interverrà mandando il Re Messia, il vero pastore salvatore.

Seconda lettura (Ef 2,13-18)

La Croce rivela Gesù come vero pastore secondo Dio. La Legge ebraica può solo dividere gli ebrei dagli altri, invece le braccia del Crocifisso radunano il popolo di Dio disperso: basta guardare a Gesù con fede, rispondere all’Amore affidandogli la propria vita.

Vangelo (Mc 6,30-34)

Gesù e i suoi sono «consegnati» alla gente, e la gente non dà loro tregua. Una umanità smarrita, spesso ingannata dai falsi maestri e pastori, cerca un punto di riferimento vero, e lo trova nella compassione paziente e disponibile del Signore.

Sguardo d'insieme

Gesù ha scelto di non avere casa né famiglia, e nemmeno una «privacy»: è inghiottito dalla gente (Vangelo). La storia umana, e anche quella biblica, è piena di folle sedotte da falsi pastori (con le loro false promesse di felicità) e poi abbandonate a se stesse. È il caso di Israele ai tempi di Geremia (Prima lettura): la deportazione fatta dai Babilonesi nel 587 a. C. sarà solo l’epilogo di una crisi interna che è fondamentalmente una crisi morale: quando i punti di coesione vengono meno (per Israele era la Legge di Dio), una società si disgrega e frana. E questo a causa della pessima gestione dei capi del popolo, i suoi pastori. Geremia non dimentica che Dio è Padre del popolo, la sua fede gli ricorda che Egli interverrà mandando un vero Re Salvatore, un capo saggio che agirà secondo Dio. È il Messia, per noi cristiani è Gesù. Nei Vangeli lo vediamo all’opera quando risana i malati e, con il suo insegnamento, accende una luce nel buio delle coscienze. Egli è il Pastore che vive per le sue pecore: cerca di far riposare i discepoli stanchi, non caccia via chi lo cerca, a tutti quelli che lo cercano dà la sua presenza. La Lettera agli Efesini (Seconda lettura) medita a fondo su questa umanità di Gesù, e conclude: Gesù è Pastore perché in tutta la sua vita, e soprattutto sulla sua Croce, egli abbatte i muri di separazione. Gesù è «pontefice», cioè crea ponti di comunicazione e di incontro. Israele aveva la sua Legge che lo separava dagli altri, la Chiesa invece è transnazionale e transculturale, è «cattolica», segno nel mondo di Gesù che «ha creato dei due un solo uomo nuovo». Unisce o divide? È questa la differenza tra il pastore vero e quello falso.

 Liturgia della XV Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Am 7,12-15)

Il profeta tocca i «poteri forti» e perciò lo emarginano. Amos dà l’ultima testimonianza: egli aveva già il suo lavoro, non è in cerca di interessi personali. La vocazione ricevuta e la Parola che egli trasmette è quindi genuina.

Seconda lettura (Ef 1,3-14)

Paolo loda il Padre perché ha mandato il Figlio eterno come lui. Guardando l’umanità di Gesù vediamo la «gloria di Dio», cioè si manifesta la sua Parola, e il progetto che il Padre pensava da sempre: purificare i suoi figli con il Sangue di Gesù, chiamarli tutti a far parte della Chiesa godendo dei doni dello Spirito Santo, preparandoli per la vita eterna che verrà.

Vangelo (Mc 6,7-13)

Gesù manda i Dodici come apprendisti della futura missione della Chiesa: l’incarico è di chiamare a conversione e guarire dalle catene del male. Un tenore di vita sobrio serve a rendere più credibile questa attività.

Sguardo d'insieme

La Chiesa non è una azienda che deve fare profitti, un partito che difende un’ideologia, un apparato che deve conservarsi e durare nel tempo. La Chiesa è Sposa di Cristo, esiste per Lui, e per dare (a chi ne apprezza il valore) i mezzi per vivere con Lui: la Parola, i Sacramenti, la Comunità vissuta nell’amore fraterno. Gli inizi della Chiesa risalgono all’Antico Testamento, alla vicenda di Israele (Prima lettura). I profeti sono mandati ad annunciare una parola scomoda, che contraddice le mediocrità umane e i suoi falsi idoli. I profeti danno fastidio, anche perché vedono più lontando della gente comune, e se vogliono restare fedeli a se stessi devono accettare l’emarginazione. Amos rimane fedele alla propria chiamata, crede che la Parola che porta viene davvero da Dio, perché non ha che da rimetterci. Aveva il suo lavoro, la sua tranquillità, ma l’incontro con Dio gli ha cambiato la vita, nella gioia e nel dolore. La missione della Chiesa avrà il suo inizio a Pentecoste, ma già Gesù addestra i suoi discepoli mandandoli a due a due (Vangelo). In due: non chiede loro di essere eroi solitari (e falliti); chiede loro la sobrietà della vita, perché questo è il segno del profeta veritiero. Chiede loro di fare quello che fa lui: parlare di Dio e della sua Parola, invitare alla conversione per una vita più evangelica, guarire gli altri dal male che impedisce questo cammino di incontro con Dio. È una missione che libera gli uomini e li rende adulti e responsabili, e che ha il suo prezzo, come sempre. Il centro dell’attenzione non è sul discepolo ma sul Maestro: è Lui l’inviato di Dio (Seconda lettura), Egli conosce il progetto di Dio perché è in Dio dall’eternità. Gesù realizza, «utilizzando» la Chiesa, il progetto del Padre: purificare i suoi figli mediante il suo Sangue, riunirli in una sola famiglia (che nel mondo sia il segno luminoso di Dio), attrezzarli dei doni dello Spirito, per svolgere la loro missione fino a quando la redenzione sarà compiuta.

Liturgia della XIV Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ez 2,2-5)

Il dramma di Ezechiele è quello di Dio: l’indifferenza di Israele per la Parola e i suoi messaggeri, come un adolescente si ribella al mondo degli adulti. Anche se la missione è destinata a fallire, Dio manda lo stesso i suoi annunciatori, sperando contro ogni speranza.

Seconda lettura (2Cor 12,7-10)

Paolo si confida. Portatore di una Parola magnifica, ricevuta da Dio, è necessario che l’Apostolo sia solo un servitore: per non fallire in questo incarico, annunciando se stesso al posto di Dio, ecco lo «Satana lo schiaffeggiatore». Paolo ricorda bene che egli stesso era stato nemico della Parola, e anche i fallimenti della missione gli ricordano la sua debolezza. In essa Dio può mostrare la sua vittoria.

Vangelo (Mc 6,1-6)

La Parola di Dio si è fatta carne, ma i suoi non l’hanno accolta. Nemmeno al suo paese, Nazaret. Chi lo conosceva bene era troppo abituato a lui, non riusciva a capire che Gesù era il mezzo umano della salvezza di Dio. Senza fede, Gesù non può operare guarigioni.

Sguardo d'insieme

La Parola di Dio continua a risuonare nel mondo per mezzo degli uomini che Egli stesso invia per questo scopo. Già nell’Antico Testamento i Profeti sono chiamati e inviati a Israele (Prima lettura), per accompagnare la crescita del popolo sulle vie di Dio. Ma questo popolo preferisce restare bambino e adolescente, non accetta l’autorità della Parola e respinge chi la annuncia. È la tragedia di un Dio Padre – Madre che viene respinto da suo figlio, e tuttavia non rinuncia ad essergli vicino. È la tragedia di una umanità che, credendo di emanciparsi e diventare adulta, rinuncia ad aprirsi all’Altro e preferisce restare chiusa in se stessa e nelle sue fiabe infantili. Un piccolo Peter Pan che rifiuta di crescere, e diventa vittima di Capitan Uncino. È inspiegabile che sia proprio il popolo di Dio, amato e generato da Dio, a chiudergli le orecchie e il cuore, ma lo stesso accade con Gesù (Vangelo): i suoi compaesani non lo accolgono, anzi lo respingono, ed è l’anticipo della crocifissione. Gesù non riesce a spiegarsi questa scena, come sia possibile respingere chi ti ama e cerca soltanto il tuo bene. La stessa storia si ripete nell’esperienza della missione della Chiesa. Paolo, mandato a portare una Parola non sua (Seconda lettura), paga il suo servizio con la persecuzione, e questo è garanzia che il suo messaggio è genuino, senza interesse umano. È un assurdo: chi glielo fa fare? Paolo trova la motivazione: la fatica e l’insuccesso gli servono per non montare in superbia, per non pensare che la Chiesa cresca per il merito o l’intelligenza dei ministri della Parola. Anche oggi molti battezzati di fatto rifiutano la Parola di Dio, e tuttavia c’è ancora chi la annuncia, segno della speranza incrollabile di Dio negli orecchi e nei cuori induriti della gente.

Liturgia della XIII Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Sap 1,13-15; 2,23-24)

Il dolore e la morte non fanno parte del progetto di Dio sull’uomo. Siamo creati per la vita e la felicità, ma solo uniti a Cristo risorto superiamo le barriere del dolore e della morte.

Seconda lettura (2Cor 8,7.9.13-15)

Paolo sponsorizza una colletta di solidarietà per una comunità colpita dalla carestia. Non si tratta di fare appello ai buoni sentimenti umani, ma di imitare Gesù Crocifisso, che ha condiviso con noi la sua ricchezza di Figlio di Dio.

Vangelo (Mc 5,21-43)

Un miracolo mentre ne sta facendo un altro: Gesù è alle prese con la disperazione di una donna e di un padre. Sentiamo la presenza efficace di Gesù, Signore della vita, solo quando le forze umane perdono davanti alla morte.

Sguardo d'insieme

Da dove viene il male e la morte? Ogni religione se lo chiede. Per la Bibbia, il male non viene da Dio, ma da una forza oscura, nemica di Dio e dell’uomo (Prima lettura), che chiamiamo «diavolo» o «satana». Una forza reale e assai intelligente, che gode nel tenere lontano gli uomini da Dio (fonte di vita e di immortalità) tentandoli a fare il male. Per questo la Bibbia accosta sempre il male oggettivo (malattia, morte, dolori vari) a quello soggettivo (peccato, rifiuto di Dio e della sua Parola): il peccato «crea» la morte perché mantiene l’uomo lontano da Dio. Da dove viene la salvezza? Da Gesù, che «da ricco che era si è fatto povero per noi» (Seconda lettura). Gesù è l’Uomo nuovo, quello che non ascolta la tentazione al male, che vive quindi in piena sintonia con il Padre, e per questo ha in sé la Vita e la Risurrezione. Gesù è il modello dell’umanità vera e felice, ma è anche il Salvatore: ha il potere di «scaricare» la sua energia di vita su chi lo «tocca» con fede, lo invoca dal profondo di una situazione che, per le sole forze umane, è senza via d’uscita (Vangelo). Lo Spirito è quella «forza uscita da Lui», che ci è data nei sacramenti e nella vita di fede e di carità. Se viviamo nello Spirito di Gesù, rinunciando a satana e a tutte le sue opere e seduzioni (vedi il rito del Battesimo e della Cresima!), ha il potere di lanciarci al di là della barriera della disperazione e della morte.

Liturgia della Natività di Giovanni Battista - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Alla messa della Vigilia

Prima lettura (Ger 1,4-10)

Geremia diventa l’uomo di Dio e della sua Parola perché chiamato da Lui. Dio è la sua forza, la fonte del suo messaggio. Anche se la bocca è giovane e debole, la Parola conserva il suo potere di demolire le false sicurezze e costruire la verità che fa crescere l’umanità vera.

Seconda lettura (1Pt 1,8-12)

I profeti dell’Antico Testamento trasmettevano la Parola di Dio, ma nella Nuova Alleanza la Parola è arrivata in persona: Gesù. Se siamo cristiani, noi lo amiamo, abbiamo appeso a Gesù la nostra vita. Stare in sintonia con lui è la nostra gioia più profonda.

Vangelo (Lc 1,5-17)

Da una coppia ormai sterile nascerà un figlio: troppo bello per essere vero, e Zaccaria, sacerdote del tempio, non ci crede. Ma Dio ha deciso: finisce un sistema, si prepara quello nuovo. Giovanni sarà grande perché indicherà Gesù a tutti, chi lo seguirà troverà la salvezza.

Sguardo d'insieme

Ogni nascita contiene in sé un mistero. Quella di Giovanni, il battezzatore, ha origine in Dio, come quella di tutti noi. È come Geremia, (Prima lettura), chiamato da Dio fin da giovane, anzi già prima di nascere, per non aver paura: testimone coraggioso di una Parola che supera le forze umane ma che promuove l’uomo, perché demolisce ogni idolo che allontana dal Dio vero e Padre, e costruisce una nuova alleanza con Lui. Più di ogni gioia del mondo, il cristiano gioisce perché ama Gesù, vive con lui, affronta tutte le avversità della vita perché nulla gli può togliere la Sua amicizia e il Suo amore (Seconda lettura). La prima alleanza conteneva già l’attesa di un nuovo e più grande gesto di Dio: sarà la sofferenza di Gesù in Croce, immagine luminosa di un amore che nessun peccato umano può sconfiggere. Il Battista è annunciatore di quella Croce perché pure lui muore a causa della sua predicazione; reso pienamente identico a Gesù, egli è l’ultimo e il più grande tra tutti i profeti e gli amici di Dio della Bibbia. La nascita di Giovanni segna la fine di un passato e l’arrivo di un futuro (Vangelo): le istituzioni del culto ebraico (Zaccaria era sacerdote del tempio) sono ormai inutili, sterili come la coppia degli anziani Zaccaria ed Elisabetta. Quando l’umanità arriva al fondo della propria impotenza, allora Dio interviene: nascerà un bambino! Egli sarà grande, consacrato a Dio e alla sua missione, votato alla Parola e a Gesù che sta per arrivare sulla scena del mondo. Egli lavora per Gesù: con voce forte (come il profeta Elia) radunerà padri e figli, il vecchio e il nuovo, tutti chiamati a seguire Gesù e a formare il nuovo popolo di Dio, la Chiesa.

ALLA MESSA DEL GIORNO

Prima lettura (Is 49,1-6)

Si presenta il Servo di Dio, colui che Dio sceglie liberamente (prima della nascita) per portare la salvezza a tutto il popolo. Egli è lo strumento della Parola di Dio che, come punta e lama affilata, penetra dalle orecchie al cuore, per ricondurre il popolo al suo Dio. Questa missione assorbe tutta la sua fatica, svolgendola il Servo di Dio trova il suo onore.

Seconda lettura  (At 13,22-26)

Paolo racconta la storia della salvezza di Dio. Egli ha mandato i suoi uomini di fiducia, prima Davide e poi Giovanni, per realizzare il suo piano. Il Battista svolge la sua missione di «padre spirituale» invitando il popolo alla conversione, e la conclude lasciando a Gesù il ruolo di protagonista.

Vangelo (Lc 1,57-66.80)

Dio è all’origine della nascita di Giovanni: dal suo concepimento miracoloso, all’imposizione del nome, che significa «Dio fa misericordia». Il padre torna a parlare, e tutti parlano del bambino: l’azione di Dio comincia a farsi notare.

Sguardo d'insieme

Nell’Antico Testamento, quella dei profeti era l’istituzione più «libera», sciolta dagli schemi e aperta alla novità. Il Servo di Dio viene fatto esistere da Dio stesso come uomo della Parola ancor prima di nascere (Prima lettura), è il piccolo strumento di Dio per fare grandi cose, per rimettere insieme il popolo di Dio e essere luce delle nazioni. L’immagine del Servo può essere applicata al Battista: pure lui si è consumato per la Parola fino alla morte, ha risvegliato la coscienza della gente, è stato luce delle nazioni perché ha indicato al mondo il Cristo, Parola di Dio e Luce del mondo. Paolo ricorda il ruolo decisivo di Giovanni nella storia di Dio con il suo popolo (Seconda lettura): il Padre ha mandato il suo Figlio come Salvatore e Luce, ma è necessario che questa salvezza sia accolta, che una voce parli forte alle coscienze; solo una conversione dal male e dagli idoli umani può creare lo spazio per accogliere la Parola e diventare discepoli di Gesù. Solo una fine può consentire un nuovo inizio; con Giovanni Battista nasce qualcosa di nuovo: non eredita il nome di suo padre, ma riceve (con il permesso dei genitori, in linea con la storia precedente) il nome che Dio stesso aveva indicato (Vangelo): «Giovanni» significa «Dio fa misericordia». Zaccaria diventa credente e ricomincia a parlare, parla anche la gente chiedendosi «che sarà mai questo bambino?». Giovanni inizia a crescere, brillerà quando indicherà Gesù alla gente, completerà la sua missione quando si farà da parte, e in silenzio darà il suo sangue per il Salvatore del mondo. Mettendo la firma suprema in fondo a tutta una vita consacrata a Dio e alla sua missione.

Liturgia della XII Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gb 38,1.8-11)

Ridotto a nulla dalle proprie sciagure, Giobbe può incontrare il Signore e Creatore. Di fronte al mistero del dolore e della morte l’uomo non ha risposte, solo Dio conosce in pieno la sua creazione, e la vita da lui ideata con tutti i suoi misteri. La sfida della fede è fidarsi che esiste un Ordine che regge ogni cosa e che può arginare ogni potere di male.

Seconda lettura (2Cor 5,14-17)

La risurrezione non è solo l’esplodere del potere di Cristo sulla morte, ma anche il brillare dell’amore di Dio per noi: Cristo è risorto per iniettarci una vita che supera la morte. Già da ora, da battezzati, viviamo in questo amore che «ci possiede», ci avvolge, ci rinforza e ci riempie di speranza.

Vangelo (Mc 4,35-41)

L’acqua in tempesta, a un popolo di contadini e pastori, evoca una energia distruttiva e fuori dal controllo umano. I discepoli non possono che disperarsi; da parte sua, Gesù dorme beato «su un cuscino», con la sua calma dimostra il suo potere sovrano su ogni potenza che minaccia la vita umana, e chiede la fede in questa sua identità.

Sguardo d'insieme

Una tempesta scoppia sul lago di Tiberiade, e nella barca dei pescatori esplode il panico (Vangelo): Marco sottolinea la calma sovrana di Gesù fotografandolo addormentato su un cuscino! Si potrebbe intendere la scena in senso consolatorio: la vita prevede anche tante tempeste, ma con Gesù non si annega. Il cristianesimo sarebbe la religione dei poveretti che non ce la fanno? Di sicuro c’è che non si tratta di una consolazione che autorizza a starsene con le mani in mano davanti ai rovesci personali e sociali. Più che di una consolazione si tratta di una fede: chiedersi «chi è mai costui, che ha potere sulle forze contrarie alla vita?». E rispondere: «Egli è il Signore risorto, egli ha in mano la vita e la morte, l’Uomo-Dio accende una luce nel buio della nostra vita precaria, esposta a mille imprevisti e difficoltà». Già l’Antico Testamento si rivolgeva all’uomo che, pur senza farcela, pretende di capire e possedere il mondo (Prima lettura) annunciandogli: Dio solo conosce gli abissi del cosmo, solo il Creatore ha il pieno controllo della creazione. La Parola di Dio contraddice tutte le illusioni di «superuomo» che l’umanità ha molte volte immaginato. Alla faccia di ogni scienza che progetta di dominare il mondo e manipolare la vita a suo piacere. Dimostrando l’assurdità del peccato dell’uomo che immagina di trovare la felicità gettando fuori Dio. Al contrario, la vita cristiana è vivere in Cristo risorto (Seconda lettura), «posseduti da lui», trascinati oltre la superbia umana verso una vita che non finisce. Lottiamo oggi per un mondo migliore, secondo Dio, in attesa che nella casa del Padre tutto sia davvero secondo Dio, cioè vera felicità per l’uomo.

Testo

Liturgia della XI Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ez 17,22-24)

Mentre Israele vive la catastrofe dell’esilio a Babilonia, il profeta annuncia la rinascita: Gerusalemme sarà riedificata, il popolo di Dio si radunerà ancora. È annuncio del mistero della Chiesa, preannunciata dall’antico Israele, e oggi segno del Regno di Dio nel mondo e madre di tutti i popoli.

Seconda lettura (2Cor 5,6-10)

Alla luce della morte l’uomo capisce cosa significa vivere. Paolo paragona questa vita alla consistenza effimera di una tenda: nel mondo siamo pellegrini verso la terra promessa che è Dio stesso. In vista di questa meta trovano valore (o disvalore) le scelte quotidiane.

Vangelo (Mc 4,26-34)

Con immagini della vita agricola, Gesù parla del Regno di Dio: esso cresce quando la Parola di Gesù prende possesso della persona e ne guida la vita. Questo processo è lento ma vigoroso: la Parola (il seme) si nutre della buona volontà umana (la terra) e cresce con la forza di Dio («spontaneamente») superando ogni ostacolo.

Sguardo d'insieme

Fedeli alla terra e fedeli al cielo: da entrambi la Parola di oggi attinge messaggi per una vita saggia e «buona» secondo Dio. Dalla terra accogliamo il segno della crescita del seme (Vangelo): in due parabole, il Gesù di Marco descrive il Regno di Dio come una realtà in lenta ma costante costruzione nel mondo. Il Regno di Dio è la vita secondo la volontà di Dio, l’umanità come era nel progetto del Creatore (e poi il peccato dell’uomo ha corrotto e deviato). L’uomo secondo Dio è anzitutto Gesù, il suo modo di essere, di fare e di parlare, che diventano la regola di vita del cristiano. La vita cristiana, come un piccolo seme, cresce con la forza stessa di Dio («spontaneamente», dice il Vangelo), affrontando grandine, malattie e siccità, cioè ogni forza del peccato umano che vorrebbero sopprimerla. Come Gesù, il Piccolo messo a morte dagli uomini e poi risuscitato da Dio, così anche la trasformazione dell’uomo vecchio in uomo nuovo avrà il sopravvento. Costruendo una umanità migliore per sé, il cristiano diventa utile anche agli altri, «i suoi rami accolgono gli uccelli del cielo». La Chiesa, come l’antico Israele, è chiamata da Dio a essere segno di salvezza per tutti, a indicare che si può vivere in modo diverso, che gli ideali cristiani non sono una favola ma la salvezza per una umanità che si sta poco a poco corrodendo. È la promessa di Ezechiele (Prima lettura): mentre Israele crolla come popolo e va in esilio, una realtà nuova e migliore arriverà e durerà. La vita cristiana nasce e cresce in questo nostro «oggi» per arrivare alla meta in Dio, dal «corpo» alla «visione» (Seconda lettura). Siamo in esilio in questa vita, ci ricorda san Paolo, ma già da ora siamo «pieni di fiducia» perché, se lasciamo lavorare in noi la Parola e se orientiamo la nostra volontà su quella di Dio, l’eternità sta già cominciando

Liturgia del Corpus Domini - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (Es 24,3-8)

Al Sinai, Mosè stabilisce l’alleanza tra Dio e Israele in due momenti: la proclamazione della Legge (acclamata e accolta dal popolo), e il sacrificio del sangue di animali; il sangue, versato metà sul popolo e metà sull’altare, indica una nuova vita che lega Dio e popolo.

Seconda lettura (Eb 9,11-15)

Gesù è il Sacerdote della Nuova Alleanza: il suo sacrificio in croce è offerto una volta per tutte perché è efficace, non come quello ripetitivo del Tempio ebraico. La Messa non è ripetizione del sacrificio di Gesù, ma collegamento «in tempo reale» con l’unica Pasqua del Signore.

Vangelo (Mc 14,12-16.22-26)

Marco racconta la cena del Signore. Non è improvvisata, ma ben preparata. Non fa scalpore ma è discreta, quasi segreta: le cose di Dio non vanno banalizzate. Il pane condiviso e il vino versato, anticipo dell’offerta della croce, sono il cibo della comunione con il Signore risorto, nell’attesa del suo ritorno alla fine dei tempi.

Sguardo d'insieme

C’è il rischio di scambiare la Chiesa come una confraternita di persone animate da buoni sentimenti, una associazione di persone che si ritrovano (magari) alla Domenica per una «ricarica». Tutto questo è solo un effetto del Gesto di Gesù che ci ha amati fino a dare se stesso, corpo e sangue, che vive da Risorto nella Chiesa, che agisce nel mondo con la potenza del suo Spirito per attirare le persone al Padre. È lui l’ombelico del mondo, l’Eucaristia è il centro del Cristianesimo. Gesù è il vero, unico e grande Sacerdote della Nuova Alleanza (Seconda lettura), la sua offerta pasquale è unica, ed è la via di accesso al Padre, e pure la via per cui la purificazione dai peccati giunge fino a noi. Ed ecco perché esiste il «rito» dell’Eucaristia, ripetuto nella Messa: permette a noi, che viviamo nel tempo, di diventare «contemporanei» con QUELLA unica Pasqua, commensali di Gesù con gli apostoli in quel Giovedì Santo, ai piedi di quella Croce, alla tomba di quella Risurrezione. Come Gesù preparò con cura la sua Cena e il dono di sé, così anche la Chiesa si prepara alla Messa con decoro e attenzione, ripetendo le parole di Gesù (Vangelo), e dona se stessa insieme al suo Sposo per la salvezza del mondo. La struttura del rito che celebriamo (Parola – Pane) era già nota nell’Antico Testamento: ai piedi del Sinai, Israele ascolta la Legge per bocca di Mosè, vi risponde con entusiasmo (non con l’apatia di molte liturgie cristiane), condivide con l’altare lo stesso sangue, segno di una comunione profonda e viscerale – Alleanza appunto – che ormai lega il popolo al suo Dio, che lo ha liberato dall’Egitto.

Liturgia S.S.Trinità - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (Dt 4,32-34.39-40)

Israele riconosce che Dio non è come le altre divinità. Non è una statua di pietra o d’oro, ma una Persona che si sceglie un popolo per avere una storia con lui, parlandogli e proteggendolo. Questa storia è il contenuto della catechesi dalla generazione dei padri a quella dei figli.

Seconda lettura (Rm 8,14-17)

Lo Spirito in noi guida i nostri passi, rendendoci pari a Gesù, il Figlio di Dio, e insegnandoci la sua preghiera, l’«Abbà», il Padre Nostro. Il volto di Dio non è la materializzazione delle nostre paure, ma l’Amore che ci ha resi liberi ed eredi dell’eternità.

Vangelo (Mt 28,16-20)

Sull’ultimo dei sette monti del Vangelo di Matteo, Gesù impugna il dubbio del discepoli e dà loro il potere di far discepoli i popoli, predicando la volontà di Dio e inserendo i credenti nella comunione trinitaria mediante il Battesimo.

Sguardo d'insieme

I testi delle preghiere di questa Messa (con espressioni piuttosto difficili) risentono della lunga riflessione e dei Dogmi della Chiesa riguardanti la Trinità. Questo originalissimo volto di Dio non può essere un prodotto della fantasia umana, ma non è contro la ragione: se Dio è Amore, allora deve per forza essere Comunione; se fosse stato costretto a creare il mondo per avere qualcuno da amare, non sarebbe stato un Dio libero; per questo egli «deve» essere Comunione in se stesso, anche se il mondo non esistesse. La Parola di Dio preferisce parlare della Trinità come «Dio all’opera per la salvezza dell’uomo». Già l’Antico Testamento dipinge un volto di Dio Amore, con i tratti personali di Colui che ha scelto un popolo per amarlo, proteggerlo, parlargli, guidarlo su una via di Vita (Prima lettura). Su questa rivelazione a Israele si innesta la rivelazione definitiva del Nuovo Testamento: il «marchio» della Trinità lo portiamo in noi stessi, è lo Spirito Santo che, donato nel Battesimo, trasforma la nostra identità e ci fa passare dalla paura del Padrone all’amore per il Padre, permettendoci di parlare a Lui con la stessa confidenza di Gesù, il Figlio (Seconda lettura). Fiducia che traspare nel Padre Nostro che Egli ci ha insegnato (e noi riceviamo nel Battesimo), e nell’«Abbà» sofferto e supremo del Getsemani. Questo volto di Dio è «Vangelo», lieto annuncio per tutti i popoli, che la Chiesa chiama a essere discepoli, annunciando la Parola, insegnando come si vive da figli, inserendo i credenti nella comunione trinitaria mediante il Battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Liturgia della 8° Domenica di Pasqua, Pentecoste anno B

Messa della Vigilia

Introduzione alle letture

Prima lettura  (Gen 11,1-9)

Quando progettano di costruire la loro città in antagonismo con Dio, per toccare il cielo con l’opera delle loro mani, gli uomini perdono la loro unità e si disperdono, non sanno più capirsi. Questa fragilità ricorda a tutti la verità sull’uomo: è creatura di Dio, fatto per il dialogo e l’alleanza con lui, e questa alleanza diventerà ancora unità e comprensione dei diversi linguaggi.

Seconda lettura (Rm 8,22-27)

La distanza da Dio, il desiderio non ancora compiuto di vivere in pieno da figli di Dio, è un peso che tutta la creazione condivide con l’uomo. Tra gli uomini e con la natura spesso le cose non filano d’accordo, anche dopo che Gesù ci ha salvati con la sua Pasqua. Per questo “siamo salvati nella speranza”: lo Spirito già abita in noi e ci insegna come parlare con Dio in modo adatto, ma siamo nell’attesa del compimento completo, come la donna nelle doglie del parto.

Vangelo (Gv 7,37-39)

La festa delle Capanne commemora il cammino di Israele nel deserto e il dono dell’acqua e della Terra promessa. Per noi, è Gesù la Terra promessa verso cui siamo diretti, ed è lui che dona l’Acqua che sostiene nella fatica del cammino: è il suo Spirito, acqua viva che Gesù dona e che i credenti in lui si scambiano nella comunione fraterna.

Sguardo d'insieme

In questa Vigilia di Pentecoste la liturgia ci ispira il sentimento dell’attesa e dell’invocazione del Dono, lo Spirito che è presenza del Padre e del Figlio nella Chiesa e nel mondo. Questo Dono è un insieme di doni fondamentali. Anzitutto, il dono della comunione fondata sulla comunicazione vera tra le persone (Prima lettura); questa sintonia viene meno quando gli uomini intendono costruire la propria città (= il proprio vivere nelle scelte quotidiane) escludendo Dio, rifiutando la loro realtà di creature sue. Quando l’uomo non è più se stesso, cessa il dialogo con il Cielo, con gli altri e con le cose. Poi, il dono dell’acqua, elemento essenziale per sopravvivere nel clima del Medioriente biblico (Vangelo): senz’acqua si muore, senza Gesù e il suo Spirito non si cammina, e se si cammina non si arriva alla meta. E poi, la speranza cristiana che è riconoscere la presenza dello Spirito, credere di essere amati da Dio anche nell’oggi, in cui sembra più evidente la fragilità del vivere, la fragilità fisica che l’uomo condivide con tutte le cose del mondo, e in più la fragilità morale e il rischio sempre in agguato di staccarsi dall’alleanza con il Signore (Seconda lettura). Infine, il dono delle giuste parole e delle giuste motivazioni per rivolgersi a Dio in modo da essergli graditi: Dio ascolta solo la preghiera secondo lo Spirito, quella che chiede ciò che il cuore del Padre ha deciso di donare per la felicità dei suoi figli.

Messa del giorno

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 2,1-11)

Luca parla dello Spirito, Presenza di Dio potente e dinamica, con le immagini del fuoco e del vento. Egli spinge la Chiesa fuori dalla paura che la chiude in se stessa, e insegna i linguaggi giusti perché tutti possano ricevere la Parola del Vangelo.

Seconda lettura (Gal 5,16-25)

«Carne» e «Spirito» sono due modi opposti di vivere. Essere nella carne è servire il piacere e il potere, mettere Dio fuori dalla porta e rifiutare la relazione con Lui. Vivere nello Spirito significa «camminare», produrre frutti, mettersi in una crescita continua  verso il Padre e verso il nostro vero bene.

Vangelo (Gv 15,26-27; 16,12-15)

Lo Spirito che viene dal Padre è lo Spirito di Gesù: egli lo manda come Paraclito, avvocato difensore (= segno dell’amore di Dio per noi) e maestro interiore. Lo Spirito della Verità è la Memoria delle parole di Gesù e la Luce per capirle sempre meglio.

Sguardo d'insieme

La festa di Pentecoste nasce nel calendario ebraico come festa della mietitura del grano, in ringraziamento a Dio per i suoi doni, per la Terra promessa e il pane di ogni giorno. Per i cristiani è la festa del Dono per eccellenza, lo Spirito del Padre e di Gesù, la presenza benefica di Dio nel mondo, che opera nelle coscienze e soffia nella vela della Chiesa, barca di Pietro, attraverso le onde dei secoli verso l’approdo in Dio, che è la vera Terra promessa. Si può parlare dello Spirito solo per immagini, non ha un volto ma se ne conoscono direttamente gli effetti. Egli è fuoco e vento (Prima lettura), energia che purifica e incoraggia, vento che spinge la Chiesa oltre i limiti dell’umano, la getta nella piazza là dove la gente vive e pensa, in mezzo a tutti i linguaggi umani spesso conflittuali. La Chiesa parla tutte le lingue, a tutte le società e in tutti i tempi: forte del suo essere radunata “in uno stesso luogo” essa proclama il Vangelo, lieto annuncio delle grandi opere di Dio che ama ogni uomo. Lo Spirito di Gesù ricorda ai discepoli le Parole del Maestro e le fa capire sempre di più: il Vangelo è sempre lo stesso, ma i tempi sono sempre diversi, l’unica Parola rimane sempre viva quando viene attualizzata nell’oggi (Vangelo). Lo Spirito viene ricevuto nel battesimo e negli altri sacramenti, per chi ha fede e decide di vivere in relazione con il Padre. Per questo, «vivere nello Spirito» è un processo che dura tutta una vita, e parte da una presa di posizione. «Vivere nello Spirito» e «vivere secondo la carne» sono due ottiche di vita opposte e inconciliabili, sono due «servizi» diversi (schiavi di se stessi o servitori di Dio), i loro frutti sono assai diversi (gli uni distruggono la felicità dell’uomo, gli altri la costruiscono): la potenza di Dio ha deciso di fare i conti con la libertà umana, che può scegliere la propria felicità e anche la propria rovina (Seconda lettura).

Liturgia della 7° Domenica di Pasqua - Ascensione - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 1,1-11)

Iniziando gli “Atti”, Luca annuncia l’ascensione di Gesù come il punto di collegamento tra Antico e Nuovo Testamento (le attese antiche si sono adempiute), e tra Gesù e la Chiesa, inviata a testimoniare lui, proseguendo la sua opera, in nome suo, fino al suo ritorno.

Seconda lettura (Ef 4,1-13)

Dio ci ha chiamati a vivere l’unità nell’unico Signore, asceso vittorioso al Cielo, e a vivere la diversità su questa terra, mettendo i doni ricevuti da Lui a disposizione di tutti, per edificare già da ora il Corpo del Cristo, la Chiesa, costruita da una sola fede e un solo battesimo.

Vangelo (Mc 16,15-20)

Gesù termina la sua presenza fisica e visibile per continuare ad essere in mezzo ai suoi in ogni spazio e in ogni tempo. Nella missione della Chiesa, egli continua a operare la guarigione dell’uomo e a chiamare tutti alla fede.

Sguardo d'insieme

Insieme all’Assunzione di Maria, quella dell’Ascensione di Gesù è festa della speranza cristiana. Luca (Prima lettura) collega l’Ascensione con la prossima Pentecoste, e la pone 40 giorni dopo la Pasqua. Il numero 40 non ha valore cronologico: allude agli anni dell’esodo di Israele nel deserto: Gesù allora termina il suo cammino terreno per ritornare nel Padre (Cielo = Dio) da cui è venuto. Il Risorto quindi si spoglia dei limiti umani di spazio e di tempo, per accompagnare la sua Chiesa in missione in ogni spazio e in ogni tempo, fino a quando Egli tornerà. È lo stesso messaggio del Vangelo di oggi: Gesù risorto affida ai suoi discepoli quella che fu la sua missione nel mondo: portare una Parola che offre, a chi lo vuole, la possibilità di vivere in Dio (= fede), e che guarisce le coscienze mediante il segno visibile della guarigione dei corpi. La Chiesa si occupa quindi del bene di tutto l’uomo, costruendo il Regno di Dio, la nuova creazione, che avrà nel Cielo, alla fine di tutto, il suo pieno compimento. La Seconda lettura vede l’Ascensione di Gesù e la missione della Chiesa (sempre collegate) come la «chiamata» di Dio. Prima c’è il Dono: l’unità di tutta l’umanità nel Signore asceso ed esaltato (è questa la meta della storia umana, nel piano di Dio); poi c’è la Risposta, il Sì di chi accoglie il dono, e si impegna già oggi a costruire l’unità del Corpo di Cristo vivendo attivamente la propria condizione (apostoli, evangelisti, pastori, maestri...) a servizio dell’unità di tutti. Dio chiama tutti all’unità di una sola fede e un solo battesimo, ponendo nel mondo il segno della Chiesa, unità dei diversi.

Liturgia della 6° Domenica di Pasqua - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 10,25-26.34-35.44-48)

La Chiesa è alla sua grande svolta, per essere davvero Universale (= Cattolica): esce dal Giudaismo e accoglie anche i pagani. Pietro accoglie Cornelio, soldato romano, nonostante le critiche dei nostalgici. Anche sui pagani arriva lo Spirito Santo, senza discriminazioni.

Seconda lettura (1Gv 4,7-10)

«Dio è amore»: è la novità cristiana. Non inizia una religione come le altre, ma si rivela un Amore che ha preso l’iniziativa mandandoci il Figlio, e offrendolo al posto dei peccatori. Il Cristianesimo riconosce il grande Gesto, e trova in esso la regola della vita: vivere da figli, amare per conoscere davvero l’Amore. Chi non ama non è ancora approdato alla fede.

Vangelo (Gv 15,9-17)

Prima di andare alla sua Passione, Gesù promette ai discepoli – da ora suoi amici - la gioia piena, e ne indica la via: restare in lui, lasciarsi amare da lui e amarlo, realizzando il suo stesso amore che arriva fino a dare la vita.

Sguardo d'insieme

L’amore è l’unica realtà che può dare sapore alla vita, motivare l’impegno (spesso ingrato) di ogni giorno, dare la felicità anche in mezzo alle angustie, rendere felice e feconda una persona e il suo ambiente. In questo bisogno, il più profondo, di amare ed essere amati si colloca la rivelazione del Volto di Dio: non è solo «perfettissimo», ma ha il nome proprio di «Amore» (Seconda lettura). Senza Amore non esiste Dio: Egli è Trinità proprio perché amore e dono di sé del Padre e del Figlio (immagini umane affettivamente profonde). L’Amore mette l’altro al di sopra dell’io, è la vera medicina all’egoismo distruttivo, che noi abbiamo imparato a chiamare «peccato». Per l’egoismo, la gioia (presunta) sta nel trattenere tutto per sé; per l’Amore la gioia (vera e piena) sta nel dare se stesso, gioendo perché l’altro gioisce. Questi sono i rapporti in Dio Trinità, per questo il Padre ha mandato il Figlio: per dare se stesso e indicare agli uomini la medicina per guarire dal peccato, per trovare anche loro la gioia nel «dare la propria vita per gli amici», perché non esiste più nessun nemico. Gesù sceglie la sua Chiesa perché sia scuola di amore, luogo in cui si impara cosa è la Trinità e come – poco a poco – si può diventare simili ad essa. La sola condizione è «rimanere» in Gesù, abitare nella sua Parola e nella sua Presenza, lasciarsi trasformare dal suo amore, crescere verso doni di sé sempre più grandi e più gioiosi, più fruttuosi. La prova che l’amore sta crescendo, e quindi cresce il livello di fede e di vita cristiana, è quando il cuore si allarga a «quelli di fuori». La Chiesa è divenuta pienamente se stessa (Cattolica, Universale), e ha superato gli esami, quando non è rimasta una fazione del Giudaismo, ma ha accolto tutti quelli che erano chiamati alla fede (Prima lettura).

Liturgia della 5° Domenica di Pasqua - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 9,26-31)

La Chiesa delle origini cresce per l’azione dello Spirito Santo negli uomini giusti, come Barnaba, che garantisce per Saulo. Grazie a Barnaba avremo Paolo, l’innamorato di Gesù, l’Apostolo delle genti e il grande pensatore della fede.

Seconda lettura (1Gv 3,18-24)

Credere in Gesù e amare i fratelli: questa è l’azione dello Spirito, il segno che Dio abita in noi. E se Lui abita in noi, non ci rimprovera nulla, siamo in alleanza con Dio (conosciamo la Verità) e abbiamo con lui la piena fiducia dei figli.

Vangelo (Gv 15,1-8)

Il cristiano non è discepolo di una scuola umana, ma uno che rimane nel Maestro. Se la sua Parola rimane in noi, cioè se lo Spirito di Gesù conduce la nostra esistenza, allora siamo in alleanza con il Padre come i tralci con la vite. E i frutti diventano abbondanti, la vita del discepolo procede oltre la morte.

Sguardo d'insieme

Oltre che nel Pastore, Gesù si identifica nella Vite (Vangelo): quando i tempi di Dio si compiono, egli manda la sua linfa vitale in coloro che, come i tralci, rimangono innestati in lui. Questo è l’effetto del Battesimo, e il programma di vita del cristiano: rimanere in Gesù, per portare frutto, cioè perché la vita diventi significativa e feconda, ricca delle opere buone che Dio stesso opera con le nostre mani. È la potenza della Parola di Dio: chi rimane in essa viene da essa trasformato. Chi rimane nella Parola, acquisisce poco a poco una mentalità cristiana, sa bene cosa è gradito a Dio e sa bene che mettere in pratica i comandamenti di Gesù (= credere in Gesù e amarsi fraternamente) significa restare in Gesù, per questo la sua preghiera viene accolta da Dio (Seconda lettura). Come diceva s. Agostino, «Ama e fa’ quello che vuoi»: chi vive nell’Amore di Gesù non può volere nulla che sia ostile a Dio e al prossimo. Negli Atti degli Apostoli (Prima lettura) vediamo Paolo iniziare la sua missione di testimone di Gesù, nonostante i pericoli: ecco il risultato di una persona che ha accettato di essere catturato da Gesù per vivere innestato in lui. Ma con lui, e a suo sostegno, c’è una comunità di fratelli che lo protegge, in particolare Barnaba: egli garantisce per Paolo e presenta alla comunità l’ex persecutore della Chiesa. Grazie a questo prezioso gesto, Paolo può crescere e diventare l’Apostolo delle nazioni pagane, producendo molto frutto come ogni tralcio che rimane nella Vite di Gesù e nella Vigna della Chiesa.

Liturgia della 4° Domenica di Pasqua - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 4,8-12)

Pietro proclama: Gesù è il vincitore, trionfa sull’odio umano che lo ha crocifisso. Egli è il centro del mondo, solo lui sa condurre l’uomo al di là della morte. Già da oggi egli è il Pastore che ama l’uomo e lo risana, mediante l’opera della Chiesa degli Apostoli.

Seconda lettura (1Gv 3,1-2)

Essere cristiani: vivere con il Padre da figli, stupirsi che la realtà sia questa! Ma anche attendere con speranza il compimento finale della gioia piena, quando Egli si manifesterà e non ci sarà più nulla di oscuro tra i figli e l’Amore...

Vangelo  (Gv 10,11-18)

Entrare con il Battesimo nella Nuova Alleanza significa prendere Gesù come il Pastore della propria vita. Egli è «buono» perché offre la vita piena, cioè la sua, nel Sacramento eucaristico. Il suo scopo è «conoscerci», fare un tutt’uno con la nostra vita, chiede di «riconoscere la sua voce», rifiutando i pastori falsi. Chi lo ascolta e lo accoglie entra nel recinto dell’unità della Chiesa.

Sguardo d'insieme

Questa «Domenica del Buon Pastore» è anche la giornata delle Vocazioni: la Chiesa prega perché ogni suo figlio e figlia cerchi qual è la sua posizione nella vita, per il servizio di Dio e il bene del mondo. Ogni vocazione, ogni vita cristiana è ascolto della Parola dell’unico Pastore (Vangelo) e risposta alla sua Voce. La coscienza cristiana, se ben formata, è in grado di riconoscere questa voce tra le mille proposte di falsa felicità, e trova nella propria forza, nell’ascolto della Parola di Dio e nell’Eucaristia l’energia per dire di «no» a ogni promessa di vita che non venga da Gesù. Seguire Lui è vera vita; essere figli di Dio, vivendo come il Figlio di Dio, è la vera gioia: quella di saperci amati dall’eternità, e destinati a una relazione che ci unisce tra noi e con Lui per sempre (Seconda lettura). La voce del Pastore continua a risuonare mediante la predicazione degli Apostoli (Prima lettura): Pietro annuncia che solo in Gesù c’è la salvezza, solo Gesù è il volto umano e visibile del Dio invisibile, solo lui è il Risorto, il Vivente che comunica vita piena ed eterna a chi vive in comunione con lui. Tutta la Chiesa ha l’incarico di fare questo annuncio, principalmente mediante l’esempio e la parola dei pastori che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine, degli sposi uniti nel Matrimonio cristiano, dei consacrati e delle consacrate nei voti di castità, povertà e obbedienza, e dei missionari che portano il Vangelo in terre lontane.

Liturgia della 3° Domenica di Pasqua - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 3,13-15.17-19)

“Voi l’avete ucciso!”: Pietro cerca di far capire alla gente l’enormità dell’eliminare Gesù dalla vita. Ma c’è una cosa ancor più enorme: la follia di chi uccide l’Autore della vita era prevista da Dio, chi se ne accorge ha la possibilità di pentirsi e cambiare vita. Per avere la Vita.

Seconda lettura (1Gv 2,1-5a)

Da sempre l’uomo ha cercato di costruire idoli per non ascoltare la voce di Dio. Di fronte al peccato dell’uomo, egli ha risposto mandando un avvocato difensore, Gesù, l’unico giusto. Conoscendo lui, cioè vivendo i suoi comandamenti (= come lui ha vissuto), il peccato è espiato, viviamo nella verità (= in Dio).

Vangelo  (Lc 24,35-48)

Apparso sulla via di Emmaus Gesù appare anche alla mensa. È sempre lui in carne e ossa, quando parla nelle Scritture (le letture della Messa), quando diventa pane e vino sull’altare, quando assume il volto di «Tizio Chiunque» che avviciniamo ogni giorno. Gesù risorto dai morti non è un’idea del passato, ma una Presenza di ogni «adesso».

Sguardo d'insieme

Le letture del Tempo di Pasqua ci mostrano l’impatto che la Risurrezione ha avuto sulla prima comunità, e su tutta la Chiesa fino ad oggi. Risuscitando suo Figlio, il Padre ha di certo preso la sua rivincita contro chi lo ha ucciso. Pietro non teme di dichiarare “voi l’avete ucci­so!” (Prima lettura), ma per­ché solo chi sa riconoscere il peso del proprio peccato può accogliere nel profondo il perdono di Dio. La notte di Pasqua la Chiesa ha cantato «Felice colpa!»: il peccato dell’uomo ha causato la redenzione, e la Croce di Gesù rimane davanti a tutti come invito alla conversione per ottenere il perdono di Dio. Nel Vangelo, il Risorto si riunisce con i Discepoli e li saluta: «Pace a voi!»: la pace di Gesù che recupera, perdonandoli, i suoi amici che lo avevano abbandonato. Luca sottolinea la realtà del corpo del Risorto: ha carne e ossa, mangia... Gesù è il primo della nuova creazione, l’uomo rifatto come a Dio piace, e tale sarà anche la nostra risurrezione finale. Inizia la vita della Sposa con Gesù Sposo: meditando le Scritture la Chiesa nei secoli capisce meglio il  piano di Dio e la missione di Gesù: realizzare il perdono di Dio per ogni popolo e ogni uomo; la missione della Chiesa consiste nell’estendere nello spazio e nel tempo questa missione di Gesù, attraverso l’annuncio della Parola, i Sacramenti e la Carità, «cominciando da Gerusalemme». San Giovanni (Seconda lettura) annuncia il perdono di Dio offerto a chi «conosce» il Signore vivendo nei suoi comandamenti, cioè nell’amore che si dona fino alla fine. Gesù è chiamato «Paraclito presso il Padre», cioè l’avvocato, l’intercessore per i peccatori, il Figlio di Dio divenuto figlio dell’uomo: egli è la «vittima di espiazione dei peccati non solo nostri ma del mondo intero». Grazie a lui possiamo avvicinarci in pace al trono di Dio; perdonati, possiamo annunciare e realizzare il perdono attorno a noi.

Liturgia della 2° Domenica di Pasqua - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 4,32-35)

La Chiesa delle origini, modello della Chiesa di tutti i tempi: una comunità di fratelli, uniti attorno al Signore che parla per mezzo degli Apostoli; una famiglia che ha un unico sentire, dove i beni di ciascuno non dividono le persone tra poveri e ricchi. È la «vita buona» che diventa calamita per chi da fuori la osserva.

Seconda lettura (1Gv 5,1-6)

La comunità cristiana si regge sul cardine del Comandamento nuovo, l’Amore, che riassume  e dà qualità ad ogni altro comandamento. È la vita nuova del cristiano, battezzato e lavato dal sangue del Signore, che critica e sconfigge le logiche del mondo e le sue strutture di egoismo.

Vangelo  (Gv 20,19-31)

Mentre nasce la Domenica, Pasqua settimanale (“otto giorni dopo”), Gesù recupera Tommaso, prima assente: anche lui dovrà essere testimone credente e credibile del Risorto. Inizia la missione della Chiesa: annunciare e realizzare ovunque il perdono di Dio.

Sguardo d'insieme

Gli otto giorni di Pasqua sono per la Chiesa un unico giorno di festa. In antico, l’ottavo giorno i battezzati “deponevano” la veste bianca («in albis deponendis») ricevuta la notte di Pasqua, e iniziavano il tempo della fedeltà quotidiana alla loro nuova identità cristiana. Le letture di oggi ci riportano alle origini del cristianesimo. Nasce la Domenica, il Primo Giorno, Pasqua settimanale: «La sera di quel giorno... otto giorni dopo» (Vangelo). Il gruppo degli Apostoli si compatta includendo anche Tommaso: per essere testimone credibile della risurrezione dovrà anche lui «toccare» il Risorto, per esserne toccato fino in fondo («Mio Signore, mio Dio!»). Nasce la missione della Chiesa: annunciare al mondo intero il perdono di Dio, realizzato da quelle Piaghe che Tommaso ha toccato come se le indicasse a tutti. La Chiesa è missionaria perché annuncia Gesù, e perché vive come una famiglia di persone che hanno accolto la predicazione degli Apostoli: la fede viene dall’ascolto! Figlia della Risurrezione, la Chiesa annuncia al mondo un progetto rivoluzionario: «Nessuno diceva sua proprietà ciò che gli apparteneva» (Prima lettura). La proprietà delle cose è liberata dalla rapacità del cuore lontano da Dio, e diventa condivisione, così che «nessuno tra loro era bisognoso». La Chiesa ha per progetto di cercare anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia, di vivere la libertà dalle ricchezze che fu di Gesù: è una via nuova, capace di generare una città degli uomini all’altezza del progetto di Dio. Giovanni ricorda (Seconda lettura) che la fede in Gesù è vittoria sul mondo e sulle sue strutture di ingiustizia (religiosa e sociale). Egli è venuto con acqua e sangue: acqua per costruire una comunità veramente solidale con il Battesimo, e sangue perché solo la potenza di Dio può riscattare e perdonare il cuore dell’uomo, permettendogli di vivere con gioia e libertà le sue relazioni con gli altri e con i beni del mondo.

Liturgia della  Domenica di Pasqua - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (At 10,34.37-43)

Pietro prende la parola e annuncia Gesù messo a morte dagli uomini e risuscitato da Dio. Questo annuncio è la base del cristianesimo e il motivo per cui esiste la Chiesa.

Seconda lettura (Col 3,1-4)

Credere nella risurrezione significa lasciare che la vita nuova dello Spirito, ricevuto nel Battesimo, penetri in noi, ragionando e vivendo non più secondo il mondo ma secondo Dio.

Vangelo  (Gv 20,1-9)

Il primo giorno della settimana segna l’inizio di una realtà nuova: la tomba vuota, l’interrogativo su cosa è successo, l’annuncio che Gesù non è più tra i morti, secondo il progetto di Dio rivelato nelle Scritture (Bibbia).

Sguardo d'insieme

Al cuore dell’anno, e della fede cristiana, c’è la Pasqua: annuncio della Vita sopra e oltre ogni morte (Prima lettura), e della vera dignità dell’uomo, chiamato ad essere non solo creatura di Dio ma suo figlio, adottato con il Battesimo. Chiamati tutti a vivere di cielo, non più secondo le limitate e imperfette prospettive solamente terrene (Seconda lettura). Vivere di fede non significa avere facili verità in tasca, ma accettare di incontrare Gesù vivo e presente, attraverso i segni della sua “assenza”: la tomba vuota (“Sarà vero che lo hanno rubato?”), e la meditazione delle Scritture attraverso le quali chi crede incontra la Parola e il progetto di Dio sulla vita del mondo e di ogni persona (Vangelo).

Liturgia della Domenica delle Palme anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura  (Is 50,4-7)

Un anonimo Servo del Signore si presenta con le qualifiche del vero profeta: accoglie totalmente la Parola di Dio, non resiste a lui e neanche a coloro che, per la sua fedeltà, lo perseguitano. E’ immagine di Gesù, che nella sua Passione mette se stesso e il proprio destino nelle mani del Padre.

Seconda lettura (Fil 2,6-11)

Paolo medita la cosa più inaudita del mondo: il Figlio di Dio, uguale al Padre, Creatore e Signore del mondo, per amore annienta se stesso facendosi vicino agli uo­mini; per questa via giunge alla vita piena, insieme a tutti quelli che con fede proclamano «Cristo è il Signore!».

Vangelo  (Mc 14,1-15,27)

Seguiamo il percorso di Gesù dal tradimento di Giuda e di Pietro, al dono di sé nell’Eucaristia, alla sua ango­scia nel Getsemani, al giudizio dei Giudei e di Pilato, fino alla morte di croce e alla sepoltura.

Sguardo d'insieme

Inizia la Settimana Santa, o Autentica: quella centrale di tutto l’anno cristiano, poiché è dalla Pasqua che nasce la fede dei discepoli e la loro testimonianza, che ha diffuso la Chiesa in tutto il mondo. Alla Messa principale si commemora l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, e i segni sono l’olivo (segno della pace e del perdono di Dio che Gesù reca con la sua morte e risurrezione), l’asino (di cui Gesù ha bi­sogno per manifestarsi come il vero Re e benefattore), il grido della folla (l’Osanna che nella liturgia precede la consacrazione).
Le letture presentano i due aspetti del mistero pasquale di Gesù. Anzitutto la sua divinità che si abbassa fino ad incontrare i peccatori nel loro stesso campo, quello della sofferenza e della morte (Seconda lettura). Poi la sua umanità di Servo del Signore, profeta obbediente alla Parola, che paga la sua fedeltà a Dio e indica a tutti la via che conduce alla vera vita. Infine, il racconto della Passione (quest’anno secondo Marco) è la testimonianza dei di­scepoli, che dal baratro della loro lontananza e del loro tradimento hanno visto il Gesto di Gesù: egli, fedele fino alla fine, è passato, perfettamente solo, attraverso i tribunali umani fino alla morte di croce, per portare a termine il dono di sé per amore dei peccatori. Questo gesto viene ricordato e realizzato in ogni Messa, con il suo Corpo e Sangue Gesù è presente e si offre per noi; nell’assemblea, anche noi ci offriamo con lui al Padre, per realizzare la nuova ed eterna alleanza, per la salvezza del mondo.

Liturgia della V° Domenica di Quaresima anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Ger 31,31-34)

Dopo una storia di infedeltà alla Legge di Mosè, e di rifiuto dell’amore di Dio che ha liberato Israele dalla schiavitù dell’Egitto, il profeta annuncia un nuovo e definitivo dono: la nuova alleanza, fatta di fedeltà eterna, di Dio all’uomo e dell’uomo a Dio.

Seconda lettura (Eb 5,7-9)

In una sola foto è descritta la vita di Gesù: una esistenza offerta al Padre, un’obbedienza assoluta a Lui per amore dei fratelli, fino al dono di sé. È’ questa la perfezione del Figlio di Dio. Questa è la via che il cristiano, perfezionato giorno per giorno, percorre per ricevere la salvezza ed essere causa di salvezza per gli altri.

Vangelo (Gv 12,20-33)

Avvicinandosi alla sua fine in Croce, Gesù capisce il frutto della sua Passione: innalzato da terra attirerà a sé la ricerca di Dio che ogni uomo porta dentro il proprio cuore. Gesù è il seme fecondo, che muore per produrre la spiga. Solo chi dà la vita la moltiplica; solo chi muore arriva alla risurrezione; solo l’amore può salvare il mondo.

Sguardo d'insieme

Nessuna legge ha il potere di convincere le persone, può solo affermare principi e valori, sanzionando chi non li rispetta. Questa è stata la debolezza della Legge di Mosè, come capisce Geremia, ormai sull’orlo della catastrofe che porterà il popolo di Dio in esilio (Prima lettura). Solo un dono interiore di Dio può rendere la persona buona (obbediente alla volontà di dio) e felice. Dio ama il suo popolo, lo accompagna e lo perdona, ma questo amore diventa efficace quando «prende» i pensieri, gli affetti, la volontà: solo allora diventa salvezza. L’unico mezzo che Dio ha per salvare l’uomo è di amarlo, rispondendo alla domanda profonda di essere amati che c’è in ogni persona. I Greci cercano Gesù (Vangelo): dovunque egli sia, l’uomo ha sete di certezza, la certezza di essere nato perché amato, e di essere stato voluto in questa vita per essere felice eternamente. Di fronte a questo bisogno, Gesù rivela se stesso: egli è la «gloria di Dio», cioè la manifestazione visibile dell’Amore eterno e invisibile che ha creato il mondo. Gesù offre se stesso come il seme, per produrre vita e gioia in chi lo accoglierà. Gesù viene innalzato sulla croce per fare da calamita per ogni sete e fame di vita. Gesù è completamente assorbito dalla volontà del Padre, il suo grido non è la paura di morire, ma l’immensa volontà di essere esaudito: nella sua Passione Gesù chiese al Padre di avere tutta l’umanità con sé nella risurrezione, là dove oggi e per sempre egli vive. Se vogliamo servire Gesù, seguendolo sulla via dell’amore che si dona, condividendo il suo desiderio di salvare tutti, la casa di Gesù diventerà anche la nostra.

Liturgia della IV° Domenica di Quaresima anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (2Cr 36,14-16.19-23)

Ciro, imperatore pagano dei Persiani, diventa segno della misericordia di Dio per Israele, che finalmente può tornare indietro nella Terra Promessa. Termina l’esilio babilonese, con il perdono di Dio inizia una nuova storia, un nuovo appello alla fedeltà alla Parola.

Seconda lettura (Ef 2,4-10)

Siamo salvati per un gesto d’amore gratuito (= grazia), un libero atto con cui Dio non ci vede con gli occhi dei nostri peccati. L’amore di Dio ci rende amabili, ci risuscita per una vita rinnovata. Ci sfida a realizzare questa vita nuova mediante una «vita buona».

Vangelo (Gv 3,14-21)

Mentre Nicodemo cerca Gesù di notte, le parole del Signore risplendono in piena luce. La Croce, come l’antico serpente alzato sull’asta nel deserto dell’esodo, ricorda al popolo di Dio il suo peccato e la misericordia di Dio.

Sguardo d'insieme

Da un Dio visto come «energia» che muove il mondo, nei suoi ritmi ciclici (tra cui anche quello della natura, dall’inverno alla primavera), a un Dio Persona che ama e, proprio per questo crea la libertà e la responsabilità all’uomo creato, suo figlio. È una conversione di mentalità molto grande, un forte passo avanti nella fede. La Prima lettura annuncia questo appello già nell’Antico Testamento: la Parola che mette in guardia dal peccato sempre era stata data per mezzo dei profeti, ma il popolo di Dio aveva preferito andare altrove, rovinandosi: il segno di questa responsabilità era stato l’esilio a Babilonia; al termine della pena, Dio sorprende di più scegliendo un pagano, l’imperatore Ciro di Persia, per liberare il suo popolo (come il Messia!), e rimettere la palla in mezzo al campo per una nuova partita; come finirà? A Nicodemo, di notte (Vangelo), Gesù rivela se stesso: egli è l’Inviato del Padre, il segno di un Amore che non vuole la morte del peccatore, ma la sua conversione e la sua vita, perché «chiunque crede in lui non vada perduto». Con Gesù, che arriva nel mondo, si compie il giudizio: è l’uomo stesso che sceglie tra luce e tenebre, tra Gesù e un dio inventato dall’uomo, tra fede nell’Amore e fiducia nelle opere malvagie. Si diventa cristiani, realizzando il Battesimo, scegliendo di mettere le proprie opere alla luce di Dio: il male trae la sua forza proprio dal suo «nascondersi», illudendo l’uomo di essere «a posto». Dio «ricco di misericordia» (Seconda lettura) ci ha risuscitati, per lui siamo già suoi figli, amati e perdonati gratuitamente; ciò che si aspetta è un «sì» libero e riconoscente, una vita buona secondo il Vangelo, una risposta d’amore all’Amore che ci ha salvati.

Liturgia della III° Domenica di Quaresima anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Es 20,1-17)

Israele diventa partner di Dio, suo liberatore dalla schiavitù, vivendo nei suoi comandamenti. Due sono più sottolineati. L’unicità di Dio impedisce di servire ad altri (e ingiusti) padroni; il riposo sabbatico e la festa non fa dell’uomo una macchina per produrre.

Seconda lettura (1Cor 1,22-25)

Cristo crocifisso è il volto del Dio accolto dai cristiani come regola di una vita ben indirizzata. Egli è la sapienza di Dio: il dono di sé per amore riassume tutte le Parole dell’alleanza, la potenza che cambia il mondo e che innalza l’uomo alla sua piena statura di figlio di Dio.

Vangelo (Gv 2,13-25)

La cacciata dei venditori dal Tempio non è solo appello a una religione più onesta, ma è rivelazione del mistero di Gesù. Egli è il vero Tempio, distrutto e ricostruito nella Pasqua. Entrando in lui come sue membra, con il Battesimo, noi siamo Chiesa, in comunione di relazione tra noi e con il Padre.

Sguardo d'insieme

Come il figlio che ha abbandonato il Padre, anche noi siamo chiamati dalla Parola di oggi a tornare a Dio, Padre e sorgente della vita e di ogni persona. Il culto ebraico, con il suo sistema di sacrifici animali, aveva finito per oscurare il vero scopo del Tempio, come Dio lo aveva voluto: luogo visibile dell’incontro tra il Cielo e la terra. Gesù provvede a mettere fine a questo oscuramento, rivelando se stesso: è lui, Dio-uomo, la casa dell’Incontro, il Capo in cui siamo uniti come membra (Vangelo). Lo zelo che consumerà Gesù fino a portarlo alla croce, sarà l’appello a tutti a entrare in questa nuova casa. L’Antica Alleanza, mediante i Dieci comandamenti (Prima lettura), indicava a Israele, liberato dall’Egitto, la via per restare libero nella terra promessa, impedendogli di servire ad altre divinità e ai ritmi di lavoro massacrante che esse impongono (come il faraone in Egitto), e precisando i comportamenti che mantengono la coesione sociale (il rispetto della vita e della proprietà...). Nella Nuova Alleanza battesimale, è Cristo la via per abitare nella casa del Padre, nella nuova Terra Promessa: il Crocifisso, scandalo e stoltezza per il mondo, per noi è invece forza e sapienza, la via giusta che edifica un mondo di persone libere, perché sanno amare e donare se stesse per la gioia di tutti (Seconda lettura).

Liturgia della II° Domenica Quaresima anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 22,1-2.9.10-13.15-18)

Abramo viene messo alla prova nel profondo della sua identità di padre. Impara così l’affidamento totale a Dio, con la fede che Egli rimane fedele alle sue promesse. La scommessa viene vinta e il premio moltiplicato: Abramo diventa padre di tutti quelli che credono come lui.

Seconda lettura (Rm 8,31-34)

Nessuna prova ha il potere di distogliere chi ha fede dalla certezza di essere amato da Dio. Il riferimento è sempre Gesù: il Padre ci è consegnato a noi consegnando lui, questo è la garanzia che egli è assolutamente a nostro favore.

Vangelo (Mc 9,2-10)

Al dubbio e alla paura dei discepoli Gesù mostra il suo segreto di Figlio di Dio, vincitore della morte, e il destino di chi è con lui: la vita nella Luce che nessun uomo può nemmeno immaginare. L’ombra del non capire convive con la luce della certezza. Gesù è il centro delle Scritture (Mosè ed Elia): ascoltando lui il discepolo trova la via alla vita e alla risurrezione.

 

Sguardo d'insieme E’ la “Domenica della trasfigurazione” (Vangelo). Dopo aver nascosto la propria identità, Gesù la rivela a un gruppo selezionato di discepoli. Il Cristo vive una unione di gloria e di umiliazione. Gloria perché è il centro delle Scritture (Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti), la vicenda del popolo ebraico serviva per preparare il suo arrivo; gloria perché vive già nella luce indescrivibile della risurrezione. Umiliazione perché solo dopo la morte la risurrezione diventa salvezza, solo il dono di sé per amore riscatta il mondo. Umiliazione perché i discepoli faticano a capire che quella è la strada giusta, nel dedalo delle loro paure. Mostrandoci il Messia Crocifisso, il Padre chiede ai discepoli di obbedire a lui, il Figlio: ascoltando lui noi ascoltiamo il Padre; amando la Parola di Dio, scopriamo un Amore immenso che ci ha preceduti, che ci corazza e ci permette di sconfiggere ogni paura (Seconda lettura). Il cammino del discepolo è un cammino di fede, cioè fatto di Pasqua: morire per risorgere, perdere tutto per ricevere gratuitamente di più. Un cammino da brivido, un vero salto nel vuoto con la sola certezza che Dio non si rimangia le sue promesse, e che alla fine dell’arduo cammino c’è il Bene maggiore di tutti. È il cammino del nostro padre Abramo, chiamato ad offrire il figlio promesso, a morire come padre insieme a lui, appeso solo alla sua fede. Egli diventa benedizione per tutti i popoli: chi accetta il rischio di vivere nella luce della volontà di Dio diventa fonte di luce per gli altri, faro che indica la strada, punto di riferimento umile e forte in un mondo che è allo sbando.

Liturgia della I° Domenica Quaresima anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gen 9,8-15)

Con amore libero e gratuito, Dio offre la sua alleanza all’umanità e a ogni creatura, in un legame d’amore simboleggiato dall’arcobaleno. Il diluvio non distruggerà più, nulla potrà più separarci dall’amore del Padre. L’acqua, che ha il potere di distruggere, è simbolo di vita e rinascita: dal Battesimo nasce una umanità nuova, alleata di Dio e piena di vita.

Seconda lettura (1Pt 3,18-22)

Per san Pietro, l’Antico Testamento racconta la pazienza di Dio educatore nell’istruire il suo popolo. Come ai tempi dell’arca di Noè, Egli attende con pazienza la conversione dei peccatori; nella Nuova Alleanza il segno della pazienza di Dio è Gesù, morto e risorto, che chiede di essere accolto nella fede e nella vita.

Vangelo (Mc 1,12-15)

Lo Spirito spinge Gesù in bocca alla tentazione, lo Spirito lo assiste nella vittoria. Il Cristo vincitore è l’Uomo nuovo, che vive in pace con ogni creatura. Anche noi possiamo vivere il Paradiso già da ora nella misura in cui ci convertiamo al Vangelo, facendo della Parola il programma della nostra vita.

Sguardo d'insieme

La Quaresima nasce come preparazione dei catecumeni al Battesimo, la notte di Pasqua. A chi è battezzato, ricorda la necessità di restare fedeli al dono ricevuto: vivere «di qua» con il sapore del «di là», cittadini di questo mondo ma anche ben di più. Nei nostri tempi abbiamo l’impressione che la vita sia piena di minacce, che il quotidiano sia un continuo lottare contro qualcosa che insidia la nostra pace. Il segno della vita nuova è l’armonia: sentire questa vita come amica e favorevole, come un insieme di opportunità per crescere superando se stessi, con le proprie pigrizie e stanchezze. L’arcobaleno è il segno dell’alleanza che Dio ha deciso di mettere tra cielo e terra (Prima lettura) e tra ogni creatura. Gesù nel deserto vive insieme alle bestie feroci (Vangelo), come Adamo nell’Eden della Genesi: l’uomo in pace, che non ha nemici, non ha paura. Ha vinto il male della violenza che spacca le relazioni e distrugge la comunione; il male della sopraffazione del più forte che genera non libertà ma asservimento. Il processo di crescita verso questa umanità nuova è lungo, per questo Dio è un educatore paziente (Seconda lettura): ci mette davanti il Cristo crocifisso e risorto come modello e meta del cammino. Gesù, Parola del Padre, ancora attrae alla vera gioia gridando alle coscienze, forse un po’ intorpidite: «Il tempo è compiuto; convertitevi e credete nel Vangelo».

Liturgia della 7° Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 43,18-19.21-22.24-25)

L’uomo di fede guarda gli eventi storici come una via che Dio traccia per il suo popolo, con le sue incertezze, sfide e possibilità. Ma Israele non ascolta e non capisce, rifiuta di ascoltare la Parola che Dio rivolge a partire dalla vita...

Seconda lettura (2Cor 1,18-22)

Difendendo la coerenza dei suoi comportamenti, Paolo annuncia Gesù, il centro della sua attenzione. Gesù è il sì di Dio alle sue promesse, la realtà del Dio-con-noi che chiede di essere accolto con l’Amen (= ci sto, ci credo, mi fido) della fede. Come l’Amen della Messa.

Vangelo (Mc 2,1-12)

Gesù è il nuovo Re di Israele, mandato da Dio a prendersi cura della salute integrale dell’uomo. La salvezza parte dal corpo e arriva al cuore sotto forma di perdono. La salvezza viene accolta però solo da chi si presenta a lui con la fede di chi confida in lui, senza perdersi in discussioni fuorvianti.

Sguardo d'insieme

È molto difficile andare avanti con lo sguardo all’indietro, in una nostalgia di cose che non ci sono più. La memoria è certamente una grande risorsa per chi crede, ma può essere anche una trappola. Il profeta Isaia (Prima lettura) invita la sua gente ad abbandonare una memoria fatta di nostalgia, a non relegare le grandi opere di Dio (la liberazione dall’Egitto) in un passato ormai morto. L’invito oggi è a passare dalla memoria al memoriale, dall’incredulità di chi ormai non attende più nulla di buono alla fede di chi vede nell’oggi le stesse grandi opere che Dio fece per i nostri padri. Come Dio salvò Israele dalla schiavitù dell’Egitto, anche oggi Gesù libera l’uomo dal male che, in varie forme, lo paralizza e gli impedisce di diventare costruttore di vita e di gioia (Vangelo). Rispondendo ai Corinzi, che lo accusavano di incoerenza (Seconda lettura), Paolo difende la sua «professionalità» di apostolo, ma il suo sguardo di innamorato di Gesù va subito a Lui: guardando Gesù, il suo Vangelo di misericordia, la sua attività di guaritore dell’uomo, noi vediamo il vero volto di Dio: un Padre che un tempo liberò Israele, e oggi libera chi gli si rivolge con fede. Gesù è il «sì» di Dio all’uomo che invoca salvezza, 2000 anni fa come anche oggi.
La comunità cristiana si riunisce la Domenica, giorno della Risurrezione di Gesù, guarito dal male della sua morte in croce, per fare il memoriale: rivivere la Sua morte e la Sua risurrezione, presentare a Dio la fatica di ogni giorno e le sconfitte del peccato, ricevere lo Spirito del Risorto, ed essere mandati di nuovo nel nostro quotidiano, con rinnovata forza e determinazione, a sconfiggere con Gesù il male e a costruire pace, salvezza e sincero sorriso.

Liturgia della 6° Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Lv 13,1-2.45-46)

La Legge di Mosè prende atto della situazione del lebbroso, emarginato da ogni relazione con Dio e con la società. A questa impotenza risponderà la potenza di Cristo risorto: in lui, Dio Padre risusciterà i nostri corpi mortali nella nuova creazione, fatta di piena comunione con Dio e con i fratelli.

Seconda lettura (1Cor 10,31-11,1)

Da vero apostolo di Cristo, Paolo pone se stesso come esempio per i cristiani. Più che a fare il bene, siamo tutti chiamati a essere per la gloria di Dio, a manifestare concretamente la sua presenza benefica. Con una condotta che non crea scandalo, ma gioia e benessere intorno a noi.

Vangelo (Mc 1,40-45)

La guarigione del lebbroso è una «purificazione», un nuovo accesso al culto a Dio fatto dalla comunità. Questa malattia, simile alla morte, viene superata dalla compassione di Gesù. La potenza della sua risurrezione salva l’uomo, aprendolo a una vita oltre la morte.

Sguardo d'insieme

Ogni Domenica la comunità si raccoglie per festeggiare Cristo risorto, e per ringraziarlo per il dono della risurrezione che ci attende tutti. La condizione umana, precaria ed esposta al dolore e alla sconfitta, è simboleggiata bene dalla malattia del lebbroso. Un male che consuma il corpo ma anche l’anima: priva il malato dei suoi affetti e delle relazioni sociali. La Legge di Mosè (Prima lettura) può solo registrare la sconfitta dell’uomo di fronte a tutto ciò che lo sconfigge e lo consuma; il rito previsto per l’eventuale guarigione in realtà è il grido della speranza, l’invocazione a Dio per essere salvati da una situazione di «scacco matto» per le sole forze umane. Proprio là dove l’uomo si scontra con la propria sconfitta, la potenza di Cristo risplende con la sua forza guaritrice (Vangelo): al grido del lebbroso risponde l’immensa compassione di Gesù, volto del cuore del Padre: «Lo voglio! Sii purificato!». E il lebbroso guarito, immagine di ogni cristiano (peccatore risanato), annuncia la potenza di Cristo risorto. Al dolore e alla morte dell’uomo, Dio risponde con un atto di nuova creazione. La Domenica è il giorno della speranza, non se ne può fare a meno: in Gesù, Dio Padre risusciterà anche noi, la potenza del suo Cuore di Padre ha sempre l’ultima parola. Alla luce del nostro destino prende valore la vita dell’oggi (Seconda lettura): l’impegno a comportarci edificando il nostro prossimo, spargendo il profumo della vita buona secondo il Vangelo, ha solo un motivo: quello di essere per la gloria di Dio. Facendo trasparire da parole e opere la vita nuova del Risorto, che ci sommergerà alla fine ma opera già oggi in noi, che abbiamo messo la nostra speranza in Gesù.

Liturgia della 5° Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gb 7,1-4.6-7)

Giobbe grida a Dio la pochezza della vita umana, limitata dal tempo che passa, dal dolore e dalla fatica. Senza Dio e senza la prospettiva della risurrezione in Cristo, la vita sarebbe solo una grande invocazione di eternità, senza risposta.

Seconda lettura (1Cor 9,16-19.22-23)

Chiamato da Dio come servo della Parola, Paolo sente il suo ministero come una necessità. Per questo egli liberamente accetta di faticare per il Vangelo, di «farsi tutto a tutti» per esso, trovando in questo la sua ricompensa.

Vangelo (Mc 1,29-39)

Gesù è la risposta del Padre all’immenso bisogno di salvezza dell’umanità: avere una Parola che illumina la strada, e la guarigione da ogni male che paralizza corpi e coscienze.

Sguardo d'insieme

Nel libro di Giobbe (Prima lettura) l’autore sacro si interroga sul senso della sofferenza dell’innocente; anzi, sul perché la vita umana nel mondo è trafitta dall’assurdità del dolore, della fatica, del deperimento fino alla morte. Questo è il dato di fatto: senza una prospettiva al di là della vita terrena, l’esistenza umana è un desiderio tradito. Creati a immagine dell’Eterno, il tempo con i suoi limiti (anche tragici) non ci basta, non ci rassegneremo mai al dolore e alla morte. Al grido di Giobbe (e di ogni cuore) risponde Gesù quando si china sulla malattia della suocera di Pietro (Vangelo) e su ogni dolore umano, rappresentato dall’immensa folla che lo assedia. Gesù è il volto concreto della misericordia di Dio, che si presenta come guarigione da ogni male, per riaffermare la dignità originaria – fondamentale della persona, creatura di Dio. La Chiesa prosegue l’opera di Gesù mediante due sacramenti: quello del Perdono (per la guarigione della coscienza) e quello dell’Unzione (per invocare la salute del corpo); oltre ai sacramenti, la carità dei cristiani si concretizza quando perdonano il male ricevuto, e si adoperano anche per la salute fisica dei malati. La Chiesa, ogni cristiano, fa come san Paolo (Seconda lettura): egli si fece tutto a tutti per guadagnare i fratelli, cioè per indirizzarli verso Gesù. Così la Chiesa di ogni tempo prolunga l’opera di Gesù, per la guarigione integrale dell’uomo.

Liturgia della 4° Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Dt 18,15-20)

La Parola di Dio continua ad essere presente attraverso le parole umane dei profeti, come Mosè. Sarà Gesù ad essere la stessa Parola in parole umane; la Chiesa avrà l’incarico di annunciare non opinioni umane, ma la Parola di Gesù.

Seconda lettura (1Cor 7,32-35)

Il matrimonio e il celibato hanno la stessa dignità, pur essendo diversi tra loro. Per tutti vale la linea di vivere degnamente e fedeli al Signore: sia preoccupati per la moglie e per le cose del mondo, sia preoccupati delle cose del Signore, per piacere a Lui (celibato).

Vangelo (Mc 1,21-28)

Cafarnao vede il primo ministero della Parola di Gesù. Una Parola che realizza il mondo nuovo: un Parola che guarisce dal male chi la accoglie. Una Parola efficace e con effetti visibili: perfino i demoni devono riconoscere l’identità divina e l’autorità personale di Gesù.

Sguardo d'insieme

Per descrivere la potenza della Parola di Dio, il Deuteronomio (Prima lettura) narra lo spavento di Israele al monte Sinai, davanti al fuoco e al terremoto. Il senso è questo: se Dio parlasse apertamente, l’uomo sarebbe costretto a credere, l’adesione alla Parola non sarebbe umana, libera. Per questo Mosè annuncia il profeta che verrà: la Parola di Dio prenderà la forma delle parole umane, per parlare al cuore e alle coscienze; Dio chiederà conto a ciascuno della propria risposta, affermativa o no. La promessa si realizza nei profeti dell’Antico Testamento, e finalmente nella persona di Gesù: Egli è la Parola potente di Dio (Vangelo), è «uno che ha autorità», e il segno è che le potenze del male, pur ribellandosi, non riescono a tenergli testa. Dove la Parola di Dio risuona e viene accolta, il potere delle tenebre viene scacciato, e l’uomo torna alla libertà di dire il suo SI’ al Padre che lo ha creato. La Chiesa riceve la missione di far risuonare ancora la Parola potente di Gesù, concentrando su Gesù il proprio cuore e lo sforzo delle proprie azioni. Per questo Paolo (Seconda lettura) invita tutti a «preoccuparsi delle cose del Signore - restare fedeli a lui», insomma ad avere il culto della volontà di Dio, cercandola nelle Scritture e facendola nella vita. Il celibato consacrato a Dio ha per unico scopo il «piacere al Signore», la sua dignità sta nell’essere un mezzo per vivere in comunione piena con Gesù. Il matrimonio, come sacramento, è un’altra via di comunione con il Signore (presente in casa nella persona dei coniugi); finisce per essere un impedimento alla vita cristiana quando la relazione coniugale esclude il Signore, la sua Parola, la ricerca di coppia della volontà di Dio.

Liturgia della 3° Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Gio 3,1-5.10)

Giona è mandato a predicare la conversione nella capitale degli Assiri, nemici storici di Israele. Dio agisce anche nella coscienza dei lontani, di chi sembra essere nemico di Dio: gli abitanti di Ninive si pentono e convertono.

Seconda lettura (1Cor 7,29-31)

Cristo è risorto e tornerà: questo mondo non è un valore in se stesso, passerà. Quindi il cristiano vive tutte le realtà della vita sapendo di non avere quaggiù la sua dimora definitiva.

Vangelo (Mc 1,14-20)

Le prime parole di Gesù annunciano che il mondo nuovo (Regno di Dio) è arrivato. Si tratta di cambiare vita per rinnovarsi, e di seguire Gesù per vedere cosa significa essere persone nuove. La Chiesa dei discepoli è chiamata e mandata a ripetere lo stesso messaggio.

Sguardo d'insieme

«Fammi conoscere le tue vie!», così preghiamo oggi con il Salmo. A questa invocazione rispondono le prime parole di Gesù nel Vangelo di Marco. Uscito di scena il Battista, Gesù si trova in Galilea (terra di confine, alla periferia del popolo eletto), e parla di se stesso: egli è il Regno di Dio che si è fatto vicino, egli è la rivelazione piena e definitiva della Parola di Dio. Quanto chiede è la conversione per credere: la fede cristiana non è un atto mentale, ma un coinvolgere la vita nel Vangelo, imitando Gesù. Per questo Gesù chiama i primi discepoli a lasciare tutto (perché il tempo è compiuto, il momento è supremo) e ad andare dietro a lui, per imparare da lui come si fa. La conversione era anche oggetto della predicazione dei profeti, per esempio di Giona (Prima lettura). Mediante l’uomo di Dio la Parola esce da Israele e va fino a Ninive, capitale degli Assiri, nemico storico e giurato di Israele. A questa Parola, che annuncia rovina a chi non crede, quei nemici credono e si convertono: un esempio di come lo Spirito di Dio agisce sicuramente nel popolo di Dio, ma anche fuori di esso, nelle coscienze. «Il tempo è compiuto, il Regno è qui»: Paolo (Seconda lettura) commenta questo annuncio esortando i cristiani a vivere la vita del mondo «come se non», NEL mondo ma non DEL mondo, orientati a Dio mentre gestiscono la laicità del quotidiano: il mondo non è eterno, invece Cristo risorto sì.

Liturgia della 2° Domenica T.O. anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (1Sam 3,3-10.19)

Ecco come nasce un profeta: da un Dio che cerca un dialogo con l’uomo e lo chiama; da un giovane che non ha ancora conosciuto il Signore ma lo cerca; da un vero adulto, un accompagnatore che capisce la situazione e conduce il fratello giovane all’incontro con Dio.

Seconda lettura (1Cor 6,13-15.17-20)

Cristo è risorto e vivo nei corpi di quelli che hanno ricevuto il Battesimo e sono tempio dello Spirito Santo. Il corpo umano (con la sua sessualità) è casa di Dio e luogo di comunione con Lui: perciò va trattato con rispetto e dignità.

Vangelo (Gv 1,35-42)

Come Eli, il Battista esercita la sua paternità spirituale conducendo due discepoli a Gesù. Inizia il cammino dei discepoli: impareranno da Gesù stando con lui, e attireranno altri a stare dietro a Gesù, come loro.

Sguardo d'insieme

All’inizio dell’anno liturgico, la Parola di Dio descrive e propone l’esperienza cristiana come la chiamata a un incontro. La vocazione di Samuele (Prima lettura) è un classico dell’esperienza vocazionale: il ragazzo si presenta alle soglie dell’età adulta, quando si imprime una svolta per la vita futura, e Dio gli fa conoscere il Suo progetto: essere la Sua voce per il popolo. La voce interiore di Dio chiama e apre ad orizzonti prima impensabili. Il giovane scopre la sua strada grazie a un adulto (Eli) che capisce il cuore di Dio e dell’uomo e lavora perché si realizzi l’incontro tra i due: «Parla Signore, il tuo servo ti ascolta». Un altro adulto nella fede è il Battista (Vangelo), che riconosce la presenza di Gesù e lo indica ai suoi discepoli. Accetta di mettersi da parte affinché il Signore entri nei cuori di Andrea, e poi di Pietro, e poi di tutti i cristiani che arriveranno alla fede grazie alla parola degli Apostoli. L’adulto cristiano diventa fecondo quando si fa da parte perché il nuovo arrivato faccia la propria, originale esperienza insieme a Gesù. L’esperienza cristiana è quindi mettere Dio e la sua Parola al primo posto: la presenza del Risorto non è solo in mezzo alla comunità, ma nello stesso corpo della persona (Seconda lettura). Per il Battesimo, diventiamo tempio dello Spirito, il nostro corpo è dimora di Dio, anche la sessualità umana deve essere coinvolta nell’impegno battesimale di rifiuto dell’idolatria, che è del culto di se stessi.

Liturgia del 11 gennaio 2015 - Battesimo di Gesù - anno B

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 55,1-11)

La misericordia di Dio è accessibile a tutte le nazioni: il profeta invita tutti ad abbandonare gli idoli che non possono salvare, a convertirsi al Dio che si è fatto vicino, per ricevere il suo perdono. In questa alleanza, viene accolta la Parola che sa irrigare la vita.

Seconda lettura (1Gv 5,1-9)

Il Battesimo richiede la fede che Gesù è Dio da Dio, conferisce lo Spirito che rende figli di Dio, fa partecipare al Sangue di Cristo che ha redento il mondo. Inserisce in una comunità dove i fratelli si amano e cercano insieme la volontà dell’unico Padre.

Vangelo (Mc 1,7-11)

Brevemente, Marco riporta la testimonianza di Giovanni: egli è segno di un Altro, il «più forte»: il suo Battesimo realizzerà il perdono di Dio e la piena comunione con Dio. Per Gesù il battesimo è il momento in cui la sua umanità scopre l’identità divina: «Tu sei il mio Figlio!». Lo Spirito, che riposa sul Messia, condurrà Gesù fino alla Croce e alla salvezza del mondo.

Sguardo d'insieme

E’ la terza manifestazione “natalizia” di Gesù, dopo il suo arrivo nel segreto umile di Betlemme (Natale), e la sua manifestazione alle genti lontane (Epifania). Con il suo battesimo Gesù, giunto alla maturità umana, inizia la sua vita pubblica e il suo ministero: egli è il Figlio Amato dal Padre, che fa sempre la sua volontà. Egli è l’immagine dell’uomo vero, come piace a Dio, per lui i cieli sono aperti, chi aderisce a Gesù si trova in alleanza piena con Dio (Vangelo). Lo Spirito che scende su Gesù dimostra che egli è il Messia, l’inviato di Dio che porta per tutti i popoli la sua benedizione: la vera acqua che disseta in eterno, la Parola che irriga la vita di chi la accoglie. Per accogliere i beni che il Messia porta con sé è necessario rinunciare alle false speranze e cercare il Signore là dove si fa trovare (Prima lettura), cioè nella persona di Gesù. Il Battesimo come sacramento cristiano, è frutto della fede: lo si riceve professando Gesù Figlio di Dio. Il risultato è una vera rinascita: il Battesimo stimola la trasformazione della vita, una nuova esistenza vissuta nell’amore per Dio e i fratelli. Questa trasformazione è l’inizio del mondo nuovo, la prova pratica che la vittoria del Sangue di Cristo vince il mondo, cioè il male in tutte le sue forme. Per il fatto di esistere, i cristiani che prendono il Battesimo sul serio sono segno per tutti che la vita nuova è possibile, che la salvezza può toccare ogni cuore.

 

Liturgia del 6 gennaio, Epifania

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Is 60,1-6)

Il profeta annuncia al suo popolo un futuro radioso: Dio tornerà a favorire Gerusalemme, la città di Dio non sarà più invasa da eserciti distruttori ma la luce di Dio in lei diventerà attrattiva per tutti i popoli. Gerusalemme è annuncio di ciò che sarà la Chiesa nel mondo.

Seconda lettura (Ef 3,2-3a.5-6)

Paolo ha ricevuto la rivelazione del Mistero, del piano di Dio prima segreto ma ora a tutti noto: egli vuole aprire le porte di Israele a tutti i popoli. Nasce la Chiesa, composta da chi aderisce a Gesù, ebrei e pagani. L’incontro con Dio è possibile a tutti.

Vangelo (Mt 2,1-12)

La stella, che nelle profezie doveva riposare sul Messia, guida i Magi nel loro cammino di ricerca spirituale. Erode e gli scribi cercano Gesù con intenzioni ostili o con freddo distacco intellettuale, i Magi invece trovano il Bambino, e con lui una immensa gioia.

Sguardo d'insieme

“Epifania” significa “manifestazione”: il Natale, evento accaduto nel disinteresse della grande storia, comincia a diffondere la sua fama. A proposito dei Magi, la tradizione popolare e pittoresca dei Vangeli Apocrifi ha aggiunto che sono tre e che sono re, e anche i loro nomi propri. Matteo (Vangelo) nota solo che essi vengono “da oriente”, e che seguono una stella speciale. Il racconto è ricco di simbolismi: la stella (che da sempre allude al destino di ogni uomo, “nascere sotto una buona stella...”) è quella del Re Messia, e infatti si posa a Betlemme, città del re Davide. La stella perde ogni valore storico per significare la vita come viaggio, il cammino spirituale di ogni uomo che cerca luce e verità, a caccia di ciò che davvero vale... Obbedendo alla loro fame e sete, e interpretando i segni del Cielo, i Magi trovano il Bambino, il Re salvatore (oro), il Dio con noi (incenso), colui che perde la vita per darla all’umanità (mirra). Questo incontro è impossibile a chi cerca Gesù per ucciderlo (Erode) o con una conoscenza delle cose religiose che non coinvolgono la vita (gli scribi). La tradizione ha colorato i Magi con i colori dei popoli: nel progetto di Dio, il Messia degli ebrei deve essere luce anche per gli altri (1° lettura), la Chiesa (“cattolica”, cioè “universale”) è il luogo dell’incontro di tutte le genti, chiamate a formare un solo corpo aderendo a Gesù (2° lettura).

Liturgia della Solennità di Maria S.S. Madre di Dio.

Introduzione alle letture leggi i testi

Prima lettura (Nm 6,22-27)

L’antica formula di benedizione dei sacerdoti ebraici sul popolo risuona ancora oggi, all’inizio dell’anno, e promette pace e favore divino, sguardo sorridente del Padre sopra ogni uomo di buona volontà.

Seconda lettura (Gal 4,4-7)

Il piano di Dio è giunto alla sua svolta: il suo Figlio si abbassa al livello dell’uomo e riceve la circoncisione, che per gli ebrei è il segno della loro consacrazione a Dio. Il cristiano vive questa sua consacrazione nel suo spirito, là dove lo Spirito di Dio grida: “Padre”.

Vangelo (Lc 2,16-21)

La maternità di Maria è salvezza per tutti, per questo la gioia del Natale deve diffondersi tramite la testimonianza dei pastori, e la meditazione profonda della Madre di Dio. Il Figlio di Dio, “nato sotto la Legge”, viene circonciso l’ottavo giorno, come prescritto.

Sguardo d'insieme

La festa dell’Ottava di Natale (attualmente cade il 1° gennaio) nasce per commemorare la circoncisione di Gesù e la purificazione di sua Madre, prescritte dalla Legge di Mosè. Il significato profondo è quello ricordato da Paolo nella Seconda lettura: il Figlio di Dio si fa uno di noi fino a inserirsi nelle tradizioni di un popolo specifico, Israele (anche il Vangelo), scelto da Dio e destinatario delle sue promesse messianiche. Nello stesso tempo, Paolo ricorda la novità della Chiesa rispetto a Israele: se la circoncisione era il segno dell’uomo servo di Dio, la fede in Gesù fa diventare figli adottivi, che si rivolgono al Padre in tutta familiarità. Successivamente la festa prende una linea decisamente mariana: Maria Madre di Dio. Maria è grande a motivo del suo Figlio, e a motivo della sua fede che la porta a meditare le cose che riguardano lui (Vangelo). Infine, la festa cade all’inizio dell’anno civile: la Chiesa invoca sul tempo dell’uomo la benedizione di Dio (Prima lettura), frutto dell’Incarnazione della Parola di Dio in mezzo a noi.

Liturgia della IV° Domenica Avvento anno B

Introduzione alle letture  leggi i testi

Prima lettura (2Sam 7,1-5.8b-12.14a.16)

La Parola di Dio a Davide, per mezzo del profeta Natan, sconvolge le aspettative umane: non è il re a costruire una casa a Dio, ma Dio a promettergli una discendenza, il cui regno non avrà fine. Come le parole dell’angelo nell’Annunciazione.

Seconda lettura (Rm 16,25-27)

Con l’arrivo di Gesù, Parola del Padre, Dio non ha più segreti: guardando Gesù (parole e opere) vediamo il volto di Dio uscito dal silenzio del suo Mistero. Aderendo a Gesù con la fede, siamo in comunione con Dio.

Vangelo (Lc 1,26-38)

Prima di concepirlo nel suo corpo, Maria concepisce Gesù nel suo cuore: accoglie la presenza di Dio nella sua vita, concentra la mente per capire cosa Egli vuole da lei, si confronta con la realtà dei gesti di Dio già operati (la maternità di Elisabetta), si getta nel piano di Dio con il suo «Eccomi!», per la gioia sua e il bene di tutti.

Sguardo d'insieme

Le letture di questa Messa parlano dell’abbraccio tra promessa di Dio e suo compimento. Mentre il re Davide vuole integrare il Tempio di Dio dentro il suo progetto di consolidamento del potere, mediante il profeta Natan la Parola riprende in mano il controllo (Prima lettura): sarà invece Dio a fare una casa al re, anzi un «casato», una discendenza. Dio è il vero Re di Israele, il Signore che conduce la storia degli uomini decidendo come fare il bene agli uomini. La promessa è di un discendente il cui regno non avrà fine. La promessa viene mantenuta con l’arrivo di Gesù, figlio di «Davide suo padre» (Vangelo), e il suo regno non avrà mai fine, come la liturgia cristiana professa nel Credo. Ma mentre la Parola afferma il primato del progetto di Dio, rivela anche la propria umiltà: per questo compimento era necessario il «sì» libero di una donna, Maria. La «serva del Signore» accetta che il progetto di Dio divenga il suo, sconvolgendole la vita e proiettandola molto al di là della sua piccolezza umana. Una donna: così comune e così speciale, bisognosa di capire «come può accadere tutto questo», ma la cui libertà ha il potere di permettere addirittura a Dio di fare la sua opera, per la salvezza e la gioia di tutti. È lo stesso potere che Dio concede ad ogni libertà umana. Senza Maria non ci sarebbe stato il Natale, il cristianesimo, la Chiesa... Grazie, Maria! Grazie a te il Mistero di Dio, «avvolto nel silenzio per secoli eterni» (Seconda lettura), viene ora manifestato e annunciato a tutte le genti, perché tutti possano seguire le tue orme, e di tutti si possa dire: «Mi chiameranno beata!»

Liturgia della III° Domenica Avvento anno B

Introduzione alle letture  leggi i testi

Prima lettura (Is 61,1-2.10-11)

Ecco l’identità del profeta: chiamato da Dio, dalla sua gioia nasce un messaggio di bene per chi attende una salvezza. Annuncia una Parola più grande di ogni attesa: Dio ha deciso di effettuare il suo Giubileo, il tempo della redenzione, per tutti i popoli.

Seconda lettura (1Ts 5,16-24)

Lo Spirito di Gesù è in noi, la vita cristiana è sempre Natale! Da questa Presenza nasce la gioia cristiana, e la gioia si dimostra dal gusto della lode a Dio (liturgia), dal piacere nel cercare cosa piace a Lui (discernimento), dall’impegno accurato nel mantenersi indenni da ogni male (conversione quotidiana).

Vangelo (Gv 1,6-8.19-28)

Giovanni Battista è il testimone, colui che indica Gesù agli altri e mette se stesso in secondo piano, come il servo indegno di un così grande incarico. Grazie alla sua voce, e a quella di tanti cristiani che gridano nel deserto del mondo, la Luce di Dio viene a dissipare il buio delle coscienze e delle menti.

Sguardo d'insieme

DOMENICA DELLA GIOIA. Alla metà circa dell’Avvento, la Chiesa torna alle fonti della gioia cristiana, e la Parola ne indica i motivi. Entrando nel cuore di chi la accoglie, la Parola si trasforma in testimonianza (Prima lettura), annuncio di un Dio favorevole e liberatore, di un anno giubilare di amnistia dei peccati, via per superare i dolori e le catene con cui il peccato lega la vita dell’uomo soffocandolo. Tutti i cristiani, per il loro Battesimo, sono stati «unti», consacrati per appartenere a Dio, udire la Parola e annunciare un mondo nuovo e più umano: questa prospettiva genera vera gioia. Il Battista (Vangelo) è il Testimone che sta tra Antico e Nuovo Testamento, tra l’attesa del mondo nuovo e la sua realizzazione: guardando Gesù vediamo l’uomo vero, che vive secondo Dio e quindi anche in modo veramente umano. Gesù è il modello, l’obiettivo da raggiungere, la lieta notizia di Dio: Giovanni quindi si fa da parte, non vuole che la Chiesa, che sta nascendo, sia basata su un uomo pur prestigioso come lui. Giovanni (e il cristiano) è la voce che dice il vero, ma Gesù è la Parola e la Verità stessa! San Paolo (Seconda lettura) vede la gioia come frutto dell’arrivo del Signore: dove si coltiva la presenza di Gesù (nella preghiera, nella lode a Dio per i suoi benefici, nella ricerca della volontà di Dio), lì c’è il Signore, la persona prende una direzione nella vita, non vive allo sbando o alla giornata: lì c’è vera gioia.

Liturgia della II° Domenica Avvento anno B

Introduzione alle letture  leggi i testi

Prima lettura (Is 40,1-5.9-11)

Al termine dell’esilio a Babilonia, il profeta rincuora il popolo, annuncia la possibilità di un ritorno alla terra e alla vita. Dio è ancora favorevole, occorre fare la propria parte perché l’incontro si realizzi.

Seconda lettura (2Pt 3,8-14)

Perché il Signore tarda a tornare? Pietro risponde: i tempi di Dio non sono come quelli dell’uomo; egli prende tempo per dare ai peccatori la possibilità di convertirsi. Così, quando lui tornerà, porterà a compimento il mondo nuovo che la conversione delle persone avrà già avviato.

Vangelo (Mc 1,1-8)

All’inizio del Vangelo, Marco presenta il Battista: apripista di Gesù, egli è anzitutto Voce: per la parola che invita alla conversione, per il gesto di purificazione che compie, per la sua rinuncia alle comodità del mondo che afferma il primato di Dio. Egli è credente, per questo è credibile.

Sguardo d'insieme

Quando la Parola di Dio entra nel mondo, si mette nelle mani dell’uomo, ha il potere di creare novità e migliore umanità quando trova un cuore aperto. Non possiamo dare la colpa a Dio se nel mondo c’è il male, perché il male si nutre dell’alleanza con chi liberamente gli apre le porte. Non è colpa di Dio se egli tarda a tornare (Seconda lettura), anzi il Misericordioso ci dà il tempo per convertirci, il suo tempo è più grande del nostro proprio per accogliere in sé, con pazienza, i tempi lunghi del nostro crescere. La Parola che si fa avanti è annuncio di libertà e di mondo nuovo, quindi è «consolazione» (Prima lettura), cioè sostiene il cammino in un oggi ancora lontano dalla Meta: ci ricorda che la fatica del costruire il Regno di Dio, della conversione alla volontà di Dio, non sono inutili, hanno uno scopo. E tuttavia questa fatica è indispensabile: occorre preparare la via al Signore, permettergli di entrare nella nostra vita abbassando le barriere tirate su contro di lui; occorre lasciare che la Parola ci cambi la vita e cambi la gerarchia dei valori che abbiamo in testa, come Giovanni che ha scelto di essere la Voce di Dio nel deserto rinunciando alle comode pantofole del privato vivere cittadino (Vangelo). LA Parola tuona sempre dappertutto, attraverso la creazione e la voce degli uomini di Dio. Ma diventa utile, cioè motore di vita nuova, solo in chi l’ascolta sul serio, accettando di cambiare.

Liturgia della I° Domenica Avvento anno B

Introduzione alle letture  leggi i testi

Prima lettura (Is 63,16-17.19; 64,2-7)

Facendo il bilancio del passato, il profeta confessa a Dio (a nome di tutti) la storia delle meraviglie di Dio Salvatore e del peccato del popolo, il presente fatto di infelicità, la speranza in un domani migliore basato sulla fede incrollabile nella Sua paternità.

Seconda lettura (1Cor 1,3-9)

Lo Spirito di Dio distribuisce nella Chiesa tutti i suoi doni, a ciascuno il suo. È’ questa la ricchezza del cristiano: la conoscenza di Dio e la parola che rende testimonianza. Unita a Gesù, la comunità vive in lui e attende il suo ritorno.

Vangelo (Mc 13,33-37)

Tra la prima venuta del Signore e l’ultima, alla fine di tutto, c’è il tempo dei cristiani: ciascuno ha l’onore (e l’onere!) di amministrare bene ciò che dipende da lui, ognuno al suo posto. L’importante è non lasciarsi trovare oziosi, quando lui tornerà.

Sguardo d'insieme

Le parole di Gesù nel Vangelo sono un «classico» del tempo di Avvento: egli tornerà, la storia umana ha inizio in Dio e terminerà ancora in lui. In mezzo c’è il tempo della responsabilità dell’uomo: egli ci ha affidato tutti i suoi doni (Seconda lettura), l’amministrazione del mondo e della vita personale che Gli appartengono e sono anche nostri. Da qui la responsabilità, cioè il «rispondere» della gestione operata: tutti devono esercitare il «compito», la missione che Dio ha affidato loro; per alcuni (i pastori della comunità) il compito supplementare è quello di «vigilare» affinché tutto si compia secondo la volontà del Capo, momentaneamente assente. Tuttavia è facile stancarsi di aspettare, abituarsi a un Dio così discretamente vicino da risultare (per alcuni) assente. Viene il sonno dell’uomo che crede di fare da sé, il buio di chi elimina Gesù Cristo dalla sua vita. Nonostante il suo amore che ci ha dato tutto, le meraviglie da lui compiute per ciascuno di noi (Prima lettura), il rifiuto di Dio diventa paralisi e incapacità di tornare alla fonte dell’Amore da cui siamo nati. Come il Profeta insegna, ci si avvia all’incontro con Colui che squarcerà i cieli riconoscendo i propri peccati, e rinnovando la fede in Dio, Padre e Ceramista, il solo che può creare in noi una umanità rinnovata, sensibile alla sua Presenza, pronta per il giorno dell’Incontro.

Liturgia della 34° Domenica T.O. anno A ( Cristo Re ) 

Introduzione alle letture  leggi i testi

Prima lettura (Ez 34,11-12.15-17)

Di fronte allo spettacolo delle guide indegne, il profeta annuncia l'intervento diretto di Dio: radunerà il suo popolo e lo condurrà con giustizia, prendendosi cura di quelle più deboli.

Seconda lettura (1Cor 15,20-26.28)

Paolo annuncia il centro della fede cristiana: Cristo è risorto! E' il Signore della vita e della morte, ha il potere di condurre alla vita chi vive in lui. Il suo regno, infusione della vita divina in noi, inizia già ora mediante la fede e i sacramenti, e si completerà alla fine, quando lui tornerà.

Vangelo (Mt 25,31-46)

La storia inizia in Dio e terminerà al ritorno del Cristo. Allora egli dichiarerà agli uomini il valore delle loro stesse azioni, se avranno riconosciuto e amato Lui nella persona di chi è piccolo (in un modo o nell'altro). Già da oggi, nelle relazioni con le persone, noi stessi realizziamo quello che sarà il giudizio di Dio, a suo tempo.

Sguardo d'insieme

Le letture di questa Messa illustrano come Gesù esercita il suo ministero di “Re” secondo la volontà del Padre. Anzitutto è Re perché pastore, mandato da Dio a recuperare le pecore disperse e a prendersi cura di quelle deboli (Prima lettura). Poi è Re perché vittorioso contro il male e la morte: da Risorto ci prepara un futuro di risorti (Seconda lettura). Infine, è Re perché giudice delle opere umane: alla fine sarà chiaro chi avrà amato Cristo nei bisognosi e chi si sarà illuso di trovare la Vita in altro modo, ma inutilmente (Vangelo).

Liturgia della 33° Domenica T.O. anno A

Introduzione alle letture

Prima lettura (Pr 31,10-13.19-20.30-31)

La sapienza è descritta come una buona donna di casa, il suo valore sta nelle scelte giuste che fa e nella sua laboriosità. Tale è lo stile cristiano in questo mondo, alla costruzione del Futuro che Dio realizzerà con l'uomo.

Seconda lettura (1Ts 5,1-6)

Attendere il Ritorno del Signore non significa tralasciare i doveri della vita, ma anzi è dar loro la loro piena importanza: da come vive le cose di ogni giorno il cristiano mostra di essere figlio della luce, con impegno e sobrietà. Se così è, venga pure Gesù quando vorrà: non avremo nulla da temere.

Vangelo (Mt 25,14-40)

Il tempo tra la Venuta di Gesù e il suo Ritorno è affidato alle mani responsabili della Chiesa, impegnata a costruire con gli uomini di buona volontà il bene comune. A ciascuno è dato un dono diverso, una diversa vocazione: si tratta di metterlo a frutto, e il successo sarà: “Bene, servo buono e fedele!” .

Sguardo d'insieme

Se noi chiediamo a Dio di risolvere i mali del mondo, egli ci risponde chiedendoci di fare la nostra parte. La Grazia di Dio è enorme, alla misura di Lui: sono i talenti del Vangelo, a quei tempi una somma che uno del popolo non si poteva nemmeno sognare. Eppure l'immensità di Dio, del Bene, della Verità, è affidata alle nostre umili mani, nella speranza di essere attivamente amministrata “secondo le capacità di ciascuno”. Il problema non è da parte di Dio, che fa la sua parte rendendoci suoi “partners”, dandoci il sogno di un mondo nuovo e la capacità di realizzarlo. Il problema sta nella libera risposta dell'uomo: c'è chi scopre la fiducia che Dio ha su di lui, lo benedice e mette la sua libertà e creatività nella risposta, e chi invece non tiene in considerazione tutto ciò: vede solo se stesso, pensa che Dio sia un duro da rabbonire in qualche modo (magari facendo qualche opera buona per guadagnarsi il paradiso): la paura lo paralizza, il risultato è fallimentare. La tragedia si consuma nel quotidiano di quaggiù e nelle scelte (o non scelte) di ogni giorno; quando Lui tornerà la tragedia apparirà in piena luce, mentre gli operatori della Grazia riceveranno l'elogio meritato. E' questa la differenza tra il vivere da figli della luce o delle tenebre (Seconda lettura): la vigilanza e la sobrietà sono le virtù di chi sa di amministrare il Bene, che è più grande di noi ma si può realizzare solo alla misura umana. La Sapienza, non per nulla, è rappresentata da una donna di casa laboriosa ed efficiente (Prima lettura).

Liturgia della 32° Domenica T.O. anno A

Introduzione alle letture

Prima lettura (Sap 6,12-16)

Nella Bibbia, la Sapienza non è il sapere tante cose, ma il vivere in modo armonico. In una logica di fede, significa capire la realtà che sta attorno; cogliere i messaggi e le spinte che Dio comunica all’uomo attraverso le circostanze, i cambiamenti, il tempo che passa, le esperienze fatte...

Seconda lettura (1Ts 4,13-18)

Paolo affronta il tema più significativo per chiunque: «Sono nato per morire?»; «Dopo la morte ci sarà qualcosa?». Ed ecco la proposta cristiana, unica al mondo e sconvolgente: Cristo è risorto! Quindi la Vita in cui siamo nati ha sapore di Dio, sa di eternità. La potenza del Figlio di Dio, rialzatosi dai morti, rialzerà anche noi, al momento finale della verità.

Vangelo (Mt 25,1-13)

Come le dieci ragazze, tutte le persone attendono salvezza nella notte della loro vita. Non tutti però si attrezzano in modo appropriato: pur cercando la luce, scartano la fede in Gesù; cercano la vita, ma impediscono a se stessi di trovarla! Questa è la stoltezza. Se cerchi qualcuno (lo Sposo, Gesù con cui vivere la vita) approfitta dei mezzi per trovarlo!

Sguardo d'insieme

L'Antico Testamento invita a cercare la sapienza (Prima lettura): essa è la capacità di usare l'intelletto umano per cogliere l'armonia che Dio ha messo in tutte le cose, la “legge naturale” seguendo la quale si vive graditi a Dio. E' descritta come un personaggio femminile, corteggiando la quale non si rimane delusi. Nel Nuovo Testamento la sapienza è la persona di Gesù, Parola di Dio fatta carne. Il Vangelo parla di lui come lo Sposo che è arrivato per invitare tutti alla festa di nozze, e che alla fine della storia umana tornerà per raccogliere i suoi invitati. Le dieci ragazze che lo attendono sono alcune stolte altre sagge: la differenza è che le ultime hanno olio prezioso, in piccoli vasi, il profumo per fare la festa. Saggio è chi vive impegnato nella vita di ogni giorno ma senza staccare il cuore da Gesù, nell'attesa del suo ritorno. La Chiesa, Sposa di Cristo, lo attende conservando integra la sua fede e il suo impegno per il bene comune. E' la speranza cristiana di cui parlava san Paolo (Seconda lettura): parlando del destino finale egli afferma la fede nel Cristo risorto, e quindi nella risurrezione di noi con lui, e sarà gioia piena: “per sempre saremo con il Signore!”.

Liturgia della 31° Domenica T.O. anno A

Introduzione alle letture

Prima lettura (Mal 1,14-2,2.8-10)

Con libertà di parola, il profeta dichiara la supremazia di Dio su tutte le autorità umane.
Per questo chi ha ruolo di guida religiosa è sottoposto a un giudizio più duro.
Il sacerdote che mette se stesso prima di Dio tradisce l'alleanza e fa deragliare il popolo.
Questo riguarda anche tutti i battezzati, partecipi del sacerdozio di Cristo, responsabili della propria condotta.

Seconda lettura (1Ts 2,7-9.13)

Ecco un tocco «materno» di Paolo in relazione con i suoi cristiani.
E' il modello del vero pastore: lo si vede dall'affetto che ha per i suoi figli, dalla fatica che affronta per loro, dal ringraziamento a Dio per i segni di una comunità che sta crescendo nella fede e nelal vita cristiana.

Vangelo (Mt 23,1-12)

Gesù esprime un giudizio duro sulla dirigenza religiosa del popolo, al suo tempo: la «cattedra di Mosè» non era più un servizio alla fede genuina e alla vita buona, ma un palcoscenico di esibizionisti e ambiziosi.
Rimane un monito per ogni autorità, religiosa e laica, a evitare l'ostentazione e a riconoscersi come servi di un Dio che è il vero pastore del suo popolo.

Sguardo d'insieme

La questione dell'autorità è cruciale per tutti, a partire dall'adolescenza in poi.
Se ne vede la necessità, ma anche la si sospetta soprattutto perché, come ogni cosa umana, porta anche l'impronta del limite e spesso del peccato.
L'autorità esiste per dare ordine alla vita, ma si snatura quando si trasforma in strumento di potere e viene esercitata nella doppiezza.
Già il profeta Malachia ebbe parole dure contro i pastori di Israele (Prima lettura), e annuncia in modo pessimistico ma anche con speranza che Dio stesso si farà avanti per condurre il suo popolo.
Questa promessa si realizza Nuovo Testamento: Gesù in persona, volto del Padre, è il Maestro e la Guida (Vangelo), e gli altri nella comunità sono tutti fratelli.
La Chiesa si propone coraggiosamente come modello per l'autorità civile: al contrario di scribi e farisei, che esercitano l'autorità imponendo pesi sulla gente invece di aiutarla, e che fanno dell'autorità una questione di prestigio personale e di apparenza, nella Chiesa l'autorità è mediazione di quella di Cristo, ha per scopo condurre tutti a Lui, aiutare i fratelli a capire cosa Dio chiede di fare oggi (discernimento), indicare come incarnare oggi il Vangelo.
L'esempio viene offerto da Paolo (Seconda lettura): non ha cercato la sua gloria né una vita comoda, anzi ha lavorato duramente; la sua gioia non sta nel successo personale, ma nella crescita della Parola di Gesù nel cuore dei cristiani; e quando afferma l'autorità della propria parola come mediazione della Parola di Dio, vi unisce un amore pieno di tenerezza materna.

Liturgia della 30° Domenica T.O. anno A

Introduzione alle letture

Prima lettura (Es 22,20-26)

La Legge di Mosè prescrive ciò che Israele dovrebbe aver già imparato dal suo passato di schiavi in Egitto.
Erano forestieri, per questo il forestiero va tutelato.
Erano maltrattati, per questo non si deve maltrattare.
Erano poveri, per questo non si può approfittare del povero.

Seconda lettura (1Ts 1,5-10)

Paolo pone se stesso come esempio di vita ai cristiani di Tessalonica, perché anche loro divengano esempio e sprone per gli altri.
Il Vangelo si diffonde mediante il «raccontare», una narrazione fatta di parole e di esempio: la gioia che viene dallo Spirito, la gioia di essere di Gesù, fa volare il Vangelo al cuore delle coscienze, ai confini del mondo!

Vangelo (Mt 22,34-40)

Mentre discute con gente che gli è ostile, Gesù chiarisce qual è il cuore della vita cristiana, e che già era espressa nella Legge di Mosè: l'amore è il «grande comandamento», ciò che rende graditi a Dio e che distingue ogni cosa tra bene e male.
Un amore religioso, che lega tutta la persona (cuore - anima - mente) in alleanza con Dio; un amore sociale, che crea una comunità di fratelli che sentono di appartenere gli uni agli altri («come te stesso»).
Un messaggio che unisce indissolubilmente la fede e la vita, in tutte lerelazioni umane.

Sguardo d'insieme

In un'epoca di confusione e di troppe parole, è legittimo chiedersi qual è la Parola da selezionare, cosa davvero Dio ci chiede, come fecero con Gesù (Vangelo).
Ai maestri della Legge di Mosè, il Maestro ricorda due passi dell'Antico Testamento,sull'amore assoluto e totalizzante per Dio (vedi Deuteronomio 6,4-5) e sull'amore per il prossimo (Levitico 19,18).
L'amore è quindi la Legge, sull'esempio di Gesù: per amore il Verbo si è fatto carne,per amore ha parlato alle orecchie chiuse e ha guarito le malattie del corpo e dell'anima, per amore ha dato corpo e sangue «per voi e per tutti», per amore è risorto e continua ad accompagnare e guidare la vita della Chiesa nel mondo.
Rimaneva da chiarire il concetto di«prossimo».
E' ogni uomo, non solo il parente, l'amico, chi è simpatico o chi è utile ai propri interessi.
Anche qui, l'Antico Testamento aveva preparato la strada (Prima lettura): «Non opprimerai lo straniero...».
Il «prossimo» è il diverso da me, ogni persona che si trova in qualsiasi genere di necessità: vedova, orfano, indigente che chiede un prestito o un pò di attenzione, chi ti deve il mantello o qualcos'altro.
Parole davvero molto attuali! «Perché voi siete stati forestieri in Egitto»: è la lezione del passato a indicare la via, è il soccorso ricevuto anzitutto da Dio a diventare la regola dell'amore. Per questo Paolo (Seconda lettura) pone se stesso come esempio da seguire: «Ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene».
E l'esempio di Paolo viene riprodotto e diventa stile di vita di tutti.
Come Paolo è apostolo della Parola, anche i cristiani lo sono; come lui, anche loro si sono convertiti dagli idoli alla vera fede.
Per servire Dio, e invitare tutti gli altri a fare lo stesso.

Liturgia della 29° Domenica T.O. anno A

Introduzione alle letture

Prima lettura (Is 45,1.4-6)

Isaia vede in Ciro, il re pagano che libera gli ebrei dall'esilio, il segno dell'amore di Dio per il suo popolo.
Il Dio d'Israele è il sovrano della storia, tutto si svolge secondo il suo piano, anche mediante persone che non lo conoscono.
Egli trasforma in bene l'opera di ogni uomo di buona volontà.

Seconda lettura: (1Ts 1,1-5)

Paolo si presenta con i suoi collaboratori, e anzitutto ringrazia Dio per la fede operosa, la carità impegnata e la speranza solida dei cristiani di Tessalonica.
Chi accoglie il Vangelo degli apostoli non accoglie l'opinione di uomini, ma risponde alla chiamata di Dio e si mette in sintonia con Lui.

Vangelo (Mt 22,15-21)

Fin dalle origini la Chiesa di Gesù si è chiesta come porsi rispetto al mondo e alle sue istituzioni.
A differenza dei farisei, che progettavano un Israele libero dai romani e sottoposto alla Legge di Dio, Gesù proclama la differenza tra «Cesare» e Dio, l'autonomia dello Stato e della Chiesa.
Da qui nasce il ruolo specifico dei laici cristiani: essere NEL mondo ma non DEL mondo, testimoni e animatori di uno stile di vita diverso, che costruisce santità cristiana e anche un mondo migliore.

Sguardo d'insieme

Per molti motivi, i cristiani rischiano di trasformare la loro fede in una cosa da «catacomba», danascondere, riservare al privato o alla sacrestia, o a pochi specialisti (preti, suore).
Un pò perché così, nella vita «ordinaria» si può fare come si vuole, in una cattiva interpretazione della distinzione tra Chiesae mondo, tra fede e ragione, tra sacro e profano; un pò perché la vita «laica» sembra così brutta che la fede non ha possibilità di aggancio con essa.
La Parola invece dichiara che questo collegamento tra fede e società non solo è possibile, ma anche doveroso.
Isaia si guarda attorno e vede in Ciro, re pagano dei Persiani, lo strumento di cui Dio si serve per liberareIsraele dall'esilio a Babilonia (Prima lettura), e così sarà.
Il piano di Dio, per un mondo nuovo e migliore, si serve anche della buona politica, se ricerca il bene dell'uomo.
Di fronte alla domanda se occorre pagare le tasse ai Romani, riconoscendo così di essere sottomessi a unpotere straniero e pagano, Gesù ricorda la doppia cittadinanza cristiana (Vangelo): al Cielo e alla terra.
Si deve appartenere a Dio e alla sua Legge (il Vangelo), da cittadini consapevoli e responsabili.
La Chiesa vive nel mondo sotto ogni tipo di regimi politici, e in tutti i casi si sente partecipe della vita sociale,riservandosi la libertà (in nome della sua altra cittadinanza) di criticare ogni gestione politica allo scopo direnderla più funzionale al bene vero e completo dell'uomo.
Fede, Speranza e Carità possono diventare solo sentimenti o buoni propositi: per questo Paolo (Secondalettura) aggiunge alcuni aggettivi: fede operosa, speranza ferma e carità faticosa/impegnata; sono qualitàche hanno a che fare con la vita quotidiana, con il «fare» in cui la fede deve diventare vita, se no non è più fede.